Bando allo “spin”, ecco i veri equilibri di potere e il ruolo dell’Italia nella nuova Commissione Ue
13 settembre 2019
Se la nuova Commissione europea e i singoli commissari incasseranno la fiducia del nuovo Parlamento, per la prima volta da quando è in vigore il trattato di Maastricht – e quindi da quando sono in vigore i vincoli europei alle politiche di bilancio nazionali – l’Italia otterrà il portafoglio agli Affari Economici. Questo portafoglio è tra i più pesanti della Commissione europea, perché include le deleghe al controllo delle politiche di bilancio nazionali e alle politiche fiscali. Nonostante questo apparente – e, da osservatore, sorprendente – risultato, oggi su molti media nazionali ed internazionali si dà un grande risalto al fatto che il neo Commissario Gentiloni sia in realtà “commissariato” dal vice presidente Dombrovskis. Da un’analisi più approfondita dei documenti pubblicati dalla Commissione europea sui nuovi assetti di potere e gestionali per il periodo 2019-2024, emerge in realtà che così non è.
Fino al 2014, le vice presidenze della Commissione europea erano un titolo puramente onorifico, concesso o ai commissari dei grandi paesi, o a quei politici che potevano vantare un lungo cursus honorum nelle istituzioni. In pratica, c’erano 27 commissari, alcuni dei quali insigniti del titolo di vice presidente, senza alcun potere aggiuntivo. Questo assetto cambia nel 2014, quando viene istituito dalla Commissione Juncker un certo numero di vice presidenze con funzioni di coordinamento. In pratica, cinque membri della Commissione europea non erano più responsabili di nessuna Direzione Generale (l’equivalente di un ministero di un governo nazionale), ma avevano il compito di coordinare le azioni degli altri commissari in alcune aree tematiche (p.e. economia, sviluppo sostenibile). Questo compito veniva accompagnato da un potere di veto: i commissari non potevano proporre iniziative nelle proprie aree di competenza senza l’assenso del vice presidente responsabile per l’area tematica. I motivi di tale innovazione erano due: i) aumentare il coordinamento interno della Commissione europea, che spesso lavora come una confederazione di repubbliche indipendenti; ii) diminuire il numero di commissari responsabili di una Direzione Generale, in quanto l’allargamento a 28 aveva portato a un’eccessiva frammentazione delle competenze.
Con la nuova Commissione von der Leyen, questo assetto cambierà di nuovo. Nella futura Commissione, rimarranno le vice presidenze con funzione di coordinamento, ma viene loro sottratto il potere di veto. Questo, di conseguenza, aumenta il potere dei singoli commissari tematici. Inoltre, la Commissione mette nero su bianco nei nuovi metodi di lavoro che il presidente sarà “il guardiano di equità, obiettività ed efficienza nel rapporto tra commissari e vice presidenti”. Traducendolo dal linguaggio criptico delle istituzioni, questa frase sembra un chiaro indizio che la Presidente delega il potere di coordinamento, ma è pronta a riprenderselo nel momento in cui dovessero sorgere conflitti.
Siccome le vice presidenze di coordinamento, senza il potere di veto, rischiano di diventare gusci vuoti – a questo proposito, è utile guardare i titoli fantasiosi e le personalità designate alle presidenze non esecutive – è stata anche introdotta la figura del ‘vice presidente esecutivo’. Attenzione però: il vice presidente esecutivo ha gli stessi poteri di coordinamento del vice presidente ‘normale’. L’unica differenza è che è anche a capo di una Direzione Generale (nel caso di Dombrovskis, la DG ‘Servizi finanziari’). Tuttavia, questa Direzione Generale non si occupa di politiche di bilancio, ma della regolazione dei mercati e degli operatori finanziari, quindi non ha diretta influenza sulle deleghe assegnate a Gentiloni. Rileva invece come, nel ruolo di coordinatore, Dombrovskis abbia meno poteri nel 2019 rispetto alla stessa carica assunta nel 2014.
Ecco i veri poteri del commissario italiano Gentiloni
Gentiloni assume su di sé le stesse deleghe su Affari Economici e Politiche Fiscali che aveva Moscovici nel 2014, con una piccola eccezione (il direttorato L della DG Affari Economici, che si occupa della Tesoreria, viene accorpato alla DG Bilancio ed Amministrazione). A differenza di Moscovici, non avrà invece la responsabilità per i Servizi Finanziari. Nella precedente Commissione, era stata originariamente affidata al Commissario britannico; dopo le sue dimissioni, a causa del referendum sulla Brexit, era stata accorpata sotto Moscovici, e ora di nuovo scorporata ed affidata a Dombrovskis. Oltre che dall’assegnazione delle deleghe, la responsabilità politica sul Patto di Stabilità emerge dalle Lettere di Missione, i documenti con cui la Presidente nomina la sua squadra e ne definisce le deleghe. In quella di Gentiloni si fa un chiaro riferimento al Patto di Stabilità. “I want you to focus on the further deepening of the Economic and Monetary Union. You will ensure the application of the Stability and Growth Pact, using the full flexibility allowed in the rules. This will help us achieve a more growth-friendly fiscal stance in the euro area and stimulate investment, while safeguarding fiscal responsibility.” Nella lettera a Dombrovskis non c’è nessun riferimento al Patto di Stabilità ed alla sua applicazione (di nuovo, sorprendentemente). La cosa che più gli si avvicina è l’incarico a coordinare la governance economica dell’UE (il cosiddetto Semestre europeo) con gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Ma questo è un compito all’acqua di rose, rispetto al chiaro mandato conferito a Gentiloni sul Patto di Stabilità.
Sulla base di questa analisi, non è possibile prevedere con certezza quale ruolo giocheranno Gentiloni, Dombrovskis e la Von der Leyen nei prossimi cinque anni. Tuttavia, a Bruxelles, la lettura delle carte e delle procedure dà spesso segnali, fumosi e felpati, sulle intenzioni delle istituzioni e dei politici che le presiedono. Siccome la Commissione rimane un animale politico che, nel 90% dei casi, si muove nel rispetto delle procedure che si dà, quanto appena descritto è un segnale che le deleghe di Gentiloni sono piene e che il suo ruolo è, sulla carta, ancora meno vincolato di quello di Moscovici.
Infine, rimane da valutare per quale motivo le analisi dei vari osservatori nazionali ed internazionali evidenzino il ruolo di ‘controllore’ di Dombrovskis, ruolo che secondo le carte esce ridimensionato nella nuova Commissione. E’ vero che la Presidente ha calcato molto, in conferenza stampa, su questo dualismo. Credo che questa sia stata una reazione “politica” alle domande dei giornalisti e alle critiche alla nomina da parte dei paesi ‘rigoristi’: uno zuccherino dato per indorare la pillola. Ma la pillola – la realtà – è che la Presidente è stata molto chiara nell’attribuzione dei poteri e, nelle lettere di incarico, nell’identificazione di chi si occupa del Patto di Stabilità e della sua applicazione: il commissario agli Affari economici, Gentiloni.