Comunicare il bene. Francesco, il “Papa leader” che ha cambiato l’immagine della Chiesa
6 novembre 2017
Il testo che segue è tratto dal libro Il racconto di Francesco. La comunicazione del Papa nell’era della connessione globale, © 2017 LUISS University Press
All’apice di una crisi di credibilità che ha coinvolto tutti i soggetti di autorità e tutte le istituzioni (dalla politica alla religione allo spettacolo), sullo sfondo di una crisi spirituale che, insieme alle ideologie, ha travolto ogni fede collettiva (laica o religiosa che fosse), in un momento di particolare crisi della Chiesa, minata soprattutto, a livello di sentimenti sociali, dallo scandalo della pedofilia, e comunque indebolita e spiazzata dalla inedita rinuncia al soglio pontificio di papa Benedetto XVI, il 13 marzo 2013 viene eletto pontefice Jorge Mario Bergoglio: Papa Francesco.
Nessuno, neanche il più acuto conoscitore della Chiesa, avrebbe potuto immaginare il suo successo (se questo termine può essere adeguato per un Papa), un successo che si è declinato in pochissime settimane come credibilità (a fronte della perdita di credibilità acquisita con le diverse vicende di pedofilia) e vicinanza, cioè come capacità di entrare ed essere in contatto con la gente (a fronte della distanza percepita durante il pontificato di Benedetto XVI), andando a occupare un ruolo di riferimento anche per quanti non si riconoscevano nella comunità cattolica.
In breve, Francesco si è rivelato un “Papa leader”, soggetto in grado di condizionare le visioni etiche, politiche e sociali della sua contemporaneità, le agende tematiche dei media e le aspettative nei confronti della Chiesa.
In un periodo, cioè, di esacerbata sfiducia nelle autorità e nelle istituzioni, Papa Francesco si è imposto come soggetto autorevole: non soggetto di potere, ma soggetto di carisma.
Tutto questo non si è fondato in prima istanza sulle strategie di comunicazione vaticane, ma anzitutto su una intrinseca, personale capacità comunicativa di Bergoglio che è riuscito a rendere una serie di suoi gesti quotidiani particolarmente significativi, ri-valorizzando occasioni destinate altrimenti a passare inosservate.
Il “fenomeno Papa Francesco” si è dato, cioè, (e continua a darsi) in una inedita pertinentizzazione della dimensione comunicativa, che ha come restituito il comunicare alla sua radice partecipativa, come forme primaria di condivisione. Si comunica non per trasmettere contenuti e messaggi ma, in modo molto più radicale, per condividere il senso che si dà alla vita e questa condivisione non può essere limitata a pochi limitati momenti della giornata o dell’agenda ma deve riguardare l’intera esistenza dei soggetti coinvolti, non solo quando parlano, ma anche quando sorridono, quando salutano, quando fanno acquisti, quando si vestono.
Insomma, in completo accordo con una visione semiotica della vita, si “fa senso” continuamente, non solo a parole e non solo nei momenti deputati alla comunicazione. In questo senso il carisma di Francesco appare tanto più eclatante quanto più si declina nell’orizzonte della vita quotidiana.
Per questo motivo studiare Papa Francesco è un’occasione particolarmente interessante (e ghiotta) per la semiotica: questo pontefice incarna infatti una semiosi che travalica continuamente generi e spazi discorsivi precostituiti, per costruire nelle situazioni più inaspettate occasioni di senso inedite. Incarnazione dell’Istituzione e al contempo istanza di rinnovamento dell’Istituzione, Papa Francesco riformula continuamente i codici dell’etichetta (discorsiva e comportamentale) papale, e in questa continua azione di ricodificazione sta la sua grande “potenza semiotica”. Bergoglio non è un eroe isolato, né un ribelle visionario; è un soggetto sociale, integrato e capace di costruire comunità; al contempo assolve una funzione rappresentativa (sta per l’Istituzione che incarna, senza, in alcun modo, rinnegarla), una funzione rifondativa (ridefinendo i codici e la missione della Chiesa cui appartiene) e una funzione simbolica (incarnando universi di valori riconosciuti come tali anche da chi non appartiene alla comunità cattolica). Estremizza la singolarità inedita dei suoi gesti, spesso percepiti come irrituali, ma al contempo sa costruire un senso condiviso, caricando nuovamente di rilevanza e di legittimità sociale codici usurati.
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