Pianificare l’eccellenza: strategie italiane di marketing management
6 giugno 2017
Una ricerca di Brand Finance, svolta nel 2016, ha mostrato che il valore complessivo dei marchi italiani è complessivamente in crescita. In particolare, il solo brand “Made in Italy” vale oggi oltre 200 miliardi di dollari (su oltre 1.500 complessivi), è cresciuto di oltre il 20% rispetto all’anno precedente ed è considerato, secondo altri recenti studi, tra i primi tre brand al mondo per riconoscibilità.
Un’etichetta che è sinonimo di qualità, bellezza e ingegno, marchio di fabbrica del Made in Italy diffonde in tutto il mondo. Quest’attitudine all’eccellenza viene da lontano, a cominciare da un approccio strategico attento e meticoloso.
In un recente articolo a firma di Fabio Ancarani, Antonella Buonuomo e Michele Costabile, dal titolo Marketing Made in Italy, vengono analizzate ‘universalità e specificità’ del marketing management fatto in Italia.
La ricerca mostra come nel raggiungimento di risultati e obiettivi importanti sono indispensabili pianificazione strategica, visione e soprattutto profonda conoscenza del contesto con il quale ci si va a confrontare. La comprensione delle sue più specifiche peculiarità è la base da cui partire per definire strategie e processi di marketing management orientati al successo.
Tale contesto può non limitarsi a delimitazioni di settore (come, ad esempio, quello dei mercati finanziari), ma riguardare anche aspetti socio-culturali e territoriali. In altre parole, è possibile parlare di un marketing management con specificità tutte italiane, che riguardano la qualità del prodotto (connessa all’impronta dell’industria manifatturiera italiana), la capacità di interazione con i clienti e l’innovazione.
A ciò si aggiungono anche caratteristiche concettuali del marketing management “all’italiana” quali la creatività, la sensibilità estetica, la capacità di attingere al patrimonio culturale umanistico e alla storia stessa del Paese e, infine, un approccio pragmatico che insiste sulla realizzazione più che sulla progettazione.
La conoscenza di questi fattori e più in generale una consapevolezza di quali sono le proprie capacità e i propri punti di forza sono letti dagli autori come strumenti indispensabili per far arrivare il anche il marketing “Made in Italy” ai livelli di valore e competitività che le eccellenze italiane da sempre esportano nel mondo.
Newsletter
Articoli correlati
I robot che forniscono servizi. Come la psicologia può aiutare l’interazione tra macchine e aziende
3 maggio 2021
Quando conviene davvero offrire ai clienti un servizio tramite dei robot? Tutto dipende dalle differenti modalità con cui le persone si relazionano con gli altri. Rumen Pozharliev spiega a Luiss Open le conclusioni di una recente ricerca, tra psicologia comportamentale e realtà virtuale.
Il finalismo di impresa: come generare performance sul contesto sociale attuale
14 aprile 2021
Il finalismo d’impresa, inteso come quel processo di continua ricerca e continua definizione dei ruoli imprenditoriali, sociali e istituzionali di un business, è una dinamica che l’emergenza sanitaria determinata dalla diffusione pandemica del Covid-19 ha intensamente accelerato. Vediamo come e perché.
Le nuove interazioni digitali tra consumatore e azienda. L’estrazione di testi e immagini come metodo di analisi
18 dicembre 2020
Negli ultimi cinque anni si è verificato un incremento esponenziale dell’utilizzo di metodi di analisi e di estrazione di testo e immagini. La recente letteratura di riferimento ha sviluppato varie guide su come analizzare dati non strutturati nell’ambito del marketing, del management, della vendita al dettaglio e del business in generale. Villarroel Ordenes spiega perché.
La credibilità delle etichette alimentari. Come l’endorsement di terze parti può colmare lo scetticismo dei consumatori
5 settembre 2020
Le etichette alimentari non sempre trasmettono fiducia al consumatore, proprio perché, specialmente nel settore alimentare, è impossibile verificare la veridicità di quel che viene dichiarato. Uno studio dimstra che l’utilizzo di un endorser come segnale di trasmissione della credibilità aiuta a superare questo scoglio. L’analisi di Anita Gambicorti, Marco Francesco Mazzù e Simona Romani.