Molto di quanto avete sentito dire sugli aiuti europei all’Italia è falso. Il fact-checking dell’economista Marcello Messori

6 luglio 2020
Editoriale Europe
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  1. Next Generation EU, Recovery Fund, SMS, RRF… Come al solito, nei momenti di crisi, l’Unione europea genera piani e acronimi a volontà, ma dietro questi titoli e queste sigle – anche stavolta – c’è poca sostanza. FALSO!

La proposta della Commissione europea denominata “Next Generation EU” prevede l’erogazione da parte dell’Unione europea di 500 miliardi di euro nella forma di trasferimenti, incluse le garanzie, e aggiunge 250 miliardi di euro nella forma di prestiti a lungo termine a favore degli Stati membri. Parliamo di risorse che si andranno ad aggiungere al bilancio pluriennale europeo (MFF). Per entità, innanzitutto, siamo dunque di fronte a una “prima volta” per gli standard europei. Soprattutto, siamo di fronte a una “prima volta” dal punto di vista qualitativo. La risposta allo shock pandemico prevede infatti una ingente emissione (750 miliardi di euro) di titoli europei di debito di lungo periodo garantiti da più bilanci pluriennali, fino al 2058 per la precisione, e apre la strada al rafforzamento delle “risorse proprie” come entrate dei futuri bilanci europei. Se approvata dal Consiglio e dal Parlamento europeo, questa proposta tra le altre cose aprirebbe dunque un processo di centralizzazione delle politiche fiscali e della tassazione che avrebbe – come inevitabile sbocco – una qualche forma di federalismo europeo. In definitiva, una proposta – quella della Commissione – di notevole sostanza.

  1. Le risorse finanziarie europee ci saranno pure, ma sono decisamente poche e soprattutto arriveranno in ritardo. FALSO!

A questo proposito occorre fare chiarezza ed evitare errori di prospettiva diffusi finora nel dibattito pubblico, soprattutto italiano. È vero che le risorse di “Next Generation EU” cominceranno ad affluire verso i Paesi europei colpiti dallo shock pandemico solo dal 2021 (salvo che per una modesta componente ricavata dall’aumento delle risorse del MFF 2014-2020). Ed è altrettanto vero che gli Stati membri della Ue dovranno impegnare il 60% di gran parte delle risorse di “Next Generation EU” entro il 2022 e il 40% residuo entro il 2024. Tale scansione temporale, come hanno detto vari commentatori, condanna forse questa proposta ad arrivare troppo tardi per essere davvero efficace?  In realtà, i fondi di “Next Generation EU” non devono servire né per la fase dell’emergenza pandemica, che ci stiamo forse lasciando alle spalle, né per la successiva fase della transizione verso la ripresa, in cui stiamo auspicabilmente entrando. Nell’Unione europea i fabbisogni finanziari per la fase di emergenza sono stati e saranno coperti dagli interventi governativi nazionali, pur se al costo di far aumentare (in taluni casi, in modo drammatico) i deficit pubblici. Almeno nell’euro area, la fase di transizione potrà avvalersi delle risorse già decise dall’Eurogruppo, che entro l’estate 2020 metterà a disposizione circa 540 miliardi di euro (per la sola Italia, circa 105 miliardi di euro) grazie al programma SURE per la disoccupazione, alla linea sanitaria del MES e alle garanzie della Banca europea per gli Investimenti. Le ingenti risorse di “Next Generation EU” andranno, perciò, utilizzate per sostenere quella fase di ripresa che, nei prossimi anni a partire da inizio 2021, dovrà assicurare la convergenza delle economie degli Stati membri più fragili verso il cuore dell’Ue. Una stima ancora approssimativa valuta un fabbisogno di 1.200 miliardi di euro per l’insieme della UE. Insieme ai trasferimenti del MFF 2021-27, “Next Generation EU” e i suoi effetti moltiplicativi dovrebbero essere adeguati allo scopo.

  1. Ammettiamo pure che le risorse finanziarie dell’Ue per sostenere l’economia ci siano e siano sufficienti. Come al solito, però, avvantaggeranno gli Stati più forti dell’Unione, Germania in primis. FALSO!

Una simile tesi non tiene conto di un aspetto decisivo del piano di intervento proposto dalla Commissione europea, e cioè il suo carattere redistributivo. “Next Generation EU” è un’iniziativa con rilevanti effetti redistributivi, specie per paesi come l’Italia e la Spagna (più alcuni stati membri est-europei). Basti considerare che i trasferimenti di ciascuno Stato membro della Ue al MFF sono, grosso modo, determinati dal peso del Prodotto interno lordo rispetto al Prodotto lordo totale della Ue; viceversa, i 750 miliardi di euro di trasferimenti o prestiti sono allocati fra gli Stati membri della Ue sulla base di una ripartizione prevalentemente dettata dalla loro fragilità e dall’intensità – asimmetrica e temporale – con cui le loro economie sono state colpite dal Coronavirus. Prendiamo il caso dell’Italia. Per il MFF 2014-2020 il contributo del nostro Paese al bilancio pluriennale dell’Ue è stato un po’ al di sotto del 12%, mentre i benefici diretti ricevuti sono stati inferiori cosicché l’Italia è stato un contributore netto. Nel caso dell’attuale piano di aiuti straordinario proposto dalla Commissione, se le attuali cifre verranno confermate, il nostro Paese otterrà invece circa il 23% dei fondi di “Next Generation EU”, 172 miliardi di euro tra il 2021 e il 2024.

  1. Se le risorse finanziarie messe a disposizione dall’Ue ci sono, e se davvero sono in quantità sufficiente, allora per l’Italia i benefici sono assicurati. FALSO!

Gli effettivi versamenti delle risorse del pilastro più importante di “Next Generation EU”, cioè il pilastro denominato “Supporting Member States” (e, in particolare, del programma “Recovery and Resilience Facility”), sono soggetti a una duplice condizione. Prima condizione: si presuppone la formulazione di strategie nazionali che incorporino una transizione verso attività con basso impatto ambientale e con tecnologie innovative digitali, tenendo conto delle raccomandazioni specifiche della Commissione all’Italia (vedi par. 3 del Policy Brief della SEP). Pertanto ogni Stato beneficiario della Ue è chiamato a formulare un “Piano nazionale di ripresa e di resilienza” (PNRR) che definisca la sua strategia e illustri i connessi progetti di investimento e di riforma da finanziare con le risorse Ue. Seconda condizione: ognuno di questi specifici piani nazionali deve ottenere l’approvazione da parte della Commissione e delle altre istituzioni europee coinvolte e, in caso positivo, dev’essere poi attuato negli anni successivi. Per un Paese come l’Italia ciò vuol dire essenzialmente due cose. Primo, il governo del nostro Paese dovrà rifuggire dalla tentazione di utilizzare le risorse di “Next Generation EU” per finanziare le spese correnti a favore di famiglie e imprese che sono richieste dall’emergenza pandemica. In secondo luogo, se saremo in grado di stilare progetti di riforma e di finanziamento effettivamente finanziabili, con annessa capacità di spendere (a differenza di quanto tradizionalmente accaduto coi fondi strutturali europei), avremmo un’opportunità irripetibile per recuperare terreno rispetto al resto dell’Ue e assicurare a tutti noi i frutti di una crescita più solida e sostenibile.

L'autore

Marcello Messori è professore di Economia al Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss.


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