Uno sguardo verso la fase 3: gli aspetti da privilegiare per ripartire

28 aprile 2020
Editoriale Focus Ripresa
FacebookFacebook MessengerTwitterLinkedInWhatsAppEmail

Da molti giorni si dibatte su quali aspetti privilegiare per elaborare un’immediata ed efficace ripartenza. Innanzitutto, è doveroso ricordare che la nostra industria manifatturiera, che ci ha reso famosi nel mondo, non può rimanere ferma ancora per molto perché i nostri concorrenti si affretteranno a occupare gli spazi lasciati vuoti. Penso alla moda, al design, alla meccanica, e a molti altri settori industriali. Devono fare tesoro di questa terribile esperienza per accentuare gli aspetti di sostenibilità sociale. In secondo luogo, è importante non trascurare l’aspetto sanitario: è fondamentale progettare una serie di misure che mettano insieme il distanziamento, l’uso di mezzi di protezione, le modalità di utilizzazione degli spazi comuni, e soprattutto il controllo della mobilità. È stato accertato che una delle maggiori fonti di contagio è rappresentata dai mezzi di trasporto pubblico. È molto importante pensare fin da ora a una fase 3 che consenta di resettare il Paese, ripensando agli aspetti istituzionali che hanno rivelato tutta la loro inefficienza nella crisi: penso alla burocrazia o al rapporto Stato-Regione, che ha dimostrato tutta la sua criticità. Direi che l’espressione “programmazione integrata” possa rendere il concetto. Nell’emergenza, cedere all’improvvisazione o cadere nella tentazione di far prevalere l’uno o l’altro degli interessi in gioco – salute, libertà, lavoro, tutti tutelati dalla Costituzione – sarebbe un errore irrimediabile.

Venendo ad un aspetto più prettamente economico, sono necessarie immediate immissioni di liquidità a favore delle piccole e medie imprese. Ovviamente, bisogna evitare due errori: finanziare imprese che hanno accumulato debiti nel passato e pensano ora di sfruttare l’occasione solo per ripianarli; intervenire troppo tardi, consentendo alla criminalità di investire nelle imprese in difficoltà, di fornire loro prestiti usurari o addirittura di acquisirne la proprietà a prezzi da saldo. Per evitare che ciò avvenga occorre predisporre, come stiamo suggerendo con un gruppo di professionisti, una normativa che integri la disciplina dei finanziamenti garantiti dallo Stato, alleggerendo la fase della erogazione del credito e intensificando le verifiche sulla sua utilizzazione. Il primo risultato lo si può ottenere richiedendo una autocertificazione sulla situazione patrimoniale e sulla destinazione del denaro per finalità produttive. Il secondo, estendendo ai finanziamenti garantiti le norme penali che sanzionano l’utilizzo indebito di risorse pubbliche. Quanto poi ai controlli antiriciclaggio, la lunga e sanguinosa battaglia condotta dall’Italia contro la criminalità organizzata ci ha dotato di una delle normative più complete per prevenire l’uso del denaro sporco, per individuare i fenomeni di money laundering e per colpire gli episodi di inquinamento dell’economia. In questo senso è importante tenere presente che la delinquenza è molto più rapida del sistema pubblico anche perché ha una immensa e immediata liquidità derivante da attività illecite. La soluzione è sempre quella suggerita dal giudice Falcone: seguire le tracce del denaro e tagliare l’erba sotto i piedi della delinquenza organizzata. Non si tratta di un problema solo italiano perché il percorso del denaro sporco va ben oltre i confini nazionali e alimenta fenomeni estesi, come il finanziamento al terrorismo. Se pensiamo agli immigranti, oggi in situazioni di ancor maggiori isolamento e bisogno economico, possiamo immaginarli come facile preda di organizzazioni criminali pronte a fornire denaro e cibo per fare proseliti.

Bisogna poi cercare di velocizzare gli iter della pubblica amministrazione: risolvere da una parte un problema di procedura e dall’altra un problema di interpretazione delle norme. Dal punto di vista della procedura il modello tedesco potrebbe essere un buon esempio: procedimenti molto snelli, semplificati nella fase di autorizzazione, ma accompagnati da grande rigore nell’eventuale applicazione di sanzioni. Dal punto di vista dell’enforcement della norma, l’emergenza ha evidenziato che ci siamo dotati di un enorme numero di regole formali che nuocciono all’efficienza e alla trasparenza degli organismi pubblici. I quali, a loro volta, esitano a prendere decisioni perché preoccupati da interpretazioni giurisprudenziali formalistiche particolarmente allarmanti se riferite a norme penali. Sotto quest’ultimo aspetto, un’ulteriore riforma del reato di abuso di ufficio è auspicata da molti.

Infine, è importante fronteggiare l’hakeraggio. Noi cittadini comuni, soprattutto in questo periodo in cui l’uso del web è così diffuso, dobbiamo rigorosamente attenerci alla regola di non entrare mai in siti non conosciuti, non certificati o basati in Paesi difficilmente monitorabili. Comportamenti poco attenti portano agli hacker una massa enorme di dati che poi vengono venduti ad un mercato avido di preziose informazioni sulla nostra identità. Per quanto riguarda le banche e il mondo della finanza e delle imprese, l’invito è a collaborare con le autorità, in primo luogo la Polizia Postale per denunciare gli attacchi ricevuti. Per farlo occorre superare una pur comprensibile ritrosia derivante dal timore che la propria reputazione venga compromessa dalla scoperta che il proprio sistema informatico non ha retto all’attacco. Ma bisogna ricordare che i vantaggi che si hanno con una tempestiva denuncia sono molto maggiori.

Ad oggi gli italiani hanno dato grande prova di coraggio, di disciplina e di generosità, come è già accaduto in altri momenti difficili. Molti altri Paesi si sono ispirati al nostro modello di lockdown. Ora bisogna cercare di stabilizzare queste doti, utilizzandole anche nel momento, speriamo vicino, in cui torneremo alla normalità. L’emergenza ci ha in parte consentito di allontanarci dalle quotidiane e a volte meschine contrapposizioni per concentrarci sui temi veri della lotta all’epidemia, del sacrificio di medici ed infermieri, del dramma della morte lontani dagli affetti, del disagio per la parziale privazione di libertà, del problema delle classi più deboli, della tragica sorte di artigiani e negozianti. Come spesso avviene dopo uno shock tanto forte, si cercherà di costruire un mondo più attento alle esigenze delle persone e delle famiglie, più concentrato sulla sostenibilità ambientale e sociale, più proteso verso la solidarietà, più pronto a sfruttare le grandi opportunità del digitale. Credo però che la componente educativa e quella umana siano fondamentali: dovremo saper formare e scegliere donne e uomini capaci di dimostrare che queste opportunità possono diventare reali e stabili, non dimenticando troppo presto quello che è accaduto e quanto fragili fossero le basi sulle quali abbiamo costruito la nostra sicurezza economica e sociale.

Questo articolo è precedentemente apparso su La Stampa sottoforma di intervista il 19 aprile 2020. Riprodotto per gentile concessione.

L'autore

Vice Presidente della Luiss Guido Carli con delega alla promozione delle Relazioni Internazionali.


Newsletter