Gli eSport sognano Parigi 2024. Ma gli atleti olimpici potrebbero essere delle intelligenze artificiali

9 febbraio 2018
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Più di qualcuno si è stupito, alla fine dello scorso anno, quando il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha riconosciuto gli sport elettronici (eSport) come attività sportiva: i videogiocatori sono quindi sportivi a tutti gli effetti, che si allenano e competono nelle gare.

Dopo le prossime olimpiadi, in programma a Tokyo nel 2020, il CIO deciderà se ammettere gli eSport alle Olimpiadi di Parigi del 2024. Lo scopo dichiarato è quello di attirare le nuove generazioni, che sono le più interessate a questo fenomeno.

Tanto per dare qualche numero, la recente finale del SuperBowl, il celebratissimo evento sportivo che tiene con il fiato sospeso tutti gli Stati Uniti, ha avuto poco più di 100 milioni di spettatori in tutto il mondo. Nel 2017 la finale della Intel Extreme Masters, la competizione semisconosciuta organizzata da Intel ha avuto quasi 46 milioni di spettatori. Certo, siamo ancora lontani dai numeri della finale di Champions League: lo scorso anno si stima che circa 350 milioni di spettatori abbiano assistito al successo del Real Madrid.

Tuttavia, la crescita degli eSports è evidente: la competizione organizzata da Intel è solo alla sua quinta edizione ed ha offerto un montepremi di ben 650.000 dollari per i tre vincitori dei tre famosi videogiochi StarCraft II, League of Legends e Counter-Strike: Global Offensive.

Secondo le stime di SuperData il mercato associato agli eSport è stimabile, per il 2017, in circa un miliardo e mezzo di dollari, con una crescita annua stimata del 12% fino al 2020.

Gran parte di questi ricavi (85%) sono da attribuire a investimenti, pubblicità e sponsorizzazioni, ma con l’aumentare del numero di spettatori aumentano anche i ricavi relativi alle scommesse: chi si stupisce all’idea di assistere, da spettatore, ad una partita di un videogioco, troverà ancora più strana l’idea di puntarci sopra dei soldi.

Avremo prima o poi una calciopoli elettronica, con dirigenti e videogiocatori a processo? Difficile dirlo. Però chi spera di trovare un lavoro nel mondo degli eSport si troverà anche qui a competere con le intelligenze artificiali (IA): DeepMind, la stessa società che ha creato AlphaGo, la IA che ha battuto il campione del mondo di Go Ke Jie, ha creato una IA che ha imparato da sola a giocare ai videogiochi. Su 49 classici videogiochi della console Atari 2600, la IA di DeepMind ha raggiunto un livello pari o superiore ai migliori giocatori umani in 29 di questi, senza nessuno che le spiegasse lo scopo del gioco; la IA sapeva solo in quale parte dello schermo era scritto il punteggio e il suo compito era quello di massimizzarlo.

“Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare” diceva il compianto John Belushi in Animal House. Gli umani sono stati sconfitti negli scacchi (Deep Blue, 1997), nel Go (AlphaGo, 2017), e praticamente in tutti i giochi da tavolo tradizionali. Ci riscatteremo nei videogiochi? O alle Olimpiadi di Parigi del 2024 ogni nazione manderà la sua migliore intelligenza artificiale?

L'autore

Luigi Laura insegna Informatica alla Luiss e tiene corsi per la Business School come esperto di Digital Skills e Big Data


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