Preparare l’andata, gestire il ritorno. La mobilità internazionale nell’era del mercato globale
14 marzo 2017
Nel suo Anatomia dell’irrequietezza, lo scrittore inglese Bruce Chatwin mette insieme vari pezzi della sua vita da viaggiatore, esploratore e narratore (tra le mille altre sfaccettature del suo essere), chiedendosi: «Perché divento irrequieto dopo un mese nello stesso posto, insopportabile dopo due?».
Le tematiche riguardo il viaggio, il suo valore, i suoi rischi e le sue opportunità, oltre che inspirare scrittori e poeti, sono sempre più spesso sotto la lente d’ingrandimento della ricerca. Nell’ambito del management, ad esempio, sono interessanti le implicazioni che può avere la mobilità internazionale per un professionista all’interno del suo percorso di carriera.
Un’analisi approfondita della tematica può trovarsi nella ricerca “Challenges for expatriates returning: measures and approaches for a successful reintegration of employees in financial organizations”, pubblicata nella «Law and Economics Yearly Review», ad opera di Mirella Pellegrini e Nunzio Casalino, con la strategy consultant Vanessa Krause.
Gli incarichi internazionali all’interno di multinazionali stanno assumendo sempre più importanza per le aziende moderne, basti pensare che negli ultimi 10 anni il numero dei cosiddetti ‘expatriates’ è cresciuto del 25% (fonte ECA International). Proprio per questo motivo si rende necessaria una profonda riflessione sui processi di inserimento dei professionisti nella realtà estera, senza trascurare le dinamiche che si potrebbero innescare al loro ritorno, prima e durante il re-inserimento in azienda.
Questo studio si propone di indagare sui rischi e le opportunità di questi processi, proponendo azioni adeguate da affrontare in maniera attiva e continua da parte dell’azienda. Per un professionista, anche con un discreto grado di expertise, doversi inserire in un nuovo contesto lavorativo e culturale non è mai un’operazione semplice. Nella realtà attuale diventa utile per l’azienda pensare processi di avvicinamento alla ‘missione’, ad un affiancamento durante il periodo all’estero e ad un graduale re-inserimento al ritorno, il tutto accompagnato da una costante condivisione con il lavoratore dei risultati e dell’importanza che il progetto ha per l’intera compagine sociale.
Bisogna però tenere conto di ogni aspetto ed essere pronti ad un rientro difficoltoso, prevedendo pratiche di reintegro preventivo, potrebbe essere utile poi un’iniziale periodo di graduale reinserimento anche dal punto di vista delle responsabilità che saranno assegnate al ritorno. Una buona reintegrazione rappresenta la chiusura del cerchio di un’esperienza personale e professionale positiva per tutti gli attori del processo.
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