Le conseguenze politiche del Coronavirus
10 aprile 2020
In questi giorni pieni di incertezze si accavallano diverse domande. Ad alcune potranno rispondere – ma forse non in tempi ravvicinati – gli scienziati impegnati nel ricostruire tutti i numerosi e rilevanti aspetti dell’epidemia in corso, nel trovare e sperimentare i modi di curare la relativa malattia, nello scoprire il vaccino che potrebbe liberarci da un incubo collettivo. Altre domande riguardano le conseguenze sociali, economiche, culturali attese. Tra le poche sicurezze che abbiamo ora è che non ci sarà ambito della nostra vita che non sarà investito dalla crisi profonda che stiamo vivendo. Restando nel proprio orticello, quali saranno le conseguenze politiche principali su cui fissare la nostra attenzione?
Una famosa novella di Tolstoj è intitolata, eloquentemente, “Agli uomini non è dato di conoscere il futuro”. Tuttavia, sulle conseguenze politiche delle crisi economiche abbiamo qualche analisi. E quella che stiamo vivendo è anche già ora, e lo sarà ancora di più, una crisi economica. Come abbiamo visto, a seguito della crisi iniziata nel 2008, protratta per diversi anni, e poi seguita da stagnazione fino a ieri, almeno in Italia, l’impatto sulla democrazia è stato un ‘effetto catalizzatore’. Più precisamente, a differenza di quanto si sostiene, di solito, in economia ovvero che le crisi producano una distruzione creatrice, in politica le crisi economiche amplificano e accelerano tendenze e fattori più o meno latenti, ma comunque già presenti nel sistema politico. L’effetto catalizzatore comporta connessioni tra condizioni già esistenti e la realtà presente tale che alcuni aspetti ne risultano approfonditi e accelerati, e altri messi da parte.
Ad esempio, proprio la crisi economica del 2008 ha ingigantito tendenze latenti che erano già presenti nei sistemi partitici e nei modelli di relazione tra cittadini e istituzioni, e allo stesso tempo ha inciso sulla capacità di gestione della crisi, introducendo e allargando la distanza già preesistente delle istituzioni rappresentative verso i cittadini. Inoltre, il sovraccarico creato dai vincoli alla spesa pubblica e le pressioni provenienti dalle organizzazioni internazionali hanno indebolito quei collegamenti clientelari e distributivi che erano al centro della costruzione del consenso nelle nostre democrazie. Come ulteriori conseguenze, c’è stata una più radicale destrutturazione delle radici sociali dei partiti tradizionali e allo stesso tempo si sono poste le basi per il successo di nuovi partiti sfidanti, i cosiddetti partiti populisti.
Si potrebbe obiettare che la crisi che stiamo vivendo è assai più profonda e diffusa di tutte le crisi ‘solo’ economiche che abbiamo avuto in passato e di cui abbiamo studiato anche le conseguenze. Dunque, potrebbe esserci non ‘semplicemente’ un effetto catalizzatore in cui comunque quello che esisteva prima rimane decisivo. E dovremmo tornare a Schumpeter e alla distruzione creatrice. In questo senso, non avremmo alcuna possibilità di intravedere le conseguenze politiche di questa crisi.
Tale obiezione apparentemente assai convincente viene, però, superata da una considerazione che sta pure sotto gli occhi di tutti: stiamo vivendo una fase di sospensione della politica in cui altro occupa tutto lo spazio pubblico, Soprattutto, amministrazione e conoscenze epidemiologiche. Quando questa fase terminerà, la politica tornerà in pieno. Ma trasformata come? Se stiamo alle tendenze preesistenti e al loro approfondimento e accelerazione che possiamo aspettarci?
Ovviamente non lo possiamo sapere con precisione, come ci ricordava Tolstoj. Possiamo, però, porci la domanda centrale e più rilevante: le nostre democrazie riusciranno a garantire meglio o peggio di prima libertà ed eguaglianza? Il punto è particolarmente rilevante non solo in sé stesso ma anche perché in quegli ambiti, così importanti, l’effetto catalizzatore si può vedere bene.
Cominciamo dalle libertà. Nei nostri paesi l’ondata di sviluppo tecnologico non si è tradotta in un miglioramento delle libertà individuali, in particolare per quanto riguarda la protezione della privacy, la libertà di accesso alle informazioni e la libertà di movimento. Inoltre, nonostante il vantaggio innegabile di avere una gamma potenzialmente infinita di informazioni e di poter accedere a una pluralità di fonti di informazione, i cittadini cadono facilmente vittime delle cosiddette fake news, al punto che sia l’Unione Europea che diverse democrazie hanno promosso provvedimenti per contenere questo fenomeno. Inoltre, quando vi è stata negli USA e poi in Francia, Spagna, Germania e altri paesi l’esperienza del terrorismo di origini islamiche, i provvedimenti governativi hanno messo nettamente in primo piano la sicurezza rispetto alle libertà. Ora, con tutta evidenza, il modo di affrontare la profonda crisi che stiamo vivendo sta accentuando sia il ruolo dell’informatica che la prevalenza della sicurezza sulla libertà. Quando usciremo da questa situazione, le condizioni strutturali che rendono più complessa la protezione delle libertà e le scelte politiche che le hanno messe in secondo piano saranno presenti nel nostro modo di vivere la democrazia. Tornare indietro non sarà facile, come si può già vedere dagli ampi poteri a tempo indeterminato appena attribuiti dal parlamento ungherese a Órban.
Un’analisi simile si può fare per l’uguaglianza, e soprattutto per la crescita dei livelli di povertà. La crisi economica l’ha accentuata in tutti i paesi che ne sono stati investiti. Ad esempio, uno degli aspetti connessi, cioè gli effetti negativi della contrazione delle spese per la salute si vedono bene nelle difficoltà ad affrontare la pandemia. A differenza delle epidemie del passato che avevano un effetto livellatore, l’attuale pandemia sta causando altre e più estreme disuguaglianze. Ma soprattutto creerà problemi seri di povertà che si aggiungeranno a quelli esistenti. Insomma, anche in questo caso l’effetto catalizzatore emerge.
Per concludere sarà questa la sfida principale che avranno le nostre democrazie. Ma forse una piena consapevolezza di questi impatti e una buona capacità di reazione potrebbero anche migliorare il nostro modo di affrontare i problemi connessi e in questo senso migliorare le nostre democrazie. Lo vedremo.
Newsletter
Articoli correlati
Quale mondo dopo la pandemia?
16 giugno 2021
Poiché la pandemia ha le caratteristiche di una guerra, occorre delineare le nuove strutture del mondo post-pandemico. Nel 2008, si trattava di ritornare al mondo precedente la crisi finanziaria, nel 2021 si tratta di ridefinire il mondo che emergerà dalla pandemia. Quali sono le sfide economiche e politiche da affrontare?
Ecco a quali condizioni l’Italia potrà avere una crescita duratura
10 giugno 2021
Il risparmio congelato e la domanda che lentamente si risveglia, i colli di bottiglia dell’offerta tra rialzo dei prezzi delle materie prime e carenze di formazione della forza lavoro. La fisionomia della ripresa economica che attende l’Italia descritta dal professore Stefano Manzocchi.
La svolta al centro di Salvini
9 giugno 2021
È ancora difficile, oggi, sapere per certo se la «convergenza» fra la Lega e Forza Italia accadrà davvero e, se lo farà, che forma prenderà esattamente. Un accordo di cooperazione politica non è una federazione, una federazione non è un partito unico: i dettagli restano fondamentali.
La distanza tra proclami e realtà
7 giugno 2021
la distinzione classica tra destra e sinistra è basata sull’equazione destra predilige libertà là dove sinistra opta per eguaglianza. Tale distinzione, magari tradizionale ma non obsoleta invita a ritenere che la sinistra dovrebbe stare dalla parte dei poveri e degli emarginati. Ma è davvero così nell’Italia di oggi?