“Terroristi di vocazione”. Il processo di radicalizzazione verso un’ideologia del terrore
14 marzo 2017
Non può che destare una grande impressione il video – basato sui dati del Global Terrorism Database dell’università del Maryland – che mostra i principali attentati terroristici avvenuti nel mondo tra il 2000 e il 2015 (concludendosi con gli attacchi di Parigi del novembre 2015). Il terrorismo, nella matrice islamica, ha fatto irruzione in Occidente, spesso alterando la nostra vita quotidiana (basti pensare alle misure di sicurezza messe in atto negli aeroporti o in altri luoghi pubblici). In Europa, il numero di attentati è drammaticamente cresciuto nell’ultimo triennio e in generale in Occidente si è registrato, nel 2015 e 2016, un aumento delle morti per terrorismo.
Alessandro Orsini, esperto internazionale in materia, individua nella componente ideologica del terrorismo l’elemento chiave per comprendere cosa spinga individui di estrazione e formazione disparate ad arruolarsi in organizzazioni terroristiche, sino a uccidere e a morire per la loro causa. L’ideologia sfocia nel fanatismo e la convinzione di essere detentori di una verità assoluta ne legittima l’imposizione con la forza.
In un recente studio dal titolo La radicalisation des terroristes de vocation, apparso nella rivista «Commentaire», Orsini esamina le biografie e i profili di ventuno terroristi che hanno compiuto un attentato in Europa o negli Stati Uniti tra il 2004 e il 2016, al fine di ricostruire il processo di radicalizzazione che li ha portati ad abbracciare ideologie del terrore e della morte. Facendo riferimento alle analisi di Max Weber, Clifford Geertz e Raymond Boudon, Orsini parla di «terroristi di vocazione», esaminando il nesso tra rapporti sociali e ideologia.
Il processo di radicalizzazione segue infatti quattro fasi: la disintegrazione dell’identità sociale (1), la ricostruzione di una nuova identità basata su un’ideologia fondamentalista (2), l’integrazione in una setta radicale (3), cui corrisponde l’alienazione dal mondo circostante (4). Secondo Orsini, dunque, è sull’ideologia che si costruisce l’intero processo di radicalizzazione, mentre le condizioni economiche non sembrano essere un fattore determinante. Il contesto sociale, invece, svolge un ruolo primario: i «terroristi di vocazione» vivono infatti in condizioni di marginalità, cioè non si sentono appartenenti alla società in cui si trovano, ma ne rifiutano i valori, i principi e le leggi.
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