Covid-19: misure di contrasto alla disinformazione

9 aprile 2020
Editoriale Open Society off
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La crisi del Covid-19 mette in tensione l’equilibrio tra sicurezza pubblica e diritto all’informazione. Le politiche di lockdown chiedono ai cittadini di avere una grande fiducia nell’operato delle istituzioni, e questa fiducia si nutre anche dell’informazione. La credibilità delle misure adottate e la loro stessa conoscibilità sono filtrate dai media che, specie in questi giorni in cui siamo tutti chiusi in casa, sono l’unico strumento per accedere alla sfera pubblica. In questa delicata fase, la circolazione di fake news (cioè notizie false, distorte o inaccurate) sul coronavirus e sulle misure adottate per contenere il contagio rappresenta un ulteriore elemento di pericolo, dal punto di vista sociale e istituzionale: questo tipo di fake news mette infatti a rischio i rapporti tra cittadini e istituzioni, e in una certa misura anche la stessa salute dei cittadini. Dobbiamo per questo rafforzare gli interventi censori? Dobbiamo limitare i diritti di tutti per arginare le fake news? Oppure si può mettere sotto controllo la disinformazione senza mettere a repentaglio la libertà dell’informazione?

Il tema del contrasto alla disinformazione ha acquisito negli ultimi anni una notevole salienza entrando nella agenda della Commissione Europea e di molti Stati membri. Le strategie che vengono proposte mirano al rafforzamento della trasparenza nelle piattaforme online, alla promozione dell’alfabetizzazione mediatica, alla responsabilizzazione di utenti e degli operatori di settore e infine (ma non meno importante) alla promozione della ricerca sul tema. Ma non si può certo dire che si siano ancora trovate misure che consentano di operare questo delicato bilanciamento tra contrasto alla disinformazione e libertà di informazione.

L’Italia e altri Paesi europei mentre sono impegnati nella lotta al coronavirus si trovano nel contempo costretti ad arginare una nuova ondata di fake news. Per comprendere la portata del fenomeno, la Commissione europea ha predisposto un database sul sito che permette di visualizzare un catalogo di contenuti fake rilevati. Il catalogo delle fake news non è di facile compilazione, perché le notizie false o inaccurate proliferano costantemente e a volte seguono percorsi sottotraccia (ad esempio, tramite condivisioni su app di messaggistica). Ma questo non vuol dire che siano invisibili agli occhi dei cittadini e delle istituzioni preposte a governare la crisi del Covid-19.

Il governo si è impegnato da subito in operazioni di trasparenza e debunking. Proprio in questi giorni ha preso il via una task force chiamata Unità per il monitoraggio contro la diffusione delle fake news, presieduta dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’informazione, Andrea Martella. Anche se non è ancora chiaro quali poteri avrà, la task force intende riunire una serie di esperti del web e dell’informazione per far sì che i diversi ministeri, l’AGCOM e la Protezione Civile possano coordinare le loro azioni di contrasto alle fake news.

Il Ministero della Salute italiano ha evidenziato come la diffusione di fake news possa nuocere alla strategia di contenimento del virus e all’adesione dei cittadini al regime di lockdown. Per questo ha adottato delle contromisure che hanno l’obiettivo di fornire ai cittadini informazioni corrette e al tempo stesso di consentire loro di identificare le fake news più frequenti (debunking). Tra le prime contromisure, il Ministero ha avviato una partnership con i maggiori motori di ricerca per riorganizzare i risultati presenti sulla pagina. Dopo aver digitato la parola “virus”, ad esempio, il motore di ricerca restituisce per primi i link alle istituzioni sanitarie (italiane e internazionali, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità) e suddivide i risultati in sintomi, prevenzione e cure, utilizzando contenuti certificati come attendibili, quando non direttamente ufficiali. Per quanto riguarda il secondo tipo di contromisure, volte a demistificare le fake news per offrire ai cittadini un orientamento corretto in materia di Covid-19, lo stesso Ministero ha compilato una lista delle notizie false più ricorrenti, segno di un’evidente attenzione a monitorare la situazione giorno per giorno (disponibile alla pagina Covid-19 – Attenti alle bufale).

