Servizi segreti e diritti fondamentali. A proposito di una sentenza del Tribunale costituzionale tedesco

8 giugno 2020
Editoriale Open Society off
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Il 19 maggio 2020 il Tribunale costituzionale federale tedesco ha adottato una sentenza di grandissimo rilievo (1 BvR 2835/17). Se qualche giorno prima, il 5 maggio 2020, lo stesso Tribunale non avesse assunto un’altra storica decisione nei confronti dell’Unione europea (2 BvR 859/15), mettendo in allarme i governi di mezza Europa, questa pronuncia avrebbe avuto l’attenzione che merita. Per comprenderne la portata bisogna leggerla utilizzando più lenti, non solo quelle utili per il contesto tedesco, ma soprattutto quelle che permettono di cogliere i nessi, invisibili ma presenti, con pronunce di altri organi giurisdizionali sovranazionali e internazionali.

Procediamo con ordine. La sentenza si occupa dei poteri di sorveglianza che la legge tedesca del 2016 relativa alle informazioni sulle telecomunicazioni dall’estero e sull’estero (Gesetz zur Ausland-Ausland Fernmeldeaufklärung des Bundesnachrichtendienst, dicembre 2016) attribuisce ai servizi segreti. La pronuncia è stata provocata dai ricorsi di giornalisti attivi nelle denunce delle violazioni di diritti umani nelle zone di guerra e, in genere, nei regimi autoritari. La particolarità dei ricorsi è accentuata dalla circostanza che ben sette ricorrenti su otto sono cittadini stranieri.

Anticipando l’esito del giudizio, il Tribunale ha ritenuto che varie disposizioni della legge si ponessero in contrasto con la Costituzione tedesca, in particolare con gli artt. 10, c.1, e 5, c.1, al.2, che tutelano rispettivamente il segreto delle telecomunicazioni e la libertà di stampa e d’informazione. Ecco i principali punti critici della legge (113-120; nota: da ora i numeri in parentesi indicano la numerazione dei paragrafi). In primo luogo, a provocare la reazione del giudice costituzionale vi è il potere dei servizi di registrare il traffico telecomunicativo attraverso la captazione di segnali satellitari e la registrazione di dati della telefonia fissa con propri dispositivi ovvero chiedendo ausilio ai gestori (art.6); nonché il potere di raccogliere dati personali anche nell’ambito di cooperazione con servizi stranieri (art.14). Tali poteri incidono sulla sfera giuridica dei ricorrenti stranieri; ma, in ragione del fatto che allo stato attuale della tecnica non è possibile filtrare automaticamente i dati dei cittadini tedeschi, essi concretizzano una violazione dell’art.10 LF anche nei confronti di questi ultimi. Altre violazioni dei due richiamati diritti fondamentali si annidano nel potere di sottoporre ad esame dati già raccolti nonché in quello di utilizzare termini-chiave per il rinvenimento di dati sui contenuti. Ulteriori violazioni sono rinvenute nel potere di trasmissione dei risultati del controllo riguardanti dati personali, previsto dall’art.24, ad altre autorità su loro richiesta. Anche la trasmissione automatica di informazioni a istituzioni straniere, prevista dall’art.15 nell’ambito della cooperazione, rappresenta un’ulteriore violazione.

Un primo punto di grande interesse è la ricostruzione del contesto nel quale si inserisce la legge impugnata operata dai giudici tedeschi. Il Tribunale costituzionale mostra piena consapevolezza dei più recenti mutamenti geopolitici, delle ricadute sui sistemi di sorveglianza e soprattutto delle implicazioni sul sempre mutevole rapporto tra libertà e sicurezza. Non gli sfugge il dilemma: da un lato, la necessità di intensificare i controlli delle comunicazioni dall’estero e sull’estero per motivi di sicurezza interna ed estera; dall’altro, il sempre più avvolgente intreccio internazionale della comunicazione sociale, che fa sì che i cittadini siano in rapporti comunicativi continui e crescenti all’interno e all’esterno dello Stato. Diventa così difficile tracciare una linea di confine tra ciò che è dentro e ciò che è fuori dello Stato: le possibilità di controllo delle telecomunicazioni si estendono a gran parte della società civile anche al di là dei confini territoriali dello Stato, così come le comunicazioni che si svolgono all’interno dello Stato non sfuggono alla sorveglianza di Stati esteri.

In questi passaggi dell’ampio ragionamento del Tribunale si avverte l’eco delle rivelazioni di Edward Snowden, che per primo ha mostrato all’opinione pubblica mondiale il sistema di sorveglianza delle telecomunicazioni costruito dai servizi di intelligence degli Stati Uniti in collaborazione con altri quattro paesi del mondo anglofono. In quell’occasione la tesi difensiva degli Stati Uniti fu costruita sulla necessità di difendere le libertà fondamentali dei cittadini statunitensi, lasciando sullo sfondo, per così dire, quelle dei cittadini intercettati appartenenti ad altri Stati.

Facendo eco ad un dibattito giuridico che, a seguito alle rivelazioni di Snowden, in Germania è stato molto intenso, il Tribunale costituzionale ricorda che il potere di sorveglianza, a causa delle attuali condizioni tecnologiche e dell’intensità dei rapporti comunicativi che si svolgono attraverso il World Wide Web, è oramai talmente ampio da abbracciare la nostra quotidianità, lo scambio comunicativo il più privato e spontaneo che si possa immaginare.

Per finire, sempre ai fini dell’utilità di più lenti per leggere le parole provenienti dal Tribunale di Karlsruhe, non dimentichiamo che le rivelazioni di Snowden hanno portato ad una celebre sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha fatto tremare, per un po’, le relazioni tra Stati Uniti e Unione europea (sent. 6 ottobre 2015, C-362/14, Maximilian Schrems c. Data Protection Commissioner.). Rispetto a tale contesto globale, il principio che fa valere il giudice tedesco è che, ferme restando le esigenze di sicurezza e quindi di spazi di azione per l’attività di intelligence, le esigenze di segretezza non possono travolgere i cardini dello Stato di diritto, e con esso i diritti fondamentali e la responsabilità che il legislatore si assume quando limita tali diritti. La segretezza, dice il Tribunale, vale solo nella misura riconosciuta dalle leggi (139). Giungiamo così al tornante principale della sentenza. Il supremo Tribunale tedesco afferma più o meno letteralmente: «i diritti fondamentali della Costituzione tedesca vincolano i servizi segreti e il legislatore che ne ha disciplinato i poteri indipendentemente dal fatto che i servizi siano attivi all’interno o all’esterno del paese. La tutela garantita dagli artt. 10 e 5 della Legge fondamentale vale anche per la sorveglianza delle telecomunicazioni degli stranieri all’estero» (87). La giustificazione di questa statuizione sta tutta dentro l’art.1, c.3, della Legge fondamentale tedesca, secondo cui i «diritti fondamentali vincolano la legislazione, il potere esecutivo e la giurisdizione come diritti direttamente applicabili». L’ampiezza del vincolo nei confronti di tutti i poteri dello Stato non tollera eccezioni, soprattutto in caso di diritti alla non interferenza (abwehrrechte) quali sono quelli nei confronti delle misure di sorveglianza delle telecomunicazioni; e ciò vale a prescindere dalla funzione, attività, oggetto che venga svolta o adottata dai pubblici poteri. Ma soprattutto, secondo il Giudice tedesco, la norma costituzionale contenuta nell’art.1, c.3, non fa differenze legate al territorio.

