Se il contagio smette di rallentare. Riflessioni sulla diffusione del COVID-19 in Italia e sulle politiche restrittive

19 marzo 2020
Editoriale Open Society off
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Non sono un epidemiologo; tuttavia, come molti altri studiosi che usano quotidianamente l’analisi quantitativa e si occupano di problemi metodologici, da giorni e giorni non ho potuto fare a meno di cercare di analizzare i dati sull’impatto del coronavirus in Italia (dati diffusi come Open Data, con grande sforzo di trasparenza e a livello geografico dettagliato, dal Dipartimento della Protezione Civile), per cercare di capirne di più. La domanda che mi attanagliava era banale, e probabilmente l’unica che attanaglia veramente tutti noi: quanto rapidamente si va diffondendo il contagio? In termini più specifici: quant’è la velocità di crescita del contagio? Sta aumentando o diminuendo? E che differenze ci sono tra le regioni italiane?

Si tratta di domande importanti non solo per la preoccupazione di tutti noi, ma soprattutto – specie se emergono cambiamenti nel tempo – per valutare le politiche restrittive adottate finora dal governo. Una valutazione sia in termini di efficacia che in termini di ciò che ne sta a monte: l’effettività – ovvero il fatto che i cittadini rispettino davvero le disposizioni restrittive.

Il problema purtroppo – ed è questo il motivo di questo post – è che non sono ancora riuscito a trovare sui media (e nei comunicati ufficiali) un’analisi dei dati in grado di rispondere in modo chiaro, pur riconoscendo le limitazioni dei dati disponibili, a queste domande. I siti web sono pieni di numeri, di mappe, di grafici colorati e interattivi, di discussioni su sofisticati modelli statistici, ma la mia impressione è che praticamente nessuno si sia concentrato su un’analisi semplice e sistematica – nel tempo – del tasso di incremento del contagio, che cerco di proporre qui. Lo faccio con la massima umiltà, con l’unico scopo di cercare di contribuire alla conoscenza e al dibattito, e sperando vivamente di essere corretto, aggiornato e smentito da chi ha più esperienza in questo campo, soprattutto nei risultati (che non mi appaiono estremamente ottimistici).

Misurare la diffusione e l’impatto dell’epidemia

In particolare ho visto due problemi:

1) la comunicazione sui media si concentra prevalentemente su numeri assoluti, e non sui tassi di crescita.

2) aleggia a mio parere una certa ambiguità tra aumento del contagio e aumento del numero di positivi.

Spiego brevemente.

Perché i numeri assoluti possono essere fuorvianti? E perché, per capire le tendenze, bisognerebbe quindi guardare i tassi di crescita?

Premetto che i numeri assoluti non possono mai essere considerati “fuorvianti”: ogni numero in più rappresenta la vita di una persona che viene sconvolta, e le vite di chi gli è vicino che cadono nel panico. Di conseguenza monitorare quotidianamente il conto dei contagiati è fondamentale per capire e percepire la portata dell’impatto di questa epidemia sulle nostre vite. Tuttavia, per capire come funziona il contagio, è indispensabile concentrarsi sul tasso di crescita: perché ovviamente la base di contagiati (in grado di contagiare) aumenta ogni giorno, col diffondersi della malattia.
Ad esempio, ipotizziamo che ogni persona contagiata ne contagi un’altra ogni giorno (scenario molto pessimistico). In questo caso, partendo da un solo contagiato, il giorno dopo ne abbiamo due; il giorno dopo ancora ne avremo quattro (ciascuno dei due contagiati ne avrà contagiato un altro), poi otto, sedici, e così via. In questo caso il numero di casi aumenta (raddoppia) ogni giorno, ma questo raddoppio giornaliero corrisponde in realtà a un tasso di aumento dei contagiati che è costante, ed è del +100% giornaliero (ogni giorno, i contagiati sono il doppio, quindi sono aumentati esattamente di una volta rispetto al giorno prima). Per capire quindi questa caratteristica fondamentale della malattia non si deve guardare alla crescita quotidiana in numeri assoluti, ma in termini di tasso di crescita

Qual è il problema dell’ambiguità tra aumento del contagio e aumento del numero di positivi?

