Facebook, reti sociali e sicurezza nazionale. Ecco la cultura della sorveglianza

4 settembre 2020
Libri Letture Open Society off
FacebookFacebook MessengerTwitterLinkedInWhatsAppEmail

Un’osservazione gradita?

Pochi utenti dei social all’inizio si rendono conto che stanno accettando di essere sorvegliati. Ma è quel che succede e lo capiscono rapidamente. Le persone che cercano flessibilità, mobilità e connettività nei social network si ritrovano anche tracciate e registrate attraverso gli stessi media. Ben presto cominciano a vedere sullo schermo annunci pubblicitari collegati in modo inquietante a un sito che hanno cercato poco tempo prima. I social network potranno offrire una specie di “comunità” più vasta, ma i singoli individui sono legati anche a sistemi astratti che tracciano e monitorano consumