Così il Recovery Fund agita le acque della politica spagnola. Differenze e similitudini con l’Italia

1 agosto 2020
Editoriale Europe
FacebookFacebook MessengerTwitterLinkedInWhatsAppEmail

La Spagna, dopo l’Italia, è il Paese dell’Unione europea che beneficerà maggiormente delle risorse del nuovo strumento “Next Generation EU” sul quale si sono accordati i capi di Stato e di Governo al recente Consiglio europeo. Secondo le stime trapelate finora, infatti, a Madrid saranno destinati 140 miliardi di euro nei prossimi anni, di cui 72 miliardi a fondo perduto.

L’europeismo di governo. Pedro Sánchez, a capo del Governo dallo scorso 13 gennaio e leader del PSOE ormai dal 2014, tornando da Bruxelles non ha mancato di esaltare il risultato raggiunto. “Questo è un grande accordo per l’Europa – ha commentato a caldo – Un grande accordo per l’Europa e anche per la Spagna. È stata scritta una delle più brillanti pagine della storia dell’Unione europea”. All’inizio del mese di marzo, e poi di nuovo a luglio incontrando il Presidente del Consiglio italiano Conte a Madrid, Sánchez aveva sondato il terreno per la creazione di un asse mediterraneo promotore di un vero e proprio “Piano Marshall per l’Europa”. Così, nelle scorse ore, richiamando il più alto simbolo della ricostruzione postbellica, si è felicitato per il fatto che dal Consiglio europeo sia emerso “un autentico Piano Marshall per dare una risposta adeguata alla crisi causata dal Covid-19”. Un piano “incentrato sulle riforme necessarie per sviluppare un’economia più resiliente, verde, digitale e inclusiva”. Sempre Sánchez ha escluso finora che Madrid possa far ricorso a un altro strumento comunitario anti crisi, il Meccanismo europeo di stabilità (MES) nella sua versione “sanitaria”, per evitare un effetto-stigma da parte dei mercati finanziari.

Il nuovo europeismo della sinistra radicale. Il capo del Governo Sánchez ha ricevuto il pieno sostegno dagli alleati di Unidas Podemos, movimento di sinistra radicale che fa parte della maggioranza insieme al PSOE. Pablo Iglesias, vicepremier e leader di Unidas Podemos, molto critico sulle misure adottate dalle istituzioni europee all’indomani dell’ultima crisi economica internazionale, ha descritto l’intesa raggiunta a Bruxelles dai capi di governo come “una rinuncia storica all’Europa dell’austerità”, ha sottolineato “una svolta” nelle modalità con cui il continente affronta la crisi, “diametralmente opposte a quelle del 2008”. “Non ci saranno uomini in nero”, ha detto Iglesias riferendosi ai rappresentanti della (fu) Troika, per poi precisare che il programma di governo spagnolo non subirà variazioni sostanziali.

La tensione nel governo tra “sociale” e “condizionalità”. Dalle dichiarazioni di Iglesias emerge comunque l’intenzione di minimizzare, agli occhi dell’opinione pubblica e in particolare dei suoi sostenitori, la portata delle “condizionalità” comunque presenti nell’accordo europeo. Le riforme del lavoro e del welfare concordate finora all’interno della compagine governativa sono essenzialmente di carattere assistenzialistico, non propriamente in linea con l’enfasi posta dalla Commissione Ue su riforme strutturali, digitale e ambiente (Podemos in passato ha avuto parole di apprezzamento per il Reddito di cittadinanza voluto in Italia dal Movimento 5 Stelle). Già mercoledì 22 luglio, in un atteso voto parlamentare, la maggioranza PSOE-Podemos ha ottenuto il sostegno di Ciudadanos per la mozione sulla ripresa economica, e perfino dei Popolari per le mozioni su Unione europea e Sanità, ma si è vista bocciare la mozione sulla Politica sociale (complice l’opposizione compatta del centro-destra). È un’anticipazione di quanto potrebbe accadere nei prossimi mesi, con una crescente tensione nella maggioranza di governo tra retorica europeista e scelte politiche effettive necessarie per attingere ai fondi e ai prestiti di Bruxelles.

L’europeismo frammentato dell’opposizione di centrodestra. Il principale partito dell’opposizione di centro destra, il Partito Popolare guidato da Pablo Casado, ha criticato il capo del governo Sánchez, giudicando quasi irrilevante il suo contributo all’accordo raggiunto a Bruxelles sul Recovery Fund. Casado ha espresso invece apprezzamento per i contenuti dell’intesa, enfatizzando il ruolo giocato dalle colleghe del Partito Popolare Europeo, la cancelliera tedesca Angela Merkel e la Presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen. Il premier Sánchez ha risposto criticando la mancanza di compattezza delle opposizioni a difesa dell’interesse nazionale. Favorevole all’intesa raggiunta in Europa è anche il movimento centrista di Ciudadanos. A differenza dei Popolari, però, Ciudadanos – soprattutto a partire dalle settimane più difficili della pandemia – non ha mancato in alcune occasioni di smarcarsi da un’opposizione senza se e senza ma, votando a favore delle politiche governative su alcuni temi, come per esempio lo scaglionamento delle riaperture su base regionale (ingenerando in Podemos il timore di un suo eccessivo avvicinamento all’area di governo). L’estrema destra di Vox, infine, è su posizioni decisamente critiche dell’accordo europeo; il movimento sostiene che a pagare il prezzo delle riforme richieste da Bruxelles saranno soprattutto i pensionati e i dipendenti della Pubblica amministrazione.

La polarizzazione politica crescente. Nel complesso, dopo il vertice di Bruxelles, esce momentaneamente rafforzato – nell’arena politica – un sentimento europeista che ha sempre giocato un ruolo fondamentale nella Spagna postfranchista. Un europeismo comunque venato di “realismo”, visto che nel dibattito pubblico è ben presente l’idea che l’intesa raggiunta Bruxelles sia da considerare più come un colpo di reni di un’Unione europea quasi sull’orlo di un precipizio che non un rilancio delle politiche di coesione né un disinteressato gesto di solidarietà verso i Paesi dell’Europa meridionale. Tuttavia fin da ora non vanno sottovalutati i segnali di una crescente polarizzazione politica legata alla pandemia da Coronavirus e ai suoi effetti economico-sociali. Tale polarizzazione è incentivata dal crescente ruolo di Podemos e Vox nello scenario politico. Inoltre la crisi economica e quella sanitaria hanno riacutizzato una crisi istituzionale latente (il Governo nelle scorse ore ha dovuto escludere un referendum sulla monarchia) e hanno riaperto l’annoso dissidio tra centro e periferia (con accuse e rimpalli di responsabilità tra Autonomie e Stato centrale per quanto fatto durante la fase più acuta dell’emergenza).

 

 

 

 

 

 

Visti da Madrid. Il Consiglio dell’Unione europea, il Recovery Fund e la politica spagnola.

L'autore

Maria Elena Cavallaro è professoressa al Dipartimento di Scienze Politiche alla Luiss


Newsletter