Per capirlo è utile guardare uno dei grafici pubblicati sul ricchissimo “cruscotto dati” collegato al sito Emergenza Coronavirus della Protezione Civile, e precisamente il grafico intitolato “Incremento giornaliero degli attualmente positivi” (Figura 1). Nel grafico si vede chiaramente che il 18 marzo si registra un aumento inferiore a quello del 17 marzo: nello specifico di 2648 positivi, mentre il giorno prima erano stati 2989.


Figura 1 – Incremento giornaliero degli attualmente positivi (fonte: Protezione Civile)

Una bella notizia: ma significa quindi che finalmente il contagio sta rallentando? Assolutamente no, purtroppo. Quel dato infatti non è il numero di nuovi casi positivi (nuovi contagi), ma la semplice differenza tra il numero di positivi del 18 marzo e il numero di positivi del 17 marzo: un dato che quindi viene influenzato anche dal numero di guarigioni (che ovviamente abbassano il numero dei positivi) e purtroppo anche dal numero di decessi (che abbassano anch’essi il numero dei positivi, perché – inevitabilmente – non vengono più conteggiati tra i positivi).

Di conseguenza il 18 marzo il monte totale dei positivi è aumentato “solo” di 2648 casi: ma questo saldo più contenuto è in realtà dovuto all’alto numero di guarigioni (1084) e di decessi (475). Se ne teniamo conto, scopriamo che i nuovi contagiati del 18 marzo sono in realtà 4207: non certo una diminuzione, ma anzi un aumento rispetto al dato del giorno prima, in cui – con lo stesso ragionamento – c’erano stati 3526 nuovi contagi. Considerando che il 17 marzo il totale dei positivi (in grado di contagiare) era di 26062, otteniamo che il tasso di crescita del contagio è stato il 18 marzo di 4207/26062, ovvero del +16,1%.

Ma qual è allora il dato “giusto”? Il grafico “Incremento giornaliero degli attualmente positivi” è sbagliato? Com’è ovvio, non esiste un dato giusto o sbagliato, ma ogni dato risponde a una diversa domanda.
È chiaro che se si vuole capire se stiamo contenendo il contagio in modo efficace (la prima e forse più importante domanda) dobbiamo guardare all’incremento dei contagiati (il dato corretto che ho proposto sopra, che il 18 marzo risulta del +16,1% rispetto al giorno prima). Viceversa, l’incremento (o decremento) del monte dei positivi (il grafico della Figura 1) ci dice se e quanto sta crescendo la pressione sul sistema sanitario, che tiene conto anche della capacità di guarire e dimettere i pazienti velocemente (e purtroppo contando anche i letti resi liberi dai decessi). Sono due domande diverse. Vediamole una per volta.

Quanto cresce il contagio? E accelera o decelera?

Torniamo quindi alla prima domanda: la crescita del contagio. A questo punto non resta che combinare i due criteri di attenzione (usare tassi di crescita percentuali; usare il dato dei nuovi contagiati invece che quello sulla crescita dei positivi) per vederne l’andamento nel tempo con tre ultime avvertenze:

a) strettamente parlando, non possiamo parlare di contagiati, ma di contagiati con sintomi (i tamponi vengono fatti solo a chi ha specifici sintomi), e questo sicuramente sottostima il contagio reale;

b) su questo punto c’è anche un problema nel confronto tra regioni, perché le politiche dei tamponi cambiano un po’ da regione a regione, quindi i dati delle diverse regioni in teoria non sarebbero sommabili in modo rigoroso. Tuttavia, il grosso della tendenza nazionale lo fa la Lombardia, quindi il problema per ora è meno rilevante; e inoltre resta sempre sensato analizzare l’andamento all’interno di ciascuna regione separatamente;

c) per poter guardare questo andamento nel tempo, bisogna però assumere che, all’interno di ogni regione, le politiche dei tamponi non siano cambiate in modo importante durante il periodo analizzato (tranne che nei primi giorni), così che resta possibile fare confronti tra diversi giorni. Finora forse questo assunto appare tutto sommato plausibile: tuttavia varie regioni hanno annunciato di voler fare screening di massa. Questo potrebbe portare nei prossimi giorni a un aumento dei positivi, che tuttavia non sarà più confrontabile coi dati dei giorni precedenti.

