Può la Francia sopravvivere senza l’Europa? L’editoriale di Francesco Saraceno
9 maggio 2017
Domenica la Francia ha votato. In un articolo uscito su Social Europe, ho inserito risultato delle elezioni in un contesto europeo. Il ragionamento può essere riassunto come segue:
- La Francia è ritenuta il malato d’Europa per le consuete ragioni (rigidità, mancanza di riforme, ecc.)
- In realtà, i fondamentali non sono poi tanto cattivi, anzi (produttività, investimenti esteri, ecc.). Basti rileggere questo post di blog di Thomas Picketty, risalente a qualche mese fa
- La Francia ha un problema di competitività-prezzo, che però può essere fatta risalire alla deflazione salariale in Germania.
- In realtà, il malato d’Europa è l’Europa stessa, perché pone gli Stati membri di fronte ad un dilemma:
- Possono imbarcarsi nella competizione fiscale e nella svalutazione interna. Ma, se non ci si vuole prendere in giro, occorre riconoscere che non c’è modo di far ciò senza uccidere il modello sociale europeo: se si vogliono ridurre le tasse e il costo, e allo stesso tempo mantenere le finanze pubbliche su un sentiero sostenibile, non ci sono alternative ad una riduzione del welfare state . La curva di Laffer semplicemente non funziona.
- Oppure, possono (provare a) proteggere il loro modello sociale, pagando però il prezzo di una bassa competitività e di una crescita lenta.
- La Francia ha oscillato tra queste Scilla e Cariddi, tendendo tuttavia verso la seconda alternativa. E ne soffre, perché gli altri paesi europei hanno quasi tutti scelto, volenti o nolenti, la strada della svalutazione interna. Tutto, nel modo in cui l’UEM è costruita, induce i paesi ad imbarcarsi in politiche deflazionistiche.
- Uscire (dall’Euro, dall’ECU, dall’UE) non risparmierebbe agli Stati il dilemma. Una piccola economia aperta avrebbe anche maggiori difficoltà a condurre politiche economiche autonome (in generale, ciò che penso di ogni eventuale XXexit è ben riassunto qui).
- Quindi, la sopravvivenza del modello francese non può che essere all’interno dell’Europa. Il destino di Macron sarà deciso a Bruxelles, a Berlino, a Francoforte, e non a Parigi
- Se la Francia vuole salvare il suo modello sociale, deve riuscire a mettere in moto una dinamica di cambiamento nell’UE. Occorre che i paesi Europei abbiano una terza via, tra la Scilla della svalutazione interna e la Cariddi della perdita di competitività. Questa terza via è una politica per la crescita europea. Solo questo salverà il modello sociale francese; altrimenti, spacciato: che si lanci in riforme strutturali selvaggie, o che continui a languire, non sopravviverà, socialmente ed elettoralmente, ad altri cinque anni.
- Viceversa, se l’Europa ha una possibilità, è rappresentata da una coalizione contro le politiche deflazionistiche, che solo la Francia avrebbe la forza di creare e condurre.
Ciò che non ho scritto nell’articolo per Social Europe, ma che vorrei aggiungere qui, è che l’impresa sarà ardua. Macron ha il pregio di aver messo l’Europa al centro del suo progetto, ma le sue proposte di riforma sono, al momento, molto vaghe. E, ancora più importante, il suo piano di riduzione fiscale assomiglia troppo alle care, vecchie misure supply side che hanno affondato Jean-Baptiste Hollande. Ma questo offre il panorama politico europeo. Occorre battersi con tutte le forze per riempire gli slogan di Emmanuel Macron con contenuti riformisti che mettano fine all’ognuno per se europeo.
Una versione inglese di questo testo è uscita sul blog dell’autore sabato 6 maggio.
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