Economia asfittica, anti politica, immigrazione. Lazar spiega dove nasce e a cosa può portare l’ondata di protesta italiana
7 marzo 2018
Non sono passate nemmeno 72 ore dal voto in Italia, e oggi mercoledì 7 marzo a Parigi già si terrà una “Giornata di studi sulle elezioni italiane”, organizzata dal Centre de recherches internationales dell’Università Sciences Po, in collaborazione con la LUISS e la sua School of Government, e con l’Istituto italiano di cultura. Abbiamo chiesto a Marc Lazar, Presidente della LUISS School of Government e professore di Storia e Sociologia politica a Sciences Po, promotore di questa iniziativa, di spiegarcene meglio il senso.
Marc Lazar. E’ dal 1994 che ho preso l’abitudine di organizzare un convegno simile a quello di domani su ogni consultazione elettorale nazionale in Italia: una riflessione corale da tenere “a caldo”, a pochissima distanza temporale dal voto. Le elezioni del 4 marzo scorso non potevano fare eccezione. Perché? Essenzialmente per il fatto che oramai non esiste una consultazione elettorale che possa essere considerata soltanto “nazionale” nella sua portata e nei suoi effetti. Perciò Sciences Po e LUISS, con l’Istituto di Cultura italiano a Parigi, con la Fondation pour l’Innovation Politique e la Fondation Jean Jaurès, hanno deciso di chiamare a raccolta alcuni dei massimi esperti italiani e francesi per discutere.
LUISS Open. Quali sono le attese predominanti tra i partner europei dell’Italia per il dopo voto?
Marc Lazar. Incertezza e preoccupazione dominano tra gli osservatori e gli alleati dell’Italia, ma occorre attendere. Se alla fine a Roma si formerà un governo euro-prudente o – peggio ancora – euroscettico, ciò indebolirebbe l’Italia sul piano politico e nel suo ruolo di grande paese fondatore del processo d’integrazione. Ma vorrei far notare che un’Italia a guida euroscettica costituirebbe un problema anche per il resto dell’Europa. Oggi finalmente il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel sono in condizione di rilanciare il cosiddetto “motore franco-tedesco” dell’integrazione comunitaria, tuttavia un’assenza italiana darebbe meno peso e meno legittimità a tale rilancio.
LUISS Open. Da dove nasce, nell’elettorato italiano, una critica così diffusa all’Unione europea?
Marc Lazar. Sommare i voti ricevuti dal Movimento 5 stelle e dalla Lega è un’operazione che ha senso fino a un certo punto, considerato che le motivazioni degli elettori sono in parte differenti. Detto ciò, sommare tali voti ci porta a dire che un elettore su due, in Italia, si è espresso a favore di movimenti critici dell’Europa così come essa è oggi. L’offerta politica di M5s e Lega è stata efficace e attraente per molti, ma essa si fonda su un humus molto diffuso e che è il frutto di tre diversi elementi. Primo: la situazione economica e sociale del Paese, con disuguaglianza, disoccupazione e povertà diffuse soprattutto al Sud. In secondo luogo, in Italia era già evidente da tempo una crisi di fiducia verso la classe politica, crisi capitalizzata – un po’ paradossalmente – da un partito presente sulla scena dal 1991 come la Lega e da un Movimento che arrivò primo già alle elezioni del 2013. Infine il terzo fattore scatenante è quello citato anche dal presidente francese Macron ieri: l’immigrazione. L’imponente afflusso di migranti che ha raggiunto l’Italia negli ultimi anni ha generato nei cittadini italiani, fra le altre cose, la sensazione di essere stati abbandonati non tanto dall’Unione europea, che non ha molti poteri propri sulla gestione dei flussi, ma dagli altri Stati europei. I leader di questi Stati europei hanno rilasciato tante belle dichiarazioni, salvo poi non agire davvero per aiutare l’Italia. E’ un senso di abbandono che mi sento di poter condividere.
LUISS Open. La crisi della sinistra riformista italiana è la lunga coda di una crisi europea dei progressisti?
Marc Lazar. Sì, dalla Francia alla Germania, passando per l’Olanda e la Grecia, assistiamo a una tendenza che riguarda tutta l’Europa continentale: il declino delle proposte di centrosinistra e di sinistra riformista. Il Partito democratico ora non fa più eccezione. Osservo pure che, seppure in forma meno virulenta, un fenomeno simile è all’opera anche tra i partiti conservatori moderati: dalla CDU di Angela Merkel a Forza Italia, i partiti di governo sembrano tutti attraversare una fase di oggettiva difficoltà.
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