In principio fu il movimento operaio. Storia, origini e evoluzioni della sinistra europea
1 maggio 2019
L’ideologia che a tutt’oggi più si identifica con la nozione di sinistra è il socialismo, anche se questo concetto generale conosce a sua volta una galassia di specificazioni, alcune delle quali hanno finito per essere collocate decisamente a destra. L’esempio più tristemente noto è stato il nazionalsocialismo tedesco, a oggi la più estrema forma di destra conosciuta. In quella visione politica il collettivismo socialista diventò lo strumento per l’estrema difesa ed esaltazione di una comunità nazionale definita secondo criteri razzisti e di esclusione, in netto contrasto con varie forme di internazionalismo, vere o presunte: da quello ebraico, ritenuto colpevole di agire con le sue attività capitalistiche contro gli interessi della comunità nazionale, a quello socialista, che caratterizzava ideologicamente la lotta operaia sin dai tempi di Karl Marx, secondo cui l’interesse dell’operaio non è quello della nazione in cui vive, perché in questa nazione vive anche il nemico da abbattere, il padrone capitalista. L’interesse della classe operaia è invece la solidarietà con tutti quelli che soffrono le stesse misere condizioni, al di là dei confini nazionali, i “proletari di tutto il mondo”, appunto.
Il movimento operaio, fin dalle sue origini, ha tentato di darsi una forma organizzativa internazionale e di coordinare la linea politica di tutti i partiti affiliati tramite un organo centrale. Oggi è la Socialist International (SI, Internazionale Socialista), fondata nel 1951, ad avere questa funzione, anche se nel 2013 alcuni tra i più importanti partiti affiliati, come quelli inglesi, tedeschi e italiani, hanno de facto lasciato la SI e fondato in alternativa la Progressive Alliance (PA, Alleanza Progressista). Ma problemi di orientamento e di accordo su una linea comune per la causa del movimento operaio erano presenti anche nelle organizzazione che precedettero la SI, a cominciare dalla Prima Internazionale, l’International Workingmen’s Association (IWA, Associazione Internazionale degli Operai) che nel 1872 si divise tra marxisti autoritari e anarchici libertari e si sciolse quattro anni dopo.
Più significativa fu l’esperienza della Seconda Internazionale che dal 1889 in poi raccolse le forze di ispirazione marxista e laburista. A differenza dei marxisti – dominanti nella nuova organizzazione – che puntavano sul rovesciamento dell’ordine politico per via rivoluzionaria o riformista, i laburisti (per lo più inglesi) o i “possibilisti” (in Francia) cercavano di ottenere risultati concreti per la causa degli operai a mezzo del sindacalismo, senza necessariamente entrare nel campo politico. Da lì, la tarda fondazione, nel 1906, di un partito politico unico laburista in Inghilterra, più come costola sinistra dei liberali che iniziativa dell’Internazionale.
Alcune iniziative dell’Internazionale sono rimaste fino ai giorni nostri elementi costitutivi di ogni partito che si ispira al pensiero socialista, come la lotta per la riduzione degli orari di lavoro, l’impegno per la protezione dei minori, il diritto delle donne a uguale trattamento e retribuzione (con la proclamazione nel 1910 della Giornata internazionale della donna) e l’introduzione del Primo Maggio come Festa del lavoro. Una legislazione sociale doveva garantire un’assicurazione per gli infortuni sul lavoro e la vecchiaia, primi elementi di quello che più tardi diventerà il welfare state, nonché il diritto allo sciopero. Un’altra caratteristica era il pacifismo in tempi di crescente militarismo. Secondo i socialisti gli eserciti controllati dai governi capitalisti andavano aboliti, sostituiti da milizie popolari ispirate al principio rivoluzionario della levée en masse. In tema di democratizzazione l’Internazionale adottava una duplice linea politica: in regimi già democratici (come la Francia) gli operai potevano raggiungere il potere in modo pacifico aderendo e sostenendo elettoralmente i partiti socialisti, mentre in regimi autoritari e repressivi ogni mezzo era lecito per ottenere il suffragio universale.
