A che punto siamo con l’intelligenza artificiale? Lo sviluppo delle macchine tra etica e potenza
8 aprile 2019
No, le macchine non ci sostituiranno, ma non per questo dobbiamo smettere di preoccuparcene. La prima domanda, al contrario, è proprio «a che punto siamo con l’intelligenza artificiale?». È il quesito con cui ha aperto il suo discorso Enrico Cereda, amministratore delegato e presidente di IBM Italia, ospite con del primo appuntamento del ciclo di Luiss Debates dedicato agli algoritmi. Lo sviluppo di tecnologie come il deep learning ha permesso negli ultimi anni alle macchine di superare l’uomo in molti campi di attività, e di mettere seriamente a rischio il suo primato anche in quelli più inaspettati come la scrittura o il dialogo (l’intelligenza artificiale che ha rischiato di soffiare il titolo al campione mondiale di dibattiti si chiama Project Debater ed è targata IBM). Ma, come ogni strumento, il problema delle macchine non è la loro potenza, ma come la si usa. In altre parole, l’etica che si adotta.
L’approccio di IBM si mostra molto consapevole di questo problema, tanto che l’azienda ha proposto di dismettere la definizione di “artificiale” e di parlare piuttosto di “intelligenza aumentata”. Questo passaggio concettuale che punta a re-inscrivere l’intelligenza delle macchine nel quadro dell’intelligenza umana (come intelligenza “potenziata”) è il cuore di una precisa concezione etica degli algoritmi, che l’azienda intende promuovere e rendere palpabile a partire dal progetto dell’IBM Studios, uno spazio dedicato alle tecnologie esponenziali (IoT, AI, Blockchain) da poco inaugurato a Milano, in piazza Gae Aulenti.
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