Cara Italia, non ascoltare le sirene spendaccione. Ecco il costo (invisibile) del debito pubblico
5 aprile 2019
L’idea che il deficit e un debito pubblico più alto possano essere vantaggiosi per l’economia di un Paese ha ricevuto un nuovo e importante sostegno dal recente intervento dell’economista Olivier Blanchard in apertura della riunione della American Economic Association, un discorso intitolato “Debito pubblico e bassi tassi d’interesse”.
Dove l’autore sostiene che un aumento del debito pubblico, ottenuto per esempio attraverso un incremento della spesa pubblica attuale, può accrescere il livello di benessere se il tasso di crescita dell’economia è più alto del tasso di interesse. Il risultato preciso di una simile politica espansiva dipende in maniera importante dalla tecnologia produttiva, ma una condizione chiave rimane sempre la differenza tra tasso di crescita e tasso d’interesse.
Blanchard riconosce pure che un debito più alto comporta rischi maggiori e che l’esperienza dimostra che il tasso di interesse (di mercato) sul debito pubblico dipende anche dal livello del debito (calcolato in percentuale rispetto al Pil). Egli fa riferimento a una regola generale secondo la quale il premio per il rischio (cioè la differenza tra il tasso d’interesse che corrisponde al rischio zero e il tasso d’interesse sul debito pubblico di un qualsiasi Paese specifico) sale di 3-4 punti base per ogni punto percentuale di aumento del debito rispetto al Pil sopra la soglia del 60% (il premio per il rischio si calcola generalmente sul debito di lungo termine, di solito a 10 anni)
Tale legame tra debito e premio per il rischio è particolarmente importante nell’Eurozona, dove ogni governo è individualmente responsabile per il proprio debito. Una recente ricerca della Commissione europea suggerisce che ogni incremento del rapporto debito pubblico/Pil può portare a un aumento del premio per il rischio vicino ai 5 punti base.
Un’implicazione fondamentale di questa regolarità empirica, secondo la quale il premio per il rischio dipende dal livello di debito, è che il costo marginale del debito pubblico è molto più alto del tasso di interesse sul debito pubblico (che rappresenta il costo medio). Il costo marginale, come ovvio, non è direttamente visibile e ha un impatto contenuto sul dibattito politico, tuttavia è una realtà importante. L’elevato costo marginale dipende dal fatto che il tasso di interesse più elevato si applica non soltanto al debito aggiuntivo ma a tutto lo stock di debito che deve essere rifinanziato.
La differenza tra il costo medio e il costo marginale del debito diventa decisiva per Paesi ad elevato debito pubblico, come l’Italia. Attualmente sembra che il Paese si sia stabilizzato attorno a una “nuova normalità”, nella quale il premio per il rischio fluttua attorno ai 250 punti base. Un valore che all’incirca corrisponde al tasso d’interesse dei BTP, visto che l’interesse sul debito tedesco a lungo termine è vicino allo zero. Con un tasso d’interesse del 2,5%, la condizione ipotizzata da Blanchard potrebbe essere soddisfatta in Italia – seppure come caso limite – presumendo un potenziale di crescita dello 0,5-1% e un tasso di inflazione attesa del 2%. Tuttavia questa prospettiva, secondo cui l’attuale situazione sembra – seppure al limite – sostenibile, nasconde il vero costo marginale del debito pubblico per l’Italia, che è ben più alto dei 250 punti per BTP.
Il caso di scuola del Portogallo
Il modo migliore per illustrare il vero costo del debito pubblico consiste nel raffrontare le diverse traiettorie dell’Italia e del Portogallo. Entrambi i Paesi hanno un livello di debito pari circa al 130% del Pil ed entrambi sono cresciuti molto poco negli ultimi anni. Tuttavia, anche se il Portogallo rimane molto più povero dell’Italia (un fattore che normalmente militerebbe a favore di un premio per il rischio più alto), il suo premio per il rischio si colloca attorno ai 150 punti base, molto più basso rispetto a quello italiano. La ragione di questa differenza risiede nelle prospettive divergenti di questi due Paesi: in Portogallo il deficit è così basso che ci si aspetta che il rapporto debito/Pil scenda rapidamente, raggiungendo il 100% nel 2023 secondo il Fondo monetario internazionale. All’opposto il rapporto debito pubblico/Pil italiano dovrebbe rimanere approssimativamente all’attuale livello, vicino al 130% del Pil.
Nel 2023, di conseguenza, il Portogallo potrebbe pagare solo 150 punti di spread su un debito che sarà pari al 100% del Pil, con una spesa totale per interessi che ammonterà all’1,5% del Pil, mentre il costo del debito per l’Italia potrebbe essere di 250 punti base sul 130% del Pil, con una spesa totale per interessi che ammonterà al 3,25% del Pil, più del doppio di quella portoghese. La differenza tra questi due scenari è pari all’1,75% del Pil, e tale differenza dovrebbe essere legata alla differenza di 30 punti percentuali di Pil del rapporto debito/Pil nel 2023, 130% vs. 100%. Una differenza di 30 punti percentuali nel rapporto debito/Pil, dunque, può comportare un divario dell’1,75% di Pil nel servizio sul debito, ovvero circa 30 miliardi di euro l’anno. Questo equivale a un costo marginale implicito del debito pubblico di quasi il 6% (il numero esatto sarebbe 5,8%, risultato del rapporto 1,75/0,3). Si tratta di un valore molto più elevato di qualsiasi tasso di crescita in cui l’Italia possa mai sperare.
La conclusione è evidente: quando si è in presenza di debiti pubblici elevati, il vero costo del debito pubblico è decisamente più alto di quanto uno potrebbe sospettare prendendo in considerazione soltanto i tassi di interesse. L’attuale situazione italiana potrebbe sembrare sostenibile, dunque potrebbe esserci la tentazione di seguire il consiglio di Blanchard e spendere di più oggi. Ma l’Italia farebbe bene a resistere a una simile tentazione: il costo implicito associato al fatto di incrementare la spesa pubblica corrente, invece che ridurre il debito pubblico a livelli di maggiore sicurezza, è molto elevato.
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