La navigazione delle Banche centrali in un’epoca burrascosa. Dibattito tra economisti
27 aprile 2018
In esclusiva per LUISS Open, gli appunti di Francesco Papadia, già dirigente della BCE, su un confronto attorno al suo ultimo libro. Banchieri centrali nella più grande crisi dal 1929 a oggi: fu vera gloria? All’autore rispondono Bini-Smaghi, Messori, Micossi e Rossi
Il 12 Aprile 2018, la LUISS School of European Political Economy (SEP) ha organizzato un evento per la presentazione del volume “Central Banking in Turbulent Times”, di Francesco Papadia con Tuomas Välimäki, pubblicato da Oxford University Press.
L’evento è stato presieduto da Stefano Manzocchi (LUISS) e sono intervenuti: Lorenzo Bini Smaghi (Société Générale), Marcello Messori (SEP LUISS), Stefano Micossi (SEP LUISS e Assonime) e Salvatore Rossi (direttore generale della Banca d’Italia), oltre all’autore.
Il Prof. Manzocchi ha aperto l’evento notando che il libro di Francesco Papadia utilizza la teoria economica, l’analisi empirica e quella storica, la conoscenza delle istituzioni e della regolamentazione, per illustrare gli importanti cambiamenti che le banche centrali hanno dovuto attuare a causa della Grande Recessione.
Lorenzo Bini-Smaghi ha cominciato il suo intervento ricordando le esperienze vissute con Francesco Papadia alla Banca Centrale Europea, quando questa ha dovuto fronteggiare la crisi che ha coinvolto l’economia e la finanza dell’area dell’euro e degli altri paesi avanzati. Con l’aiuto di una serie di grafici, Bini-Smaghi ha poi dato la sua lettura della crisi, che si può sintetizzare in un messaggio principale e in una raccomandazione di policy:
- Il messaggio principale è che le due fasi di crisi dell’euro-area (2007-2008 e 2011-2012) sono state prevalentemente crisi bancarie;
- La raccomandazione di policy è che bisogna rafforzare il Single Supervisory Mechanism, ossia la vigilanza bancaria gestita dalla BCE, e completare l’Unione bancaria.
A sostegno delle sue conclusioni, Bini-Smaghi ha mostrato come le banche nella periferia dell’euro-area, in particolare in occasione della seconda fase della crisi, nel 2011-2012, si siano trovate con un eccesso di prestiti di cattiva qualità, un capitale limitato e prestiti in sofferenza in forte crescita. La reazione è stata una riduzione del credito, un aumento del suo costo e lo spostamento, nel bilancio delle banche, da credito all’economia a titoli di stato, aggravando il “doom loop” tra merito di credito delle banche e quello del governo nazionale. All’impatto della crisi ha fatto seguito un lungo periodo di scarsa redditività e un aumento dei crediti in sofferenza, fattori che hanno continuato a pesare nella maggioranza dei paesi sulla crescita del credito e del reddito.
Salvatore Rossi ha inizialmente concentrato la sua attenzione su di un aspetto specifico ma particolarmente importante della crisi: la cooperazione tra banche centrali per fronteggiarla e ridurne le conseguenze negative. Rossi ha ricordato come la cooperazione tra banche centrali abbia una lunga storia, risalendo almeno agli anni 20 del secolo passato. Ma l’intensità e la natura della cooperazione durante la recente crisi non hanno precedenti. La straordinaria intensità si valuta facilmente notando che non solo l’apertura di credito tra banche centrali, in particolare tra la Fed e la Bce, è stata potenzialmente illimitata ma anche, di fatto, molto ampia. La diversa natura della cooperazione tra banche centrali emerge chiaramente osservando che, diversamente dal passato, le aperture di credito tra banche centrali non sono servite a finanziare interventi per stabilizzare i tassi di cambio ma a fornire liquidità al sistema finanziario, per evitarne il collasso. Rossi ha poi osservato come la stabilità finanziaria si sia ripresentata con forza come obiettivo delle banche centrali, spingendole a sviluppare la politica macro-prudenziale come strumento dedicato a quest’obiettivo. Ma l’instabilità finanziaria ha aperto un golfo di fiducia tra popoli europei, soprattutto tra Nord e Sud, un’incomprensione sulle origini e la risposta da dare alla crisi che ha finito per toccare pure l’Eurosistema.