Sulla questione del metodo migliore per far partecipare le masse alla vita politica nacquero però aspri conflitti che spaccarono l’Internazionale socialista in una sinistra rivoluzionaria e una destra riformista. I partiti socialisti nei vari Paesi arrivarono spesso sull’orlo della scissione. Tuttavia prima della Grande Guerra soltanto in due Paesi di rilievo questa scissione si consumò davvero: nei Paesi Bassi, dove nel 1909 l’ala marxista ortodossa del prevalente Sociaal-Democratische Arbeiderspartij (SDAP, Partito Socialdemocratico degli Operai) uscì dal partito, e in Italia, con l’espulsione dei riformisti dal Partito socialista (PSI) nel 1912. Negli altri Paesi i partiti della classe operaia rimasero ancora uniti, fino all’irrompere della questione della lealtà nazionale, nel 1914, e, nel 1917, della Rivoluzione bolscevica in un Paese considerato fino a quel momento piuttosto marginale per il movimento operaio, la Russia.
Al momento delle dichiarazioni di guerra nel 1914, il Sozialdemokratische Partei Deutschlands (SPD, Partito socialdemocratico tedesco) e il Sozialdemokratische Arbeiterpartei Österreichs (SDAPÖ, Partito socialdemocratico degli operai austriaco), da una parte, e la Section Francaise de l’Internationale Ouvrière (SFIO, Sezione francese dell’Internazionale operaia) e il Partito laburista inglese, dall’altra, aderirono senza esitazioni alla causa bellica delle loro rispettive nazioni, scegliendo di mandare le proprie classi operaie, dalle quali era reclutata la gran parte degli eserciti, a uccidersi a vicenda sul campo di battaglia, invece che opporsi come fronte unito alla “guerra dei capitalisti”. L’unica eccezione fu il Partito socialista italiano, che rimase anti-interventista per tutta la durata del conflitto. La Seconda Internazionale non poteva sopravvivere a questo tradimento dei propri valori e si sciolse nel 1916, dopo che la minoranza pacifista l’aveva già abbandonata un anno prima.
Tuttavia buona parte dei partiti aderenti e sviluppatisi in quei trent’anni sotto l’egida dell’Internazionale formano ancora oggi la principale ossatura organizzativa di quello che in diversi Paesi è la sinistra democratica. Tra questi, i più longevi sono la SPD tedesca, il Partito laburista inglese, ma anche lo Sveriges socialdemokratiska arbetareparti (SAP, Partito socialista degli operai) in Svezia e – forse un po’ a sorpresa – il Partido Socialista Obrero Español (PSOE, Partito socialista operaio spagnolo). Altri partiti che hanno mantenuto una continuità socialdemocratica sono la SFIO francese, trasformatasi nel 1969 nel Parti Socialiste (PS), o la SDAPÖ austriaca, rifondatasi nel 1945 come Sozialdemokratische Partei Österreichs (SPÖ, Partito socialdemocratico austriaco). Il Belgische Werkliedenpartij/Parti Ouvrier Belge (BWP/POB, Partito operaio belga), che aveva un ruolo importante nell’Internazionale, dopo la Seconda guerra mondiale fu rinominato Belgische Socialistische Partij/Parti Socialiste Belge (BSP/PSB, Partito socialista belga), ma nel 1978 si è diviso in due partiti indipendenti, il Socialistische Partij (PS, Partito socialista) vallone e il Socialistische Partij Anders (sp.a, Partito socialista differente) nella parte fiamminga del Paese.
L’odierno Partij van de Arbeid (PvdA, Partito del lavoro) olandese, invece, è il risultato di una fusione nel 1946 – caso unico tra le socialdemocrazie in Europa – dello SDAP con la vecchia Vrijzinnig Democratische Bond (VDB, Lega libero-democratica) e con un partito protestante, la Christelijk Democratische Unie (CDU, Unione cristiano-democratica): quindi la trasformazione da partito marxista in partito laburista o social-liberale di stile inglese. Già ai tempi della Seconda Internazionale invece era fallita l’esperienza della Social Democratic Federation (SDF, Federazione socialdemocratica), un tentativo di fare del marxismo la corrente prevalente del movimento operaio in Inghilterra. Del tutto particolare è infine lo sviluppo del PSI in Italia. Rifondato nel 1942 come Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP), nel 1947 subì la scissione della sua corrente di destra che fondava il Partito socialista democratico italiano (PSDI). Entrambi, dopo una breve riunificazione negli anni Sessanta, sono stati poi travolti negli anni Novanta dallo scandalo di tangentopoli. La sinistra democratica italiana invece è rappresentata oggi dal Partito democratico (PD) che proviene da diversi mutamenti del vecchio Partito comunista italiano (PCI) avviati nel 1991 come conseguenza della caduta del Muro di Berlino, e ispirato oggi più ai Democratici americani che alla socialdemocrazia europea.

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