L’Europa fra “luogo” e “non luogo”. L’editoriale di Romano Ferrari Zumbini
2 maggio 2017
A partire dal secondo dopoguerra abbiamo assistito, da un lato, all’evolversi di una costruzione europea volta al benessere economico e sociale e sempre più inclusiva, come a voler dimostrare una raggiunta maturità nell’accettazione del “diverso da sé”; dall’altro, però, alla progressiva dimenticanza del “sé”, ossia alla trascuratezza di quella tavola di valori condivisi che, nel corso dei secoli (e anche al prezzo di sanguinosi conflitti), ha definito la cultura europea.
Ciò pare aver dato luogo a una costruzione articolata ma, paradossalmente, priva di una solida radice valoriale, che si è tradotta in una politica appiattita sulle categorie dell’economia e in una costruzione istituzionale e normativa connotata da complessità e sovrapposizioni che rendono l’Unione impersonale e burocratica (e conseguentemente debole di fronte alle recenti spinte populiste).
Un esempio lampante di ciò è la recente normativa europea sui salvataggi bancari (cosiddetta bail-in), che da un lato consente l’intervento del fondo di garanzia dei depositi per evitare il dissesto, e dall’altro, per contro, individua in ciò quel dissesto da cui discende il coinvolgimento, nel salvataggio dell’istituto, di quei creditori privati che sarebbero stati salvati dalla mano pubblica. O si pensi ancora alla normativa che da un lato tende ad addossare agli investitori la “colpa” di aver compiuto operazioni rischiose e dall’altro spinge gli intermediari a patrimonializzarsi sempre di più attraverso forme di raccolta del risparmio che privilegiano la patrimonialità dell’istituto a scapito dello scarso livello di rischio per i sottoscrittori. Un quadro, peraltro, che potrebbe dar luogo a conflitti con principi (come il diritto di proprietà) ormai codificati nel tessuto ordinamentale europeo (Carta dei diritti dell’uomo, Carta di Nizza).
La problematica poc’anzi enunciata potrebbe trovare soluzione nella valorizzazione del principio del no creditor worse off, in base al quale il trattamento dei creditori non deve rivelarsi in alcun modo peggiorativo rispetto a quello che avrebbero avuto nel caso la banca fosse stata soggetta, in luogo del salvataggio, alle ordinarie procedure di insolvenza. Ma ciò presuppone, da un punto di vista di principio, assunzioni di responsabilità che presuppongono una chiara identità di sé.
La domanda da porsi, allora, con scottante attualità, è: l’Europa, da “luogo”, rischia di diventare “non luogo”, dove la macchina normativa va avanti senza che si valuti in nome di quali opzioni maturi l’iniziativa legislativa e senza forme di controllo? Per seguire la via positiva, si renderà necessario, però, superare il nichilismo – intuito da Nietzsche – derivante dal contrasto tra il mercato (inteso non solo come potere del denaro, ma anche come dominio soffocante della tecnologia) e Dio (inteso non solo come fede, ma come tavola di valori condivisi, ossia come “luogo” in antitesi al “non luogo”).
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