Con queste premesse, la figura 2 mostra l’andamento del tasso di crescita dei contagiati nelle ultime settimane (NOTA: un grafico simile è pubblicato e aggiornato su Il Sole 24 Ore, ma riporta percentuali leggermente più basse, perché le calcola sulla base dei casi totali riportati fino a quel momento – compresi guariti e deceduti – mentre, per il ragionamento di cui sopra, a mio parere il potenziale di contagio andrebbe valutato solo rispetto a chi è attualmente positivo).


Figura 2 – Tasso di crescita giornaliero dei contagiati con sintomi

Dopo le fluttuazioni iniziali (normali, con ancora pochi casi e dati forse incompleti), dal 2 marzo il tasso di crescita del contagio con sintomi è cresciuto (la crescita ha accelerato) fino a toccare un picco del 32% il 7 marzo (32% significa che se oggi i contagiati sono 100, domani saranno 132, e corrisponde a un raddoppio dei contagiati in circa 3,5 giorni). Da lì (anche ignorando la fluttuazione del 10 marzo, dovuta a dati incompleti) la crescita del contagio con sintomi ha iniziato a rallentare con regolarità fino al 16 marzo.
Tuttavia dal 16 marzo la crescita sembra avere smesso di rallentare: negli ultimi giorni il tasso di crescita è rimasto costante intorno al 15-16%: un tasso di crescita che – va ricordato – corrisponde a un raddoppio dei casi in poco meno di sei giorni.

Inevitabilmente, questa “tendenza” nazionale è in realtà la somma di diverse tendenze regionali: la Lombardia – con quasi la metà dei casi – è di fatto quella che fa il grosso della tendenza, e negli ultimi giorni appare stabile intorno a una crescita giornaliera di circa il 13% (raddoppio in poco meno di 7 giorni). L’Emilia-Romagna è su valori simili (circa il 15%), mentre in varie altre regioni si registrano alcuni aumenti. Di seguito riporto alcune figure con gli andamenti relativi alle regioni più grandi (NOTE: la Campania non aveva dati disponibili ieri; i valori superiori al 100% sono limitati artificialmente al 100% per mantenere la scala dei grafici; le didascalie non sono corrette, perché riportano “dei positivi” e invece dovrebbero riportare “dei contagiati con sintomi”).

Torniamo a questo punto alla tendenza nazionale: cosa si può quindi dedurre da questo andamento? La velocità del contagio è diminuita ma non si è annullata (sembra inchiodata a non scendere sotto il 15-16% giornaliero), e quindi il contagio non si è affatto fermato. Siamo ben lontani da “nuovi casi zero”, e il contagio continua ad avanzare. Con i ritmi attuali, i contagiati sembrano destinati a raddoppiare in circa sei giorni.

Le politiche restrittive funzionano? E sono troppo restrittive? O troppo poco?

Che rapporto c’è, allora, con gli effetti delle politiche restrittive? Considerando che il tempo di incubazione (giorni trascorsi tra contagio e sintomi) secondo l’OMS è compreso tra 1 e 14 giorni – con una prevalenza di circa 5 giorni – l’andamento osservato sembra compatibile con un effetto delle misure restrittive adottate. Il rallentamento del contagio è infatti iniziato – molto lentamente – l’8 marzo (giorno delle restrizioni in tutta Italia, anche se in alcune zone del Nord i provvedimenti erano iniziati prima o molto prima) proseguendo fino a raggiungere – il 16 marzo – quello che tuttavia ad oggi sembra un “plateau”.

Questo andamento è compatibile con un effetto di contenimento del contagio che si estende in modo progressivo. Già dal primo giorno in teoria si dovrebbe avere un effetto sui pochissimi che avrebbero sviluppato subito i sintomi, per poi estendersi a quote sempre maggiori di potenziali contagiati, che avrebbero sviluppato i sintomi fino ai 5 giorni dopo il contagio (la modalità che ci si attende più diffusa) e infine avendo effetto sui meno individui che avrebbero sviluppato il contagio ancora successivamente. Un modello simile prevede in effetti una lenta discesa fino ad assestarsi a una velocità di contagio stabile, molto più bassa o addirittura zero.

Il problema, tuttavia, è che dai dati emerge che – nel nostro caso – la destinazione finale di questo assestamento (almeno in base a questi primi tre giorni) non è un arresto totale della crescita, ma piuttosto ancora una crescita stabile dei contagiati, con un tasso sì più basso, ma ancora intorno al 15%. E la stabilità di questo tasso negli ultimi giorni (soprattutto nel caso chiave della Lombardia) fa sembrare difficile che si debbano ancora vedere ulteriori effetti del “lockdown”.

