Perché il dibattito storiografico italiano sull’esercito va rilanciato (e “laicizzato”)

21 febbraio 2018
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Nel volume “La ricostituzione del Regio esercito dalla resa alla liberazione 1943-1945”, pubblicato dell’editore Carlo Rodorigo con il sostegno dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, accanto a saggi più istituzionali che ripercorrono la ricostruzione dell’Esercito (Giuseppe Conti) e del suo Comando supremo (Andrea Ungari), ce ne sono altri che affrontano temi peculiari. Così Giovanni Cecini si occupa della questione delle truppe ausiliare, spesso utilizzate dagli anglo-americani come forza lavoro in opere di difesa, protezione di monumenti o recupero di materiale bellico; mentre Filippo Cappellano e Alessandro Gionfrida si addentrano in un tema da sempre sensibile, quale quello della morale e del ripristino della disciplina nel ricostituendo Esercito italiano. E se non mancano saggi più specifici che affrontano il tema degli uffici di collegamento con gli anglo-americani (Marco Maria Aterrano) o la ricostituzione di una brigata d’élite come la Folgore (Cristiano Maria Dechigi), Emilio Tirone ci fornisce utili indicazioni sul ruolo dei reparti italiani in Francia, che concorsero in maniera determinante, per esempio, alla liberazione della Corsica, e Maria Teresa Giusti ci descrive la complessa situazione balcanica, dove il nostro esercito si scompose tra quanti furono internati nei campi di lavoro in Germania (I.M.I.) e quanti, altresì, si arruolarono nelle brigate partigiane titine. Infine, uno sguardo viene rivolto all’attività di intelligence che il Regio esercito svolse al di là del Garigliano, nei territori controllati dalla R.S.I. (Nicola Della Volpe).

 

Quando a vacillare furono le istituzioni, non solo il fascismo

Un libro a più voci, dunque, che cerca di restituire al lettore l’immagine di un periodo drammatico della nostra storia nazionale, nel quale sembrava che a crollare non fosse stato solo il regime fascista, ma le stesse istituzioni. Un crollo nel quale, per un lasso di tempo, fu coinvolto anche il Regio esercito, il quale, però, seppe nel giro di qualche anno riprendersi e operare fattivamente a fianco degli Alleati per liberare il Paese dall’occupazione nazi-fascista. Un cammino lento e non privo di ostacoli, che vide l’Esercito, come l’Italia, incamminarsi sulla via della democrazia politica, dopo gli anni della dittatura mussoliniana.

L’obiettivo della collana di studi militari e geopolitici “L’Armadillo”, con il suo comitato scientifico di livello internazionale, è inoltre quello di costituire un punto di incontro tra professori, ricercatori e semplici appassionati al fine di rilanciare il dibattito storiografico militare in Italia. Una storiografia da sempre considerata come una produzione scientifica secondaria, non all’altezza di altri approcci interpretativi. E’ quanto mai necessario aprire la storiografia militare a una maggiore interazione con la storia politico-diplomatica, culturale e sociale, italiana e internazionale, nella convinzione che solo in questa maniera si potrà arricchire il dibattito intorno alle questioni militari. Dibattito che, finalmente, dovrà porre la storiografia militare italiana allo stesso livello di quella europea e internazionale, affrontando scenari complessi e in rapida evoluzione. Tant’è che la nuova iniziativa editoriale è aperta anche a contributi di natura geopolitica proprio per rimarcare la sua attenzione non solo al passato, ma anche al rapido mutare degli avvenimenti odierni.

 

L'autore

Andrea Ungari insegna Teoria e storia dei partiti e dei movimenti politici alla LUISS, è curatore de “La ricostituzione del Regio esercito dalla resa alla liberazione, 1943-1945” (Rodorigo Editore)


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