Stefano Micossi ha contribuito al dibattito fornendo una visione più critica delle Banche centrali di quella fornita dal libro di Francesco Papadia. Nella sua interpretazione, le banche centrali non hanno prestato sufficiente attenzione all’eccessivo ottimismo sui mercati finanziari, in particolare quello azionario, che era il segno di squilibri che si stavano accumulando nella lunga fase di stabilità macroeconomica che ha preceduto la crisi. Anzi, negli Stati Uniti, la banca centrale ha alimentato un’euforia ingiustificata, promettendo di sostenere i corsi azionari se questi avessero mostrato una tendenza a cedere. In Europa, l’enfasi pressoché esclusiva sulla stabilità dei prezzi, trascurando quella delle variabili finanziarie, ha permesso un’accumulazione di squilibri che sono esplosi con la crisi. Una manifestazione degli squilibri molto vicina all’azione della BCE, ma da essa non sufficientemente considerata prima della crisi, è stata la flessione, nei paesi periferici, dei tassi d’interesse reali al di sotto di quelli tedeschi, che ha causato a sua volta serie distorsioni economiche. In conclusione, Micossi ha individuato nel libro una certa nostalgia, non giustificata, per l’approccio pre-crisi delle banche centrali. La loro insufficiente attenzione alle variabili finanziarie ha di fatto condotto a una politica monetaria destabilizzante ed ha contribuito così alla crisi.
Marcello Messori si è concentrato su tre punti che richiedono alcune qualificazioni rispetto alle tesi sviluppate nel libro:
- L’impatto che fallimenti di regolamentazione e di vigilanza e l’attivazione di interventi macro-prudenziali hanno sulle finalità delle banche centrali,
- Il possibile impatto del QE (Quantitative Easing) sui meccanismi di trasmissione della politica monetaria,
- Le conseguenze: nuovi confini fra la politica monetaria e la politica fiscale.
Per quanto riguarda il primo punto, la vigilanza si è concentrata sulle attività tradizionali del sistema bancario. Trascurando di vigilare attentamente sullo “shadow banking” non solo ha permesso a quest’ultimo di crescere eccessivamente, ma ha anche spinto le banche tradizionali a intraprendere attività troppo rischiose e tipiche dell’investment banking e di fondi speculativi per sfruttare i più elevati margini. Inoltre, valutando l’Asset Quality Review della BCE, l’autore trascura alcuni suoi importanti limiti causati da questa vigilanza asimmetrica. La seconda osservazione di Marcello Messori è che il libro di Francesco Papadia, esaminando i meccanismi di trasmissione della politica monetaria, non ha tenuto adeguatamente conto del fatto che il Quantitative Easing ha limitato l’impatto del canale bancario e ha riattivato il tradizionale canale monetario. Sebbene gran parte dei titoli pubblici sia detenuta dal settore bancario, l’intensa immissione di liquidità ha riportato al centro gli aggregati monetari.
Infine a proposito del rapporto tra politica fiscale e politica monetaria, Marcello Messori ritiene che occorra distinguere nettamente tra FED e BCE: durante la crisi, la prima ha agito in molte circostanze in maniera subordinata al Tesoro; la seconda ha invece difeso con maggiore determinazione la propria indipendenza. Il che apre diversi problemi di governance per ambedue le banche centrali.
Francesco Papadia ha ringraziato Marcello Messori per avere organizzato un evento con una simile partecipazione, ma si è chiesto se non fosse stato meglio farlo prima della pubblicazione del libro: gli spunti interessanti sono stati tanti e i punti di vista così diversi che è un peccato non poterli riflettere nel libro oramai stampato! Francesco Papadia ha anche ringraziato Alessandra Marcelletti e Piero Esposito per averlo aiutato a completare il libro. Dopo aver confermato che, come sottolineato da Lorenzo Bini-Smaghi, la parte più rilevante del libro si concentra sulla crisi, egli ha ripreso il tema della collaborazione tra banche centrali, trattato da Salvatore Rossi, notando che, durante crisi, la FEDè andata oltre qualunque ricetta di stampo monetarista, dando alla Bce la possibilità di espandere illimitatamente l’offerta di dollari. Egli ha anche ricordato che, durante la crisi europea, ha percepito che la stabilità finanziaria della Germania dava una rassicurazione di fondo alla banca centrale, che era mancata durante le crisi vissute in Banca d’Italia. Papadia ha anche ammesso una certa nostalgia per il modello di banca centrale pre-crisi, criticata da Micossi, ma ha riconosciuto che alcuni adattamenti di quel modello sono necessari. Ha anche riproposto un’interpretazione delle cause della crisi che combina politiche economiche imprudenti dei paesi periferici con un improvviso peggioramento delle aspettative, che ha reso la loro situazione debitoria insostenibile. Diversamente da Messori, ha confermato la sua interpretazione secondo cui la manovra del bilancio della banca centrale, in particolare il QE, è un complemento della manovra del tasso d’interesse, divenuta insufficiente durante la crisi, piuttosto che un ritorno a un ruolo importante per gli aggregati monetari nella politica monetaria.
Alcune domande sollevate dal pubblico hanno completato il vivace scambio di opinioni che ha caratterizzato l’evento, mostrando che il tema del ruolo e dell’assetto delle banche centrali è importante e controverso, caratteristiche che spesso si accompagnano.
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