Tra fake news e no vax rimangono poche certezze: i vaccini servono, funzionano e non provocano l’autismo

12 ottobre 2018
Editoriale Open Society off
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La scorsa estate è stata caratterizzata, oltre che dalla tremenda tragedia del crollo del ponte di Genova, da un attacco senza precedenti da parte di vari “esperti” della rete (che in alcuni casi potrebbero essere definiti troll) nei confronti di un virologo di fama mondiale: il nostro italianissimo Roberto Burioni.

Il caso Burioni e la scienza su Twitter

La sua colpa – stando alle invettive (e le minacce di morte) delle persone dietro ai vari (spesso senza nome) account Twitter che lo bersagliavano quotidianamente – è quella di permettersi di difendere la validità scientifica dei vaccini. Di diffondere la malsana idea che non solo servano, ma che (addirittura) si possa pensare di parlare di doveri da parte del cittadino verso la comunità – nello specifico, cercando di spiegare che 1) no, non c’è correlazione alcuna tra autismo e vaccinazione; 2) i “sani” dovrebbero avere la sensibilità e saggezza di rendersi conto che sono loro a dover difendere le persone sulle quali i vaccini non funzionano (il famoso effetto gregge che evidentemente ad alcuni proprio non va giù come approccio etico alla vita prima ancora che medico); 3) non vaccinarsi può ricreare le condizioni per l’affiorare di malattie che credevamo ormai debellate o non più mortali (vedi i recenti casi di morti legate al morbillo). L’avanzare dell’ignoranza come caratteristica della quale andare fieri è una delle terribili malattie che ci hanno colpito negli ultimi decenni (magari ci fosse un vaccino), e purtroppo Burioni non è l’unico esperto italiano e internazionale che abbia dovuto confrontarsi con l’abbrutimento morale che sta attraversando trasversalmente questo paese.

Ilaria Capua e la macchina del fango

Nel libro La coscienza di Ippocrate (LUISS University Press, 2018) prendo in esame il triste e preoccupante caso di Ilaria Capua, una virologa di fama internazionale costretta a subire accuse infamanti senza uno straccio di prova. Anche questa offensiva verso un nostro scienziato è molto rappresentativa di una certa tendenza ad attaccare la scienza e la medicina (più in generale “gli esperti”) che ha preso piede in questi ultimi anni, in particolare attraverso la rete. Come ci ricordava Umberto Eco nella sua lectio magistralis a Torino nel 2015 internet ha sicuramente contribuito ad ampliare la gittata delle varie teorie deliranti che in passato si spegnevano nell’osteria stessa in cui venivano espresse. In altre parole, per citarlo direttamente, «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività».

 Il caso della Capua, eletta dalla rivista Seed come “mente rivoluzionaria” e considerata da Scientific American tra i 50 scienziati più importanti al mondo, non è sfuggito a tali, deprimenti, dinamiche. Raggiunta una meritata visibilità internazionale nel 2006 per via della sua lungimirante decisione di rendere pubblica la sequenza genica del virus dell’aviaria (contribuendo così in maniera decisiva all’affermarsi della scienza “open-source” – ovvero accessibile a tutti), nel 2014 quando ormai anche parlamentare per Scelta Civica, viene catapultata in una situazione kafkiana: lei ed il marito (oltre ad altri rappresentanti del mondo scientifico e politico) vengono iscritti nel registro degli indagati per abuso di ufficio, corruzione e traffico illecito di virus. L’idea infangante, ripresa da giornali e vari complottisti dentro e fuori al Parlamento, ipotizzava che una spietata Capua (la stessa che si era battuta anni prima per rendere accessibili i dati dei virus a tutti, aiutando notevolmente il progresso della scienza e, come spesso accade, l’abbattimento del costo dei relativi vaccini) fosse a capo di un traffico di virus finalizzato ad arricchirla attraverso la vendita appunto dei vaccini necessari a contrastare tali virus. Falsità. Purtroppo però, per ben due anni (la Capua è stata prosciolta di tutte le accuse nel luglio del 2016) il suo nome, la sua carriera e la sua persona hanno dovuto subire dei danni fisici e morali davvero ingiustificati (spingendola tra l’altro ad abbandonare non solo la vita politica, ma anche l’Italia per lo sconforto). E poi si parla di fuga dei cervelli.

La scienza è studio e ricerca

La conclusione da trarre da questa e altre vicende surreali è semplice. Bisogna smetterla di considerare che la rete permetta un apprendimento superveloce stile Matrix su tutti i temi: non è così. C’è necessità di ricominciare a credere agli esperti e alla scienza: se qualcuno ci mette trent’anni per pronunciarsi su un tema può essere seriamente paragonato ad un altro che si improvvisa conoscitore della materia dopo qualche “lezione” su YouTube? No. Punto. La ricerca scientifica si basa sulla discussione e sul confutare le tesi di altri (a volte in maniera anche molto estrema e controversa magari), ma questo va fatto con rigore. I vaccini, come altri temi delicati, non possono essere in balia di inesperti che non giustificano le proprie posizioni se non con dati decontestualizzati e parziali. In un’epoca dove tutto va spesso troppo di fretta, dovremmo fermarci a riflettere più tempo sul reale impatto delle nostre scelte e su che tipo di società vogliamo costruire. Una società senza vaccini vedrebbe riaffiorare nel giro di una generazione malattie mortali alle quali non pensiamo più da decenni: siamo sicuri che è questo quello che vogliamo per i nostri figli? Non credo.

L'autore

Mirko Daniel Garasic è ricercatore presso la Cattedra UNESCO di bioetica e diritti umani, visiting professor in Neuroethics alla Scuola IMT Alti Studi Lucca e professore di Bioethics alla LUISS


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