Un’altra istituzione sta conducendo una simile operazione di contrasto: l’AGCOM (Autorità Garante per le Comunicazioni). L’Autorità ha avviato un Osservatorio sulla disinformazione online nei primi mesi del 2019, pubblicando rapporti con cadenza trimestrale, inviando informative ai ministeri, coinvolgendo diversi stakeholder nei tavoli di lavoro per lo studio di policy di contrasto più specifiche in materia, e soprattutto formulando una checklist di controlli che il cittadino può attuare per verificare le notizie. Più recentemente, il tavolo Piattaforme digitali e big data istituito dall’AGCOM con una logica multistakeholder, cui partecipano anche i provider di servizi digitali come Facebook, ha promosso l’avvio di un servizio di fact-checking collaborativo anche su WhatsApp, un territorio finora completamente esposto alla circolazione di fake news. Tutto questo lavoro non segue una logica emergenziale, ma anzi propone di estendere lo sguardo delle misure di contrasto inserendo la media literacy tra le priorità. L’ultimo rapporto dell’Osservatorio sulla disinformazione online istituito dall’AGCOM, pubblicato il 1° aprile 2020, è focalizzato proprio sul Coronavirus. L’Autorità ha osservato che lo spostamento dell’attenzione dei media sull’emergenza sanitaria corrisponde a un parallelo spostamento della disinformazione. Nonostante ciò, si attesta attorno al 5% il rapporto medio tra disinformazione e informazione corretta, evidenziando un trend in diminuzione nel corso delle settimane. Ciò restituisce l’efficacia delle contromisure intraprese dalle istituzioni (e dai media) per limitare la propagazione delle fake news.

Infine, anche i media cercano di fare la loro parte per contrastare la diffusione di fake news, soprattutto in un momento delicato come questo. Non mancano esempi di quotidiani e testate online che hanno creato rubriche (quando non intere sezioni del loro sito) per denunciare i tentativi di disinformazione.

La strada per uscire dalla crisi del Covid-19 ha condotto le società democratiche di fronte ad un bivio. L’OCSE ha recentemente sottolineato come la fiducia dei cittadini sia il presupposto necessario per l’efficacia delle misure di contenimento, quarantena e lockdown che determinano una flessione di alcune libertà fondamentali dei cittadini. Quindi è essenziale combattere la disinformazione nella misura in cui mira a colpire proprio la fiducia dei cittadini nell’azione delle istituzioni. Per questo è importante che il governo adotti azioni di breve termine, volte a garantire controllo, accuratezza e trasparenza delle informazioni che circolano nel dibattito pubblico. Occorre anche progettare interventi di più ampio respiro, che rafforzino l’esercizio di una cittadinanza consapevole non solo dei propri diritti ma anche del ruolo cruciale che ciascuno di noi svolge nel processo democratico, anche e specialmente nei periodi crisi. Ma è la buona informazione a contrastare quella cattiva. Un intervento di tipo censorio avrebbe il solo risultato di allontanare ulteriormente i cittadini dalle istituzioni, oltre che di minare la credibilità dell’azione del Governo. E di privarci di un pezzo importante della nostra libertà.

Questo intervento è una riflessione che si basa sulla ricerca “Oltre il nudging”, diretta da Leonardo Morlino e finanziata dalla Associazione ‘Amici della Luiss’.

 

 

Gli autori

Alessandro Natalini è Professore associato in Scienza Politica al Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Parthenope di Napoli


Donatella Selva è Post-doc researcher presso il Center for Conflict and Participation Studies, Luiss


Michele Barbieri è dottorando di ricerca presso l’Università degli Studi di Napoli Parthenope


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