Non è solo il dato testuale della Costituzione che spinge ad ampliare l’efficacia di diritti e libertà. Anche la collocazione della Repubblica federale tedesca all’interno della comunità internazionale rappresenta, infatti, un ulteriore elemento di rafforzamento dell’interpretazione fornita dal Tribunale, perché in questa dimensione globale esistono diritti umani che la Germania si è impegnata a rispettare. Di conseguenza, osserva il giudice tedesco, entrerebbe in rotta di collisione con l’intreccio oramai esistente tra diritti fondamentali e diritti umani una lettura dei diritti fondamentali della Costituzione tedesca che volesse limitarne l’ambito di validità ai confini del territorio statale, così svincolando le autorità tedesche dagli obblighi costituzionali nei confronti degli stranieri all’estero (96).

L’affermazione è di straordinario valore se la si confronta, guardando al passato, con l’atteggiamento tenuto dagli Stati Uniti nella vicenda venuta fuori dalle rivelazioni di Snowden. Guardando al futuro più prossimo, la statuizione conserva tutta la sua importanza perché a breve la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo dovrà pronunciarsi su vicende che chiamano nuovamente in gioco l’efficacia extraterritoriale dei diritti fondamentali di uno Stato membro (Big Brother Watch and others v.United Kingdom, dec. del 13 settembre 2018 e Centrum för Rättvisa v.Sweden, dec. del 19 giugno 2018).

Non è possibile addentrarsi oltre nell’analisi di una sentenza che si estende per ottanta fitte pagine. La legge viene colpita sia dal punto di vista formale per violazione dell’art.19, c.1, sia per le violazioni ai due diritti fondamentali che abbiamo indicati. Inoltre, è sottoposta a critica anche la disciplina della cooperazione dei servizi tedeschi con quelli di altri Stati per l’assenza di disposizioni che impediscano di circonvenire la garanzia dei diritti fondamentali attraverso tali forme cooperative. Infine, è censurata l’assenza di un’istituzione indipendente, fornita degli strumenti e dei mezzi necessari per valutare il rispetto del principio di proporzionalità da parte dei servizi segreti. Principio, quello di proporzionalità, che il Tribunale usa in maniera intensa per giustificare la dichiarazione d’incostituzionalità.

Poiché i poteri previsti dalla legge scrutinata sono di grande rilievo per la vita politica del governo federale e visto che essi possono essere riconfigurati in maniera conforme ai diritti fondamentali (secondo le indicazioni fornite nel corso della sentenza), il Tribunale dispone che la legge, nonostante la sua incostituzionalità, continui a trovare provvisoria applicazione fino al 31 dicembre 2021. Siamo al cospetto di una sentenza che affronta in maniera innovativa il rapporto tra sicurezza e libertà, immergendolo in un contesto ordinamentale in cui l’esigenza dell’unità si confronta con dimensioni del pluralismo sempre più accentuate e dilatate. Fin nelle conclusioni essa dà atto della dilatazione che il concetto di sicurezza ha assunto anche a seguito dello sviluppo delle nuove tecnologie; a tal proposito risulta interessante il passaggio in cui il Tribunale dà conto del progressivo incremento della parte del bilancio federale dedicato ai servizi segreti (107). Allo stesso tempo –e qui bisogna di nuovo cambiare occhiali- non pare andar indietro alle tesi di autorevoli costituzionalisti che, proprio in Germania, hanno teorizzato, negli ultimi anni, un diritto fondamentale alla sicurezza (J.Isensee). Insomma, al di là dei dettagli e delle minute indicazioni destinate al legislatore, ci pare che il giudice costituzionale tedesco abbia avuto il coraggio intellettuale di capire che, rispetto ai poteri di interferenza riguardanti tutti i rapporti comunicativi della società civile (die gesamte Kommunikation auch der Zivilgesellschaft: 151), la dogmatica dei diritti fondamentali necessita di interpretazioni evolutive e aperta al pluralismo degli ordinamenti.

L'autore

Raffaele Bifulco è Professore ordinario di Diritto costituzionale nel Dipartimento di Giurisprudenza della Luiss.


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