Dalla provincia piemontese al sogno americano. Ferrero e lo scacco matto al mercato globale

6 febbraio 2018
Editoriale Entrepreneurship
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Uno dei marchi più famosi del Made in Italy è andato alla conquista del mercato americano. Si tratta del Gruppo Ferrero che, lo scorso 16 gennaio 2018, ha annunciato l’accordo per l’acquisizione del business dolciario statunitense di Nestlé. L’operazione, del valore di 2,9 miliardi di dollari, porterà Ferrero – ad oggi la quarta più grande azienda nel mercato globale del cioccolato confezionato, con vendite per oltre 10 miliardi di dollari – ad acquisire più di 20 storici brand americani tra cui Butterfinger, BabyRuth, 100Grand, Raisinets e Wonka, più il diritto esclusivo sul marchio Crunch negli Stati Uniti e i brand di caramelle SweeTarts, LaffyTaffy e Nerds.

Ferrero, già nota negli Stati Uniti oltre che per Nutella, per prodotti come le caramelle Tic Tac e i cioccolatini Rocher, aggiunge quindi marchi che valgono circa 900 milioni di dollari di fatturato. Ma perché allora questa discrepanza tra il valore dell’operazione e il valore reale generato dalle vendite dei brand acquisiti?

La scalata al mercato americano

Innanzitutto, attraverso questa acquisizione Ferrero scala una posizione tra gli operatori del settore dolciario diventando, quindi, il terzo produttore più grande a livello globale, con una fetta di mercato probabilmente destinata ad aumentare di molto nelle prossime rilevazioni. Nel corso del 2017, Ferrero aveva già completato altre due importanti acquisizioni nel mercato americano: in marzo, la società di Alba aveva preso il controllo di Fannie May, impresa specializzata nella produzione di cioccolato premium, per 107 milioni di euro; pochi mesi più tardi, in ottobre, era stato il turno di Ferrara Candy, terza società statunitense nel settore delle caramelle e delle gomme da masticare.

L’operazione Nestlé rappresenta quindi una strategia ben definita attraverso cui Ferrero si pone l’obiettivo di entrare in un mercato dolciario, quello americano, che è il più grande del mondo per consumo e opportunità.

Una multinazionale con l’anima in provincia

Si tratta di una scelta innovativa che segna un’importante rottura rispetto al passato della società. Nel corso dei primi 50 anni di storia dell’azienda, infatti, Michele Ferrero, storico fondatore della società, aveva pensato a far crescere il gruppo sul territorio nazionale. La nuova generazione, rappresentata dal figlio Giovanni, attualmente presidente esecutivo della società, ha invertito questa tendenza dando vita ad una serie di operazioni che mostrano un atteggiamento diametralmente opposto.

Il fatto che le strategie siano sempre più da multinazionale non deve tuttavia far credere che il legame con il territorio nazionale e, nello specifico con Alba, comune piemontese in cui la società è nata, sia svanito. Al contrario, il legame è rimasto forte ed imprescindibile come mostrano gli ottimi numeri sulla tenuta occupazionale e sui lavoratori stagionali impiegati. Le strategie di crescita oltreoceano sono quindi possibili perché basate sulla solidità della produzione e del know-how albese.

C’è chi diversifica e chi amplia la gamma

La strategia di acquisizione è inoltre frutto anche di una nuova sensibilità del mercato americano per un’alimentazione più sana. Le pressioni significative di associazioni e gruppi di interesse hanno, infatti, spinto molte società, tra cui la stessa Nestlé, ad abbandonare il business dei dolci zuccherati e focalizzarsi su altro. Il CEO del gruppo elvetico ha ad esempio dichiarato di voler investire e innovare in alcuni settori in forte crescita come il pet care, il caffè, l’acqua minerale, i surgelati e i prodotti per l’infanzia. Anche il gigante Mars, primo operatore nel settore dolciario americano, si è da poco avvicinato al mondo del fitness con la vendita di barrette proteiche e prodotti più sani ed equilibrati.

Ferrero, essendo una società di proprietà di una singola famiglia e non quotata in borsa, è meno esposta a questo tipo di pressioni e può quindi continuare ad operare nel settore dolciario con meno problemi anche in virtù del fatto che i prodotti offerti sono senza dubbio di qualità maggiore rispetto a quelli di Nestlé o Mars. La reale preoccupazione di alcuni esperti del settore è comprendere come riuscirà Ferrero ad inserire i prodotti Nestlé tra i suoi marchi di alta gamma, ma questo è un tema che attiene alla future decisioni in tema di posizionamento e, più in generale, di strategie di marketing.

Gli autori

Luigi Nasta è ricercatore presso il LUISS Creative Business Center della LUISS Business School


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Luca Pirolo è docente di ruolo di Economia e Gestione delle Imprese presso il Dipartimento di Impresa e Management dell’Università LUISS


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