Dal modello Visegrad all’europeismo tecnocratico: ecco i quattro scenari post voto secondo Marc Lazar, per #OpenElezioni
2 marzo 2018
Il panorama politico italiano è frastagliato, con un numero crescente di partiti politici. Perché l’elettorato è così diviso?
Due elementi possono contribuire a spiegare questo fenomeno.
Prima di tutto, c’è una spiegazione storica. L’Italia è la patria di diverse culture e famiglie politiche – la Democrazia cristiana, il Partito comunista, il Partito socialista, eccetera –, tutte scomparse eppure con una innegabile eredità. Non solo, il Paese è caratterizzato da una radicata eterogeneità di matrice regionale: l’unità italiana è relativamente recente e i partiti regionalisti rimangono influenti, come nel caso del nord-est del Paese.
In secondo luogo, c’è una spiegazione “meccanica”. Il sistema elettorale, uninominale maggioritario solo per un terzo dei membri del Parlamento e soprattutto proporzionale per il resto degli eletti, favorisce la frammentazione dei partiti politici. Tale pronunciata frammentazione è osservabile all’interno dell’elettorato e lo sarà dunque anche in Parlamento, rispettando la tradizione italiana di deputati che potranno cambiare più volte gruppo di riferimento dopo la loro elezione.
[…]
Che posizione occupano i temi europei nel dibattito elettorale? E quali conseguenze avranno queste elezioni sul futuro dell’Europa?
I temi europei hanno occupato un posto importante in questa campagna elettorale perché l’Italia, negli ultimi venti anni, ha fronteggiato un robusto euroscetticismo. Questa tendenza è essenzialmente in crescita, e ciò è il risultato da una parte di una crescente povertà e dall’altra delle politiche di austerità, entrambe percepite come se emanassero direttamente da Bruxelles. Inoltre gli italiani si sentono giustamente abbandonati dall’Unione europea quando si tratta di gestire i flussi in entrata di immigrati. Infine gli stessi cittadini italiani denunciano una mancanza di democrazia in Europa. Di conseguenza l’Italia, che era uno dei Paesi più europeisti del continente, è diventato uno dei più euroscettici: la maggior parte dei partiti politici esprime dunque critiche violente alla volta dell’Unione.
L’unico partito politico che dichiara apertamente il proprio impegno a favore dell’Unione europea è il Partito democratico di Matteo Renzi (che pure nel passato ha criticato di tanto in tanto Bruxelles per tentare di attrarre elettori euroscettici). Il Pd di Renzi si è anche apertamente ispirato alla campagna del presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, e alla sua ambizione di giocare un ruolo decisivo nel processo di rifondazione dell’Europa. Tuttavia il Pd è isolato e le intenzioni di voto nei suoi confronti superano con difficoltà la soglia del 23-24%. Esso tuttavia può contare sul contributo di un alleato, la lista Più Europa guidata da Emma Bonino, anch’essa pro Ue.
Quanto alle conseguenze di queste elezioni italiane sull’Europa, la questione è delicata e ovviamente dipenderà dall’esito del voto.
- Nell’ipotesi si formi un governo di centro destra, esso sarà diviso tra coloro che vogliono prendere le distanze dall’Europa, e coloro che vorrebbero mantenere la tradizionale posizione di Roma nei confronti di Bruxelles. Da ciò discenderanno politiche di corto respiro, caratterizzate da continui compromessi.
- Lo scenario altamente improbabile di un’alleanza tra Movimento 5 Stelle, Lega, Fratelli d’Italia e una minoranza del partito di sinistra Liberi e Uguali darebbe un segnale forte di un’Italia che si dissocia dall’Unione europea, un po’ come hanno fatto i Paesi del Gruppo Visegrad.
- Se il governo nascesse da un’alleanza fra il Partito democratico e Forza Italia –dunque rompendo gli attuali schieramenti elettorali – questo esecutivo sarebbe pro Europa; ciò contribuirebbe a rassicurare le cancellerie e le comunità finanziarie del Vecchio Continente. Un tale posizionamento di Pd e Fi, però, susciterebbe reazioni vivaci da parte degli elettori di entrambi i partiti, generando potenzialmente una crisi politica significativa.
- Infine lo scenario di un governo del Presidente della Repubblica o di un governo tecnico che mettesse assieme personalità della società civile aiuterebbe a rassicurare l’Europa per qualche mese, prima di trovare un sistema elettorale adatto a consentire un altro voto che possa definire una chiara maggioranza.
Sul sito dell’Institut Montaigne potete leggere l’articolo integrale del professore Marc Lazar, in inglese e in francese
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