Il prossimo incontro tra Trump e Putin piace all’Italia, ma preoccupa l’Europa

12 luglio 2018
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Trump incontrerà Putin in Finlandia, il 16 luglio. La notizia è positiva per l’Italia, che ha un interesse economico al ritiro delle sanzioni contro Putin, più volte richiesto da Matteo Salvini. Tuttavia, questo obiettivo nazionale, che rappresenta una delle sfide più delicate per Enzo Moavero Milanesi, può essere raggiunto soltanto in una logica internazionale. L’Italia è infatti inserita in un sistema di alleanze. Ne consegue che i suoi rapporti con la Russia dipendono, in larga misura, dai rapporti tra la Russia e l’Europa. E allora diremo subito che l’incontro tra Trump e Putin rasserena l’Italia, ma preoccupa gli alleati europei. Cerchiamo di comprendere il perché.

Trump incontrerà Putin subito dopo avere partecipato al summit della Nato, che si terrà l’11-12 luglio a Bruxelles. La preoccupazione è che Trump possa fare alcune concessioni a Putin, pericolose per la sicurezza della Germania e dei Paesi Nato dell’Europa dell’est. Trump ha infatti un modo di impostare le relazioni internazionali che non tiene in grande considerazione le posizioni degli alleati europei. Men che meno i loro interessi, che tende a vedere in contrapposizione a quelli americani. I Paesi della Nato, soprattutto quelli vicini ai confini con la Russia, temono che Putin possa avviare un’offensiva contro di loro, avendo ammassato una quantità di truppe impressionante alle loro porte, di cui abbiamo parlato più volte in questa rubrica.

Per questi Paesi, è importante che la Russia continui a essere colpita dalle sanzioni, per due ragioni. La prima è che la spesa militare della Russia cresce in proporzione al Pil, il che significa che una Russia più ricca finisce per avere più missili e carrarmati. La seconda è che il ritiro delle sanzioni rappresenterebbe un’assoluzione politica verso Putin, il quale continua a essere sanzionato, ricordiamolo, per un’aggressione militare e cioè per avere invaso un Paese straniero, l’Ucraina, a cui ha strappato la Crimea, nel marzo 2014. La logica dei Paesi Nato che confinano con la Russia può essere riassunta come segue: “Se Putin viene assolto per l’invasione della Crimea, si sentirà autorizzato a conquistare anche l’Estonia”. Non a caso, ieri si è dimesso proprio l’ambasciatore americano in Estonia, James D. Melville, per protestare contro Trump. Le parole di Melville, poste sulla bocca di un diplomatico, sono di fuoco. A suo giudizio, Trump starebbe abbandonando i migliori alleati europei degli Stati Uniti: “Ho servito sotto sei presidenti e undici segretari di Stato – ha scritto Melville – e non avrei mai immaginato che saremmo arrivati a questo punto”.

A giudicare dalle ultime dichiarazioni di Trump, le preoccupazioni di molti Paesi Nato sembrano avere un fondamento. Durante il recente G7 in Canada, Trump ha detto di essere favorevole a riammettere la Russia in quel consesso. A rendere preoccupati molti Paesi Nato non ci sono soltanto alcune dichiarazioni particolari del presidente americano in favore di Putin. C’è un clima generale più incline alla disunione che all’unione. Trump è solito attaccare i Paesi europei della Nato, definiti “scrocconi”, perché non spendono abbastanza per la difesa comune. Ha persino dichiarato di non sentirsi obbligato a soccorrerli, se fossero aggrediti. È nota la replica della Merkel, la quale ha lasciato intendere che l’Europa non deve più contare sugli Stati Uniti per la propria sicurezza. Trump incontrerà Putin, in Finlandia, mentre conduce una guerra di dazi contro l’Unione Europea.

Sempre in contrasto con l’Europa, Trump è uscito dagli accordi sul clima di Parigi, ha stracciato gli accordi con l’Iran e ha trasferito l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendola di fatto come capitale d’Israele. I suoi rapporti con la Merkel tendono al gelo, quando sono calorosi. Quanto al clima durante l’ultimo G7 in Canada, è stato tra i più freddi. Trump ha dato del “disonesto” al primo ministro del Canada, Justin Trudeau, e ha avuto parole ruvide per molti altri, al punto che Max Boot, autorevole firma del “Washington Post”, ha scritto che il G7 è stato trasformato da Trump in “un G6 contro un G1”. È possibile che l’incontro con Putin sarà fonte di grandi benefici per tutti. Resta il fatto che, in questo momento, non pochi Paesi europei temono che Trump possa prendere decisioni importanti, senza consultarli. L’Italia deve difendere i propri interessi, ma con lo sguardo rivolto al mondo.

Quest’articolo è apparso precedentemente sulle pagine de “Il Messaggero”. Riprodotto per gentile concessione.

L'autore

Alessandro Orsini è professore associato di Sociologia del terrorismo e Direttore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale della LUISS. È anche Research Affiliate al Center for International Studies del MIT di Boston e membro della Commissione per lo studio della radicalizzazione istituita dal Presidente del Consiglio


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