La “disperazione” protagonista nelle urne e il primato italiano nell’antipolitica spiegati da Giovanni Orsina
7 marzo 2018
“Nell’antipolitica, l’Italia si conferma davanti a tutti i Paesi occidentali”. Così lo storico Giovanni Orsina sintetizza e anticipa su LUISS Open alcune delle riflessioni che svolgerà oggi a Parigi alla Giornata di studi sulle elezioni italiane organizzata da Sciences Po e LUISS. “Siamo il Paese più avanzato in materia, il primo in cui tutto il panorama politico tende a riassestarsi attorno all’antipolitica – ragiona Orsina – D’altronde da noi la crisi della democrazia contemporanea si è manifestata per prima, già all’inizio degli anni ‘90 con la fine della Prima Repubblica, alla quale è seguito un assetto innovativo come quello incarnato da Silvio Berlusconi, cui l’antipolitica non era estranea. Tuttavia, se la sfida populista col tempo non viene riassorbita, essa alla fine esplode. Per questa ragione, già prima del 4 marzo, parlavo di ‘elezioni di transizione’”.
Una transizione di cui è difficile descrivere nel dettaglio l’esito finale, ma di cui intanto è piuttosto chiara la fase nascente: “Nell’ipotesi che Forza Italia avesse preso il 17%, con la Lega al 14%, dunque a parti invertite rispetto a oggi nella coalizione di centrodestra, sarebbe davvero cambiato qualcosa per le prospettive future del partito di Berlusconi? Cosa ci si sarebbe potuti attendere da un partito guidato ancora da Berlusconi all’età di 81 anni? Un discorso simile vale per il Partito democratico: la sua crisi era già conclamata nel 2013, Matteo Renzi ha soltanto ritardato la deflagrazione. Dunque, la transizione italiana prende il via perché sono entrati in crisi i due pilastri della Seconda Repubblica: Berlusconi e i post comunisti. Diciamo che gli elettori italiani hanno solo affrettato i tempi della loro fine”.
Cosa potrà accadere da qui ai prossimi mesi
Sugli scenari futuri, Orsina è cauto, avverte che la Politica segue, sì, logiche che possiamo tracciare “sulla carta”, ma che poi “la Storia aggiunge creatività”: “Visti i numeri in Parlamento, né il centrodestra a trazione leghista né il Movimento 5 Stelle hanno una maggioranza sufficiente a sostenere un Governo. Dunque, o il Partito democratico cede e corre a sostegno del centrodestra, oppure cede e corre a sostegno dei grillini. Oppure, terza e ultima ipotesi, si torna al voto in tempi piuttosto rapidi. Difficile però, quasi impossibile, prevedere un sostegno del Pd al centrodestra a trazione leghista. Se invece il Pd o una parte di esso sostenesse un governo a guida Di Maio, probabilmente assisteremmo alla lenta morte dei dem. Infine, se si tornasse presto alle urne, Lega e M5s potrebbero guadagnare ulteriori consensi approfittando della crisi già in corso di Pd e Forza Italia. Insomma, in quasi tutti gli scenari immaginabili, Pd e Forza Italia hanno davanti a sé un futuro magro”.
In conclusione, Orsina sceglie una parola per descrivere l’atteggiamento dei cittadini italiani alle urne: “Disperazione. Da intendersi come desiderio da parte degli italiani di qualcosa che non c’è. Un tentativo di andare verso soluzioni che difficilmente esistono e che comunque non sono presenti fra quelle proposte dai partiti in corsa”.
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