Più donne ai vertici delle aziende fanno crescere salari e produttività. Uno studio

8 marzo 2019
Intervista Open Society off
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Pubblichiamo il Q&A tra Luiss Open e il professore Fabiano Schivardi, ordinario di Economia e Prorettore alla Ricerca della Luiss, a proposito dello studio “Do Female Executives Make a Difference? The Impact of Female Leadership on Gender Gaps and Firm Performance”, scritto dallo stesso Schivardi assieme a Luca Flabbi (University of North Carolina), Mario Macis (Johns Hopkins University) e Andrea Moro (Vanderbilt university).

Qual è oggi in Italia la situazione delle donne ai vertici delle aziende?

Innanzitutto, per avere un termine di paragone, osservo che negli Stati Uniti, nonostante le donne siano poco più della metà degli impiegati, solo il 4,6% dei top manager è donna. La situazione è ancora peggiore in Italia, dove meno del 2% delle imprese manifatturiere ha una donna come amministratore delegato. La sotto-rappresentazione delle donne nelle posizioni apicali è dunque evidente. Quello che facciamo nel nostro studio  è analizzare le relazioni tra la leadership femminile da una parte, e la distribuzione salariale e la performance aziendale dall’altra. Performance aziendale che, a differenza di precedenti studi, misuriamo in termini di produttività. Se avessimo infatti valutato soltanto l’impatto sull’andamento azionario delle società, come spesso si è fatto in passato, avremmo avuto per l’Italia un campione poco rappresentativo – visto che le quotate sono soltanto 400 – e un risultato che avrebbe potuto essere viziato dalla forte variabilità che caratterizza i corsi azionari.

Come cambia un’azienda italiana, in termini di gestione del personale, quando subentra un amministratore delegato donna?

Il nostro studio – considerando dati aziendali di una serie temporale lunga 20 anni – rivela che la leadership femminile porta a un aumento degli stipendi massimi delle lavoratrici donne e a una diminuzione di quelli minimi, mentre ha l’effetto opposto sugli stipendi degli uomini. In particolare, le donne con stipendi sopra la media guadagnano il 7,8% in più se lavorano per un CEO donna. Quindi la leadership femminile riduce le differenze di genere nella parte alta della distribuzione salariale, le aumenta leggermente nella parte bassa, praticamente senza effetti sulla media visto che nel complesso le donne con salari alti sono – ad oggi – meno numerose di quelle con salari più bassi.

Come vi spiegate questo mutamento nell’andamento nei salari in presenza di una CEO donna?

La nostra ipotesi è che una leader donna sia più in grado di capire il talento delle altre donne nell’azienda rispetto a un leader uomo. Troppe volte, per dirla in altre parole, un capo uomo cerca di capire le potenzialità e le ambizioni di un sottoposto uomo, mentre non usa la stessa attenzione per le potenzialità e le ambizioni di una sottoposta donna. La forza del pregiudizio, in questo modo, tende a rallentare le carriere femminili. All’opposto, avere una donna al comando ha un effetto a cascata sulla carriera delle donne capaci che si trovano nei ranghi inferiori della gerarchia aziendale, i cui talenti sono maggiormente valorizzati rispetto a un amministratore delegato maschio. Di conseguenza, le donne capaci hanno in genere da guadagnare, in termini di carriera e salario, da un vertice aziendale più rosa.

Dalla vostra analisi emerge anche un mutamento della performance di un’azienda nel proprio mercato di riferimento…

La migliore capacità delle donne CEO di comprendere le capacità delle lavoratrici donne, e la migliore attitudine a sfruttarne le potenzialità affidando loro compiti davvero commensurati alle loro attitudini, recano beneficio alla performance aziendale. Questo beneficio è tanto più importante quanto maggiore è la proporzione di donne in azienda. In particolare, le stime implicano che la produttività di un’impresa aumenta con un CEO donna quando almeno il 20% della forza lavoro è femminile. L’incremento è superiore al 14% per le imprese con una forza lavoro che è per almeno il 20% “rosa”, mentre considerando tutte le aziende – anche quelle con un numero minore di donne tra i dipendenti – l’incremento sarebbe comunque del 6,7%.

L’Italia è un Paese affetto da profondi squilibri demografici, tra bassissima natalità e intenso invecchiamento. Una maggiore presenza di donne nei ruoli apicali delle imprese può avere un qualche impatto su questo fronte?

Partiamo da un dato di fatto: ormai nei Paesi nordici dell’Europa c’è un maggiore tasso di occupazione femminile ma anche un maggiore tasso di fecondità medio. Le politiche sociali più attente alla famiglia ovviamente sono importanti, tuttavia regole del mercato del lavoro e scelte aziendali – dettate dalla legge o meno che siano – contano eccome. Si pensi al congedo di paternità molto più esteso proprio nei Paesi europei del nord: si tratta di un meccanismo che consente un riequilibrio tra genitori nella cura dei figli. Oggi è come se alla donna italiana si offrissero due treni a velocità diversa per fare carriera: un vecchio treno locale per la donna che vuole un figlio, un treno ad alta velocità per la donna che non vuole o non può avere un figlio. Se è vero che un CEO donna è più bravo a comprendere potenzialità ed esigenze delle colleghe donne, allora ci si può aspettare che prenda decisioni e metta in atto pratiche aziendali che potranno ridurre questa penalizzazione per le colleghe con figli. Se una donna ritiene che fare figli non comporti una penalizzazione delle proprie ambizioni professionali, sarà meno propensa a rimandare o rinunciare a questa scelta. Donne con carriere migliori e redditi più alti, a loro volta, potrebbero voler fare più figli. Insomma, una presenza femminile più diffusa ai vertici aziendali potrebbe avviare un circolo virtuoso anche sul fronte demografico.

Rispetto alle evoluzioni future del nostro mercato del lavoro, prevale l’ottimismo o il pessimismo sulla situazione delle donne?

La presenza femminile nel mercato del lavoro è in continua crescita, in particolare nella fascia più istruita della forza lavoro: oggi, più della metà dei nuovi laureati sono donne. Sfruttare appieno il potenziale di queste lavoratrici è cruciale per la crescita del Paese. Secondo la nostra ricerca, per farlo è necessario che più donne accedano alla cabina di regia delle imprese.

Do Female Executives Make a Difference? The Impact of Female Leadership on Gender Gaps and Firm Performance

intervista a

Fabiano Schivardi è professore di Economia e Prorettore alla Ricerca alla Luiss oltre che Research Fellow all’EIEF. È esperto di economia industriale, lavoro, produttività e dinamiche aziendali.


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