Ha ancora senso parlare di Pil? Sulle misurazioni in economia, premiato uno studio targato LUISS
3 novembre 2017
La prima edizione del premio Indigo (2017) per le nuove ricerche sulle misurazioni in economia è stata vinta dal lavoro di un gruppo di studiosi composto da Cecilia Susanna Jonia-Lasinio (docente LUISS, senior fellow del LUISS Lab of European Economics e ricercatrice Istat), Carol Corrado (The Conference Board e Georgetown Center on Business and Public Policy), Kevin Fox (University of New South Wales), Peter Goodridge (Imperial College Business School), Jonathan Haskel (Imperial College Business School, CEPR e IZA), Dan Sichel (Wellesley College) e Stian Westlake (NESTA). Il paper presentato da questi autori, intitolato “Improving GDP: Demolishing, Repointing or Extending?”, prende in esame il prodotto interno lordo (Pil) come strumento di misura macroeconomica, mettendone in evidenza i pregi ma anche i limiti dovuti soprattutto alle recenti trasformazioni dell’economia globale, che lo hanno reso – per alcuni aspetti – superato. Nella ricerca viene avanzata anche una proposta di riforma del Pil, in modo da allinearlo alla situazione corrente e renderlo un indice in grado di misurare l’economia con maggiore precisione, rispecchiando i sistemi di produzione e di benessere attuali e includendo anche indici relativi al capitale intangibile, digitale e ambientale.
Sappiamo davvero “misurare” le nostre economie?
Il Pil attualmente misura il valore di mercato delle merci finite e dei servizi prodotti in una nazione in un dato periodo di tempo (solitamente l’anno solare, o un trimestre); in altre parole, esso rappresenta il valore di quanto viene prodotto da un Paese ed è pertanto utile per misurare l’andamento dell’economia. Il Pil pro capite, invece, che si ottiene dividendo il Pil per la popolazione, fornisce un indice del benessere medio dei cittadini.
Il Pil è stato finora uno strumento tutto sommato soddisfacente, in quanto, come riferiscono gli autori, “misura i beni e i servizi che un’economia produce evitando di conteggiarli due volte e lo fa e sulla base di pesi flessibili e informativi”, cioè sulla base dei prezzi. Tuttavia persistono dubbi sulla sua capacità di misurare lo sviluppo in senso ampio, perché “il Pil non funziona se i prezzi sono mancanti o non informativi” e inoltre esso “misura la produzione ma non il benessere”. Ma, allora, ha ancora senso utilizzarlo come strumento di misura?
Il premio Indigo, promosso dal gruppo di investimento LetterOne, è nato proprio con lo scopo di promuovere ricerche innovative su come misurare l’attività economica nel XXI secolo, in modo da esplorare i nuovi fattori di crescita. Il premio vuole pertanto stimolare il dibattito sugli attuali sistemi di misurazione adottati per valutare lo stato di salute dell’economia globale, invitando a esplorare nuovi indicatori in grado di cogliere i mutamenti dell’economia moderna. Gli autori del paper vincitore ritengono che il Pil sia ancora un sistema valido, ma che vada (a) “aggiornato affinché misuri meglio la produzione” e (b) “esteso affinché misuri anche il benessere”. La prima proposta, relativa all’aggiornamento del Pil, consiste nel “mantenere i princìpi alla base del Pil, ma perfezionandone la capacità di misurazione, ad esempio incorporando il settore quaternario e migliorando la misurazione dei prezzi […]. Crediamo che misurare il capitale intangibile, i prezzi rettificati in base alle variazioni della qualità e i beni gratuiti aiuterà il Pil a cogliere il passaggio alla knowledge economy e la sua digitalizzazione”.
L’esempio della “sicurezza finanziaria”
La seconda proposta prevede invece di “estendere l’ambito della misurazione al di là della produzione, per includere anche indici più ampi di welfare […]. Il Pil non è così distante dal misurare il benessere come alcuni critici sembrerebbero pensare: noi però proponiamo di aggiungere alla parte del Pil relativa ai consumi altri indicatori, come la sicurezza finanziaria”, perché “mettere a rischio i risparmi di un cittadino attraverso un sistema di banche traballante è una grande fonte di incertezza, tuttavia la sicurezza di un’assicurazione sui depositi è spesso implicitamente garantita dalle leggi nazionali”. Dunque, “come per altri beni forniti in modo implicito”, la “sicurezza finanziaria” è considerata “senza costi” e perciò irrilevante nei calcoli odierni del Pil. Un altro limite delle attuali statistiche economiche che gli autori di questa ricerca ritengono necessario superare.
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