La sfida della crescita in Italia passa per infrastrutture intangibili e competitività
13 ottobre 2017
L’articolo che segue, scritto in esclusiva per LUISS Open, sarà al centro di un intervento che la professoressa Valentina Meliciani terrà il prossimo 19 ottobre all’Accademia dei Lincei durante il convegno “Strutture produttive: tecnologia ed economia”.
In Italia, nonostante la ripresa dell’ultimo biennio, il livello del Pil in volume è ancora inferiore rispetto al picco di inizio 2008. Alcuni segnali di ottimismo emergono, però, dalla dinamica delle esportazioni che sono cresciute in volume, negli ultimi anni, a un ritmo superiore alla media mondiale e, nel 2016, in misura maggiore di Germania e Francia. I progressi nell’industria non si sono tuttavia estesi al settore dei servizi e in Italia rimangono relativamente ancora poco sviluppate le esportazioni dei servizi ad alta intensità di conoscenza (Knowledge Intensive Services) che hanno un peso crescente nella struttura degli scambi internazionali (http://www.istat.it/it/archivio/197346). Questi dati ci fanno riflettere sulla capacità del nostro paese di adattarsi ai cambiamenti strutturali che stanno ridefinendo la ripartizione tradizionale tra attività industriali e terziarie a favore di una crescente interdipendenza tra i due comparti.
La diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e la conseguente trasformazione nei modelli produttivi e organizzativi che ne è seguita, sia all’interno dei paesi sia a livello internazionale, con una crescente frammentazione internazionale della produzione nelle cosiddette catene globali del valore (CVG), richiedono una riflessione approfondita sulla trasformazione dei fattori alla base della crescita e della competitività internazionale di imprese, settori e paesi. Tra questi ci soffermeremo sulle crescenti sinergie tra manifattura e servizi e sul ruolo che l’investimento in asset intangibili può giocare nel potenziare e trarre beneficio da tali sinergie.
LA SINERGIA INDISPENSABILE TRA MANIFATTURA E SERVIZI
Mentre da un lato un’ampia letteratura sostiene che i servizi – in particolare quelli ad alto contenuto di conoscenza (non solo quelli collegati all’informatica e alla ricerca e sviluppo, ma anche una buona parte di attività rientranti nell’ampio comparto dei servizi alle imprese) – costituiscono il nuovo motore della crescita e della competitività nell’economia della conoscenza, dall’altro la Commissione Europea fissa come obiettivo il raggiungimento del 20% del peso del settore manifatturiero sul Pil entro il 2020, riconoscendo l’importanza centrale dell’industria per la creazione di occupazione e crescita. In realtà le due visioni non sono poi così distanti: infatti “più servizi” nelle economie avanzate non significano “meno industria”, quanto piuttosto una riqualificazione dell’assetto industriale, con un miglioramento della qualità di entrambi i comparti e un rafforzamento delle loro interdipendenze.
In effetti diversi studi mostrano come l’utilizzo dei servizi alle imprese accresca l’innovazione, il valore aggiunto e la capacità di esportare dei settori a valle. Inoltre la capacità di accrescere l’occupazione nel settore dei servizi alle imprese e di attrarre maggiori investimenti diretti all’estero in questo comparto dipendono dalla preesistente struttura del settore manifatturiero. In questo quadro, le politiche industriali dovrebbero adottare un approccio che sia trasversale alla manifattura e ai servizi e che, in un’ottica di sistema, sia volto a innalzare la quantità e la qualità delle interdipendenze tra il settore dei servizi alle imprese e i settori utilizzatori. Tuttavia, il successo di tali politiche dipende sia dalla qualità dell’offerta di servizi alle imprese che dalla qualità della domanda del settore manifatturiero e queste a loro volta discendono da fattori strutturali non facilmente modificabili nel breve periodo.
COSA SI INTENDE PER “CAPITALE INTANGIBILE”
Tra questi il capitale intangibile ricopre un ruolo di primaria importanza. Non si tratta soltanto dell’investimento in ricerca e sviluppo, ma di un insieme di asset strategici quali la formazione, il capitale organizzativo, il disegno industriale, il marketing che hanno un’influenza sempre più importante sulla crescita di lungo periodo delle economie e sulla loro capacità di trarre beneficio dalla partecipazione alle catene globali del valore sia nella manifattura che nei servizi.
La capacità di innovare attraverso investimenti immateriali è infatti uno dei fattori fondamentali sia per consentire all’impresa di competere sul mercato globale sia per ottenere vantaggi competitivi dalla presenza internazionale. A supporto di tali tesi, uno studio di Cecilia Jona-Lasinio, Stefano Manzocchi e Valentina Meliciani mostra come il capitale intangibile favorisca non solo la partecipazione alle CVG, ma anche la capacità di appropriarsi di una quota maggiore di valore aggiunto generato nelle catene. Inoltre il capitale intangibile è fondamentale per l’internazionalizzazione dei servizi.
L’Italia tuttavia mostra un certo ritardo sia nella partecipazione alla produzione globale sia nel processo di accumulazione di capitale intangibile. Mettendo a confronto il livello di partecipazione dei paesi europei negli anni 2007 e 2013, emerge infatti che il settore manifatturiero italiano registra il minor tasso di partecipazione (29,9 nel 2013) e i servizi si collocano al di sotto della media europea (Figura 1).
Figura 1 – Partecipazione alla Catena Globale del Valore (valori percentuali)
Fonte: OECD – Trade in Value Added Database
Nota: l’indicatore di partecipazione corrisponde al rapporto tra il valore aggiunto estero contenuto nelle esportazioni del paese domestico sulle esportazioni complessive del paese per ciascuna industria (OECD, 2016).
Inoltre, la figura 2 mostra che in Italia la quota media di capitale intangibile è tra le più basse dei paesi europei, in particolare nei servizi.
Figura 2 – Diffusione settoriale del capitale intangibile: 1995-2010 (quota media sul valore aggiunto)
La figura 3 evidenzia invece la correlazione significativamente positiva tra tasso di accumulazione del capitale intangibile e partecipazione alle catene globali del valore.
Figura 3 – Partecipazione alle catene del valore e capitale intangibile
L’internazionalizzazione e la dotazione di capitale innovativo sono quindi due fattori fondamentali per garantire incrementi di competitività duraturi nel tempo. In particolare, gli investimenti in infrastrutture di alta qualità, nelle competenze e nell’organizzazione produttiva sono alla base della capacità competitiva delle imprese che partecipano alle CVG. Di conseguenza il supporto pubblico all’innovazione e all’internazionalizzazione risultano cruciali per consentire alle imprese italiane di competere sul mercato globale e generare guadagni di competitività in un’ottica di lungo periodo.
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