“Progetto Mediterraneo” e LUISS Open al Festival di Internazionale a Ferrara
5 ottobre 2018
Su LUISS Open avete già letto del “Progetto Mediterraneo”, iniziativa della LUISS e della Fondazione Terzo Pilastro, insieme all’Università di Petra in Giordania, per sostenere – non solo finanziariamente – la formazione di 17 studenti universitari locali, fra cui 10 giordani e 7 palestinesi e siriani. E’ stato Luigi Serra, Vicepresidente esecutivo della LUISS, a spiegarci come è nata l’idea di questo progetto: “Due anni fa eravamo forse all’apice della crisi siriana: un’emergenza che si manifestava sia all’interno di quel Paese, martoriato da una guerra civile di inusitata ferocia, sia al di fuori dello stesso, con l’imponente flusso migratorio che attraversava il Mar Mediterraneo e i Balcani e che oggi si è molto ridotto. Ci rendemmo conto che i Paesi occidentali assistevano a quella tragedia con un senso di impotenza o addirittura di indifferenza. Da qui nacque quella che abbiamo percepito come un’urgenza di intervenire. Ci siamo chiesti cosa potesse fare un’università come la LUISS. Ritenemmo che, nel nostro piccolo, potevamo contribuire con un atteggiamento proattivo e razionale di fronte a quegli eventi, sostenendo le giovani generazioni in loco. Abbiamo cercato dunque un’istituzione affidabile con cui stringere una partnership, all’interno di un contesto il più stabile possibile. Decidemmo che la Giordania, e al suo interno l’efficiente Università di Petra, facevano al caso nostro. D’altronde in questa monarchia, che pure è un’oasi di stabilità nell’area mediorientale, ci sono 1 milione e 300mila rifugiati su una popolazione complessiva di 10 milioni di abitanti. Una cifra che dà l’idea delle tante sfide che quell’area deve fronteggiare”.
Sabato prossimo, al Festival di giornalismo del settimanale Internazionale che si tiene a Ferrara dal 5 al 7 ottobre, il Vicepresidente Serra tornerà a parlare di questo progetto assieme a Marc Lazar, politologo e presidente della LUISS School of Government, in un confronto moderato dalla redazione di LUISS Open. Radio3 Mondo, in vista dell’evento, ha intervistato Serra che è tornato a illustrare gli obiettivi di questo progetto: “Abbiamo pensato di offrire a un certo numero di rifugiati e di disagiati economici di quelle nazioni un percorso universitario cui non avrebbero potuto accedere, nella speranza che al termine di tale percorso i ragazzi svilupperanno un senso di amicizia e comprensione con l’Italia, oltre ovviamente a quelle competenze necessarie a formare una classe dirigente che sia d’aiuto al loro Paese”.
“Un’iniziativa inedita e piuttosto coraggiosa – così Serra ha definito ‘Progetto Mediterraneo’, senza negare la complessità anche logistica del progetto – Ma abbiamo trovato una grande collaborazione e ci siamo imbattuti in un sentimento di grande gratitudine e fiducia nei confronti di una istituzione italiana disposta a fare un percorso comune. L’Italia gode di una percezione positiva presso quelle nazioni, specialmente in Giordania, un’oasi di stabilità in un’area estremamente travagliata. Tra l’altro abbiamo voluto visitare i campi profughi del Paese, tra cui quello immenso di Zaatari che si trova al confine con la Siria e ospita 80.000 persone. Lì abbiamo capito che anche le iniziative di sostegno e di formazione sui piccoli numeri hanno una grande importanza pratica e simbolica, visto che il loro effetto è moltiplicato per dieci dall’impatto sulle famiglie e isulle istituzioni locali” (qui potete ascoltare l’intervista integrale di Radio3 Mondo al Vicepresidente Serra).
Delle biografie e delle storie dei 17 giovani protagonisti del Progetto Mediterraneo si è occupato di recente anche il Corriere della Sera, con un articolo in intitolato “Da Amman a Roma, per conquistare la libertà: il sogno di 17 rifugiati”. “Il progetto della LUISS – ha scritto fra l’altro il quotidiano di Via Solferino – porta dieci studenti giordani in Italia e sostiene altri 7 ragazzi e ragazze tra siriani e palestinesi, rimasti ad Amman, per aiutarli a conquistare una laurea. Aiuti non umanitari, ma formativi: perché l’istruzione possa essere il loro passaporto per il futuro”.
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