Amici di Putin. Come la Russia sta imponendo la pace in Medio Oriente

22 maggio 2018
Editoriale Open Society off
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Putin è intervenuto per arrestare l’assalto di Hamas contro le recinzioni israeliane. Il gesto è stato interpretato come una manifestazione di amicizia verso Netanyahu, il quale era impegnato a celebrare l’apertura dell’ambasciata americana a Gerusalemme. In realtà, l’amicizia non ha niente a che vedere con quello che è successo. Lo dimostra il fatto che, poche settimane prima, il presidente russo aveva telefonato a Netanyahu per intimargli di non attaccare più le postazioni iraniane in Siria. Aveva poi fatto trapelare una serie di dichiarazioni roventi in cui minacciava che, se Netanyahu avesse messo in pericolo gli interessi russi in Siria, le conseguenze sarebbero state “disastrose” per Israele e per tutte le parti in lotta. Putin è amico soltanto della Russia, i cui interessi cerca di difendere nel modo migliore. La sua strategia è semplice. Dopo la sconfitta dello Stato Islamico, vuole impedire che la Siria venga sconvolta da una terribile guerra tra Israele e l’Iran.

Per comprendere le mosse di Putin, occorre ricordare che, prima dell’inizio della guerra civile, il 15 marzo 2011, la Siria era sotto il controllo completo della Russia. L’obiettivo strategico del capo del Cremlino è di pacificare la Siria per poterla ricostruire e dominare per intero. Distruggere è costoso; ricostruire è vantaggioso. Putin vuole la pace e non la guerra perché vuole smettere di spendere milioni di dollari e iniziare a guadagnarli. Non sa che farsene di un Paese devastato. Dominare un cumulo di macerie fumanti non è un buon affare per nessuno. Il problema è che la ricostruzione della Siria potrà avvenire soltanto quando tutti i conflitti saranno cessati. Un obiettivo che sembra essere ancora lontano. Non potendo arrestare tutti gli scontri in corso, Putin sta cercando di non aggiungere, a quelli già esistenti, un nuovo conflitto tra Israele e l’Iran. Questo interesse strategico per la pace aiuta a comprendere l’intervento per interrompere gli assalti palestinesi contro le recinzioni difese dai soldati israeliani. Più che un gesto di amicizia è stato un “monito amichevole”, con cui ha voluto ricordare a Netanyahu il suo potere sulla sicurezza d’Israele. L’interesse di Putin per la pace in Siria spiega una notizia ancor più importante. Si tratta della decisione di sospendere la vendita del sistema missilistico S-300s a Bassar al Assad, in grado di abbattere gli aerei israeliani con disinvoltura. L’annuncio, per la gioia di Netanyahu, è stato fatto da Vladimir Khozin, consigliere personale di Putin, che ha il compito di gestire l’assistenza militare della Russia ai Paesi stranieri. La gioia di Netanyahu è giustificata. Dal momento che l’essenza della politica internazionale sono le armi, è essenziale che i nemici di Israele ne siano sprovvisti. La decisione di fornire ad Assad il potente sistema S-300s era stata annunciata dopo l’ultimo attacco missilistico di Trump contro Damasco, il 13 aprile 2018, che aveva fatto infuriare il Cremlino. A partire da quel momento, Netanyahu ha avviato una forte operazione di lobbying su Putin per convincerlo a non consegnare il sistema missilistico ad Assad. Si è persino recato a Mosca, il 9 maggio, nel giorno del 73esimo anniversario della vittoria russa sui nazisti. Seduto accanto a Putin, Netanyahu si è alzato e seduto al ritmo dei generali russi, durante la parata militare nella Piazza Rossa.

In sintesi, Putin sta interpretando il ruolo del mediatore, il quale cerca di limare le unghie a tutti gli attori coinvolti nel conflitto perché l’interesse nazionale della Russia è la pace in Siria e non la guerra. Da una parte, Putin ha intimato a Israele di non condurre più bombardamenti in Siria, con parole molto minacciose; dall’altra, ha bloccato la consegna del sistema missilistico S-300s ad Assad, lasciando il presidente siriano in una condizione di netta inferiorità militare che lo obbliga a contare sulla Russia per difendersi da Israele. La presunta amicizia con Israele è un fatto puramente strumentale. Altrettanto strumentale è l’amicizia con Assad, come dimostra il fatto che è stato lasciato privo di difese efficaci contro gli aerei israeliani. Putin è favorevole alla pace perché, in questo momento, la pace in Siria coincide con l’interesse nazionale della Russia. Non sappiamo se la sua strategia avrà successo. Sappiamo però che Putin è amico soltanto della Russia. Il favore che ha fatto a Netanyahu è un favore che ha fatto a se stesso.

 

Quest’articolo è apparso precedentemente sulle pagine de “Il Messaggero”. Riprodotto per gentile concessione.

L'autore

Alessandro Orsini è professore associato di Sociologia del terrorismo e Direttore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale della LUISS. È anche Research Affiliate al Center for International Studies del MIT di Boston e membro della Commissione per lo studio della radicalizzazione istituita dal Presidente del Consiglio


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