Di conseguenza è difficile pensare che non possa essere necessaria un’applicazione ancora più fiscale delle misure restrittive adottate finora, se non addirittura l’adozione di misure ancora più restrittive. Soprattutto pensando a cosa potrebbe accadere al Sud, dove si stanno osservando dei primi aumenti di crescita.

E l’impatto sul sistema sanitario? E i guariti? C’è qualche notizia positiva?

A questo punto ritorniamo all’inizio di questa analisi, ovvero alla presenza di due misure diverse, che rispondono a domande diverse. La misura che ho finora tralasciato è quella del “saldo giornaliero degli attualmente positivi” (quello visualizzato nella figura 1, presa dal “cruscotto” della Protezione Civile).

Questa non ci parla del contagio, ma ci dice tuttavia ciò che accade “a valle” di quest’ultimo. Ci dice infatti il saldo finale giornaliero del monte totale dei positivi (quindi incorporando anche guarigioni e decessi, che entrambi diminuiscono il numero dei positivi e quindi di fatto la pressione sul sistema sanitario). Anche per questo indicatore si può calcolare il tasso di crescita (saldo dei positivi del giorno / totale positivi del giorno prima), il cui andamento è riportato nella Figura 3.


Figura 3 – Tasso di crescita giornaliero degli attualmente positivi

Se si guarda il tasso di crescita di questo diverso indicatore, si vede che questo negli ultimi giorni ha visto un rallentamento più pronunciato, che ad alucni ha suggerito la possibilità di giungere nei prossimi giorni a un incremento zero o addirittura a un decremento (diminuzione del monte complessivo di casi positivi), che sarebbe dovuto al fatto che ogni giorno si registrerebbe una diminuzione di positivi superiore ai nuovi contagiati.

In realtà il dato di oggi 19 marzo (non riportato in questo grafico, ma più in basso nella visualizzazione interattiva) non ha confermato questa tendenza. Ma soprattutto il problema più importante è che – se un’eventuale crescita zero di questo trend porterebbe notizie sicuramente positive in termini di necessità di posti letto – non significa necessariamente che si sta avanzando nella lotta contro la malattia, perché una parte di qualunque eventuale calo osservato sarà in realtà dovuta – oltre che alle guarigioni – anche ai decessi. Quindi forse nei prossimi giorni varrà la pena di calcolare e monitorare anche un nuovo saldo, che esclusa i decessi da qualunque miglioramento, e che quindi confronti semplicemente le guarigioni con i nuovi contagi.

Il problema però è che – se questo porta notizie sicuramente positive in termini di necessità di posti letto – non significa necessariamente che si sta avanzando nella lotta contro la malattia, perché una parte di qualunque eventuale calo osservato sarà in realtà dovuta – oltre che alle guarigioni – anche ai decessi. Quindi forse nei prossimi giorni varrà la pena di calcolare e monitorare anche un nuovo saldo, che esclusa i decessi da qualunque miglioramento, e che quindi confronti semplicemente le guarigioni con i nuovi contagi.

E su tutto, infine, aleggia il timore che, soprattutto nelle zone più colpite della Lombardia, alle statistiche sfuggano non solo i positivi asintomatici (come ovunque) ma anche molti malati conclamati e forse anche alcuni decessi.

Stiamo a vedere. Però una cosa è certa: non è sufficiente ripetersi che #andràtuttobene . Bisognerebbe sempre ricordarsi che #andràtuttobene se (e solo se) tutti dicono (e mettono rigorosamente in pratica) #iorestoacasa . Perché dai dati sembra di capire che – mentre medici, infermieri e strutture sanitarie si stanno prodigando in ogni modo – noi cittadini fuori non stiamo ancora facendo abbastanza.

NOTA: a questo indirizzo è possibile vedere i dati aggiornati ogni giorno sui tassi di crescita dei vari indicatori forniti dalla Protezione Civile.

 

 

@lorenzodesio

L'autore

Lorenzo De Sio è professore ordinario di Scienza Politica alla Luiss, e direttore del CISE. Politologo e metodologo, ha insegnato e insegna corsi di metodologia della ricerca sociale – a tutti i livelli – alla Luiss, e li ha insegnati precedentemente nelle università di Firenze e Siena.


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