Gli effetti delle misure di contenimento del virus sulle ‘global value chains’

14 aprile 2020
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Le catene globali del valore (global value chains, GVC) rappresentano il principale veicolo dell’integrazione industriale ed economica mondiale e uno dei più importanti meccanismi di trasmissione internazionale degli shock economici. In presenza di una pandemia, l’interconnessione non solo facilita la diffusione dei contagi da virus, ma propaga tra un Paese e l’altro gli shock da offerta (chiusura delle attività produttive per il contenimento dei contagi) e da domanda (riduzione del reddito disponibile in conseguenza del lockdown).

Nelle prime fasi di diffusione del Covid-19 in Cina, l’UNCTAD ha stimato gli effetti economici indiretti che la chiusura delle attività produttive nell’area di Wuhan avrebbe avuto in altri Paesi attraverso le GVC. La riduzione negli investimenti diretti esteri in base ai dati di inizio marzo è stata quantificata in un intervallo compreso tra il 5% e il 15%, ben al di sotto di quella verificatasi in seguito alla crisi finanziaria del 2008. Tuttavia, in seguito alla diffusione dei contagi negli Stati Uniti e in Europa, le stime più recenti pubblicate nell’Investment Trends Monitor di marzo indicano riduzioni molto più significative con valori compresi tra il 30% e il 40% nel 2020 e nel 2021.  Inoltre, la diffusione del virus nel resto del mondo crea un contagio economico di ritorno con effetti negativi sulla stessa Cina la cui economia ha un alto grado di interconnessione con tutti i grandi produttori mondiali di beni manufatti.

L’impatto dell’interruzione delle attività produttive di un determinato settore e Paese si ripercuote in altri settori e Paesi attraverso le catene globali del valore. In particolare, secondo la nota mensile di marzo sull’andamento dell’economia italiana dell’ISTAT, nel nostro Paese il lockdown coinvolge l’attività di 2,2 milioni di imprese (il 49% del totale, il 65% delle imprese esportatrici) che generano occupazione per 7,4 milioni di addetti. Un’attenta valutazione degli effetti del lockdown deve tenere in considerazione l’impatto su tutta la filiera e le ripercussioni in Italia di politiche di contenimento simili adottate in altri Paesi.  Attraverso le tavole input-output è possibile avere un’idea del grado di interconnessione tra settori e Paesi che può aiutare a stimare gli effetti diretti e indiretti delle politiche di contenimento del virus e fornire informazioni utili per il coordinamento della riapertura delle attività.

Nel caso dell’Italia i dati del Trade in Value Added (TiVA) dell’OCSE suggeriscono che i settori nei quali la percentuale di valore aggiunto estero contenuto nelle esportazioni è più elevata sono petrolio e prodotti raffinati (68,3%), metalli (35,2%) e mezzi di trasporto (35%); mentre i comparti che hanno generato la quota maggiore di valore aggiunto domestico per le esportazioni sono il commercio (11,6%), le macchine e attrezzature (10,3%) e il settore tessile (5,6%). I principali Paesi di destinazione del valore aggiunto italiano sono gli Stati Uniti (12,9%), la Germania (8,8%) e la Francia (8,2%); mentre l’Italia importa valore aggiunto prevalentemente dalla Germania (12,3%), dalla Francia (8,8%) e dalla Cina (7,2%).

L’importanza delle filiere produttive è emersa chiaramente in riferimento alla fornitura di dispositivi medici essenziali per la cura e la protezione dal Covid-19. La fornitura di questi dispositivi dipende dal funzionamento dell’intera filiera produttiva che comprende attività a monte e a valle dislocate in Paesi diversi. Nel caso dell’Italia l’unica realtà attiva nella produzione di ventilatori polmonari, la SIARE Engineering di Valsamoggia in provincia di Bologna, per poter incrementare la produzione ha iniziato a collaborare con Ferrari, FCA Torino e Magneti Marelli al fine di ottenere i componenti strategici per la produzione del ventilatore (Ferrari si sta occupando dei componenti elettrici, FCA e Magneti Marelli di assemblaggio e meccanica di alcune componenti essenziali). La complessità delle filiere, tuttavia, suggerisce che difficilmente i Paesi potranno produrre internamente tutti i componenti, mentre sarà necessario un rafforzamento del coordinamento internazionale per lo meno a livello di grandi aree regionali.

L’attenzione alle filiere produttive non si deve limitare al comparto medico, ma è fondamentale anche per pianificare efficacemente la riapertura delle attività produttive. Alcuni modelli di simulazione suggeriscono che la sincronizzazione delle riaperture nei diversi nodi delle GVC è il principale strumento per contenere il calo di produzione globale. Uno stretto coordinamento a livello internazionale è necessario al fine di minimizzare i rischi legati all’interruzione delle forniture che potrebbero vanificare gli sforzi di ripartenza dei singoli Paesi. La velocità della ripresa sarà fortemente condizionata non soltanto dall’efficacia delle politiche monetarie e fiscali, ma anche dal successo nel coordinamento delle politiche industriali a livello regionale e globale.

 

Gli autori

Valentina Meliciani insegna Economia Applicata alla Luiss.


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Cecilia Jona-Lasinio è Senior Researcher at the Econometric Studies and Economic Forecasting Division at the Italian Statistical Institute (ISTAT) e Adjunct Professor of International economics alla Luiss Guido Carli


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