La Ricerca del multilateralismo: il ruolo internazionale dell’UE ai tempi del Covid-19

4 giugno 2020
Editoriale Focus Ripresa
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Siamo quello che facciamo ripetutamente, scriveva Aristotele. Tuttavia, se i paradigmi comportamentali in cui si collocano le nostre azioni vengono sbaragliati, inevitabilmente non solo le azioni che compiamo nel tempo, ma anche la nostra identità subiranno un processo di trasformazione. La pandemia da Covid-19 ha stravolto questi paradigmi sia per gli individui, che per gli attori nazionali ed internazionali. Se in psicoanalisi si direbbe che ciò potrebbe generare un momento di metànoia, in gergo politologico si parlerebbe di una critical juncture.

Non è ancora chiaro se l’attuale pandemia costituirà effettivamente una critical juncture per la politica estera dell’UE, o se tale ridefinizione s’inserirà in un paradigma precedentemente esistente. Recentemente, l’Alto Rappresentante dell’UE per la Politica Estera, Joseph Borrell, ha scritto ad esempio che nel mondo del dopo-Covid sarà necessario riabilitare la governance globale.  Una delle caratteristiche qualificanti dell’UE in politica estera è proprio il multilateralismo. A partire dalla fine della Guerra Fredda, l’UE si è posta come attore multilaterale in contrapposizione ad altri attori internazionali. Tuttavia, nonostante la Strategia Globale dell’UE del 2016 abbia ribadito l’impegno di Bruxelles al riguardo, le crisi multiple che l’Unione ha affrontato negli ultimi dieci anni hanno evidenziato quanto sia difficile la ricerca del multilateralismo.

Come puntualmente affermato da Caporaso, le interazioni cooperative non sono gli unici elementi costitutivi di un ordine multilaterale. Perché un sistema sia multilaterale, tali interazioni devono essere caratterizzate da – o perseguire – dei principi e dei valori. Sarebbe quindi inopportuno considerare l’Accordo stipulato dall’UE con la Turchia nel 2016 come espressione di multilateralismo, viste le ripetute violazioni dei diritti umani nei campi che ospitano migranti e rifugiati. Allo stesso tempo, sarebbe un’eccessiva semplificazione argomentare che l’adesione ad una visione multilaterale delle relazioni internazionali comporti un’immolazione sull’altare di ideali normativi a discapito di aspetti pratici, come la gestione dei flussi migratori e l’integrazione sociale dei nuovi arrivati.

Senz’altro il multilateralismo, e con esso il ruolo internazionale dell’UE, era in crisi da tempo. Tuttavia, il Covid-19 ha catalizzato le dinamiche di tale crisi, sia nelle interazioni fra attori internazionali che in termini valoriali. Prima di tutto, il multipolarismo è sempre più dirompente nell’arena politica internazionale. Per la prima volta, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non ha reagito con un’azione comune contro una pandemia. Il 9 maggio 2020, gli USA hanno posto il veto su una risoluzione che avrebbe previsto un cessate-il-fuoco nelle aree di conflitto per permettere una gestione efficiente dell’attuale emergenza sanitaria. Poco prima, Washington aveva sospeso i fondi all’Organizzazione Mondiale della Sanità, accusata di eccessiva tolleranza nei confronti di Pechino. La Cina, invece, è impegnata in operazioni di propaganda globale e di offerte d’aiuto a paesi in via di sviluppo, nel malcelato tentativo di affermare la propria leadership globale.

In secondo luogo, è in corso una progressiva erosione dei drivers valoriali propri dell’ordine liberale. Gli Stati Uniti non giocano più il ruolo di egemone benevolo come in passato. Non solo Donald Trump ha accusato la Cina di aver creato il virus in laboratorio nonostante la sua stessa intelligence avesse escluso tale ipotesi. Ma il futuro vaccino è stato oggetto di un maldestro tentativo di acquisizione da parte della presidenza americana. Quest’ultima ha anche inasprito le sanzioni verso l’Iran, per piegare il regime in un momento di difficoltà. Nel mentre, in democrazie relativamente giovani come l’Ungheria e la Serbia, il modello illiberale di governance, più affine al cosiddetto Beijng consensus che a quello rappresentato dall’UE, si è affermato nella gestione dell’emergenza sanitaria. Basti pensare alla sospensione di fatto del parlamento da parte di Viktor Orban, oppure alla severa sorveglianza imposta da Aleksandar Vučić ai cittadini serbi.

Su questo sfondo, l’UE dovrà necessariamente affrontare una ridefinizione del proprio ruolo, in particolare nel vicinato. Dopo aver annunciato il proprio impegno verso lo sviluppo di una democrazia profonda in risposta all’inizio della transizione politica nel 2010-2011 in Nord Africa e Medio Oriente, l’UE è tornata a sostenere una resilienza autoritaria nella regione. Il crollo del prezzo del petrolio causato dalla pandemia potrebbe catalizzare la fragilità socio-politica dei paesi della sponda sud del Mediterraneo. Inoltre, i conflitti in Siria e Yemen potrebbero impedire la gestione di un’emergenza sanitaria, soprattutto se scoppiasse nei campi rifugiati. Se ciò accadesse, e se l’emergenza esplodesse anche nell’Africa Sub-Sahariana, per temperare le ricadute negative sul continente europeo, non basterebbe rafforzare il controllo dei confini esterni dell’UE – una tendenza già evidente nel recente passaggio di consegne dalla missione navale dell’UE Sophia alla nuova missione Irini -. Non solo perché l’efficienza della gestione dei conflitti e il controllo dei confini sarebbe essa stessa inficiata dalla diffusione del virus. Ma anche perché, come ha dimostrato l’avvento del cosiddetto stato islamico, gli stati falliti costituiscono nel medio-lungo termine terreno fertile per criminalità organizzata, reti terroristiche e traffico di migranti.

Per quanto riguarda i Balcani Occidentali, nonostante l’UE abbia ribadito il proprio impegno a garantire loro una prospettiva europea in occasione del recente Summit di Zagabria, i paesi della regione stanno gradualmente perdendo fiducia nel processo di allargamento. Cina, Russia e USA, nel mentre, stanno approfittando delle difficoltà sanitarie dei paesi europei per aumentare – o rafforzare – le proprie sfere d’influenza nella regione.

Il multilateralismo potrebbe essere la risposta adeguata alla complessità delle sfide che l’UE dovrà affrontare. Tuttavia, l’ordine multilaterale che l’UE dovrà perseguire dovrà necessariamente emergere dalla ricerca di un equilibrio tra cooperazione internazionale, che se non controllata genera una globalizzazione sfrenata, ed una dimensione valoriale, che se non calibrata sfocia in un irrealizzabile idealismo.

 

 

L'autore

Maria Giulia Amadio Viceré è assegnista di ricerca e docente presso il Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss. Allo stesso tempo, è ricercatrice associata presso l’Istituto Affari Internazionali (IAI). In precedenza è stata Assistant Professor all’Università di Leida (Paesi Bassi). Nel 2020 è stata vincitrice di una Marie Curie Individual Fellowship, da svolgersi presso il Robert Schuman Centre for Advanced Studies, basato allo European University Institute.


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