Brexit e non solo, così la concorrenza può limitare la disuguaglianza. Parla l’Antitrust – di Roberto Chieppa

20 ottobre 2017
Editoriale Entrepreneurship
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Di seguito pubblichiamo stralci dell’intervento di Roberto Chieppa, Segretario generale dell’Autorità della concorrenza e del mercato, tenuto in occasione del seminario “Il ritorno del protezionismo e il dopo Brexit”, organizzato dalla LUISS School of Government e da ALSoG.

Su LuissOpen avete già potuto leggere un intervento sul tema di Roberta Marracino, Executive Director e Responsabile Studi SACE.

 

[…] Un tema di discussione riguarda l’eventuale esistenza di un legame tra Brexit e tendenze protezionistiche. L’arretramento delle regole di concorrenza può essere visto con favore da qualcuno e alimentare le già menzionate derive protezionistiche (anche animate da populismi) nell’applicazione delle regole di concorrenza. Di recente anche in Italia si è posta in dubbio l’utilità e l’attualità delle tradizionali regole antitrust.

Occorre fare chiarezza al riguardo. Nessuna regola è immodificabile; e in alcuni casi penso sia utile mettere in discussione i tradizionali strumenti antitrust di fronte a fenomeni nuovi come quelli dell’economia digitale, dei big data, eccetera. Ma una cosa è fare queste valutazioni ad esempio per invocare un diverso approccio in materia di concentrazione; altra cosa è farle in relazione a condotte che sono, e restano, illecite, quali i cartelli, gli scambi di informazioni sensibili, gli abusi di posizione dominante, per ottenere una non meglio specificata esenzione dalle regole di concorrenza.

In tema di concentrazioni, si è auspicata una valutazione maggiormente aderente agli interessi economici nazionali e europei, evitando decisioni che fondandosi sulla frammentazione dei mercati nazionali, possano indebolire player europei nei confronti di quelli internazionali. Si tratta di un tema classico di politica industriale, nel senso di orientare l’applicazione delle regole di concorrenza al fine di sostenere il confronto internazionale (e difendere i campioni nazionali/europei). Ciò può essere fatto, nel caso del controllo delle concentrazioni, rivedendo ad esempio gli approcci alla definizione dei mercati rilevanti, riconoscendo l’esistenza di mercati di dimensione sovra-europea dove le imprese sono chiamate a competere.

 

Il caso (esemplare) delle banche italiane

La valutazione degli interessi nazionali, nel caso di specie relativi alla stabilità del sistema economico-finanziario, hanno accompagnato ad esempio le recenti decisioni nazionali di autorizzazione dell’acquisizione delle banche in crisi. Anche in tali casi occorre sottolineare che lo strumento che consente la valorizzazione e il perseguimento di tali interessi, nell’ambito delle procedure antitrust, non è quello della sospensione delle regole antitrust, delle deroghe, di provvedimenti extra ordinem. Infatti l’ordinamento già prevede a tal fine strumenti normativi che al più possono essere rafforzati e meglio utilizzati. Si fa riferimento all’articolo 25 della legge n. 287/90 che riconosce al Governo il potere di determinare i criteri sulla base dei quali l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) può eccezionalmente autorizzare, per rilevanti interessi generali dell’economia nazionale nell’ambito dell’integrazione europea, operazioni di concentrazione vietate. A ciò si aggiunga anche l’articolo 20, comma 5 bis della legge 287/90, che prevede che su richiesta della Banca d’Italia, l’Autorità può autorizzare un’operazione di concentrazione riguardante banche o gruppi bancari che determini o rafforzi una posizione dominante, per esigenze di stabilità di uno o più soggetti coinvolti. Ad esempio, senza neanche ricorrere a tali ipotesi derogatorie, l’operazione di acquisizione di Intesa delle banche venete è stata comunque esaminata dall’Autorità antitrust, nonostante la previsione di cui all’articolo 3, comma 4 del d.l. n. 99/2017, ed autorizzata con decisione del 5 luglio 2017 di non avvio del procedimento. Nella decisione, l’AGCM ha valorizzato il fatto che l’operazione si pone l’obiettivo di garantire la prosecuzione, senza soluzione di continuità, delle attività degli istituti bancari in esame, onde evitare effetti sistemici sui mercati bancari, anche a tutela degli utenti finali, oltre che gli elementi di assoluta peculiarità, stante il contesto che ne ha caratterizzato la genesi.

 

Le Autorità Antitrust e le considerazioni di equità

(…) Molti studi indicano che le politiche protezionistiche generano un rallentamento nella crescita economica se non recessione. Quello che è auspicabile, in chiave di policy, è continuare ad avere fiducia nel libero commercio e, dalla prospettiva di una autorità antitrust, svolgere il proprio incarico sostenendo il libero scambio e la concorrenza, che hanno innegabilmente migliorato le condizioni di vita e le prospettive per la popolazione. Tali considerazioni di policy sono naturalmente estranee al diverso terreno in cui muove invece chi critica la correttezza o anche la ragionevolezza delle decisioni dell’AGCM, che come ogni altro potere è rimesso al controllo del giudice amministrativo che ha oggi tutti i mezzi necessari per procedere a una verifica della correttezza dell’operato delle authorities.

Peraltro la policy di un’autorità antitrust non è mai ferma su posizioni rigide, in cui la regola economica prevale in senso assoluto su ogni altra considerazione. Non ultimo, per quanto non appartenente in senso proprio alla politica antitrust, occorre avere riguardo anche a considerazioni di equità e eguaglianza sostanziale, in modo che gli interventi antitrust possano portare benefici anche a coloro che non traggono immediato vantaggio dalla globalizzazione e sono i più inclini a cedere populismi/tentazioni protezionistiche.

Ogni Autorità di concorrenza utilizza criteri di priorità nell’indirizzare la propria azione e tra tali criteri ben può esseri il contrasto delle disuguaglianze, a quelle condotte anticoncorrenziali che maggiormente creano – anche in via indiretta – i presupposti per le disuguaglianze, prendendo spunto dal dibattito in corso sulla utilizzabilità degli strumenti antitrust nella lotta alle disuguaglianze, avviatosi dopo un noto articolo di Baker e Salop. E’ noto che in un’economia di mercato è insito un certo livello di disuguaglianze. In un ambiente concorrenziale, infatti, le imprese sono portate a ricercare l’efficienza e a perseguire sentieri innovativi per ottenere profitti, con la conseguenza naturale che le imprese con unità produttive inefficienti e gli imprenditori meno capaci siano destinati, nel lungo periodo, a uscire dal mercato. La ricerca dell’efficienza da parte degli attori economici, perseguita tramite una concorrenza basata sui meriti, è l’assetto che un’autorità antitrust è chiamata a tutelare, e ciò anche se il processo si risolva nella creazione di “nuove” sacche di disuguaglianza. Non si tratta probabilmente di vere e proprie disuguaglianze; o meglio serve un chiarimento: la concorrenza basata sul merito conduce a posizioni non eguali, ma questo è un valore positivo da difendere contro ogni forma di egualitarismo automatico che penalizza il merito; in fondo, l’eguaglianza sostanziale tutelata dal secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione impone di rimuovere gli ostacoli, di rendere uguali i punti di partenza. Spesso, tuttavia, la ricerca di una rendita non avviene in ragione del naturale processo competitivo. Ciò in particolare si verifica quando chi detiene potere di mercato non migliora la propria posizione producendo nuova ricchezza, ma togliendone una parte agli altri. In questi casi, come affermato dal Presidente Pitruzzella nella presentazione al Parlamento della Relazione annuale sull’attività svolta nel 2015, la ricerca delle rendite, da una parte, costituisce un freno all’innovazione e quindi contribuisce a rendere stagnante l’economia e, dall’altra parte, accresce le diseguaglianze. Si può, quindi, ritenere che l’azione di un’autorità della concorrenza possa contribuire – insieme ad altri e più specifici strumenti – alla lotta alle disuguaglianze, come dimostrano alcuni casi decisi dall’AGCM negli ultimi anni. (…)

Concorrenza e mercato. Quali scenari post-Brexit e nuovi protezionismi

L'autore

Roberto Chieppa dal 19 dicembre 2011 è Segretario Generale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Presidente di sezione del Consiglio di Stato dal marzo del 2017, magistrato del Consiglio di Stato dal febbraio del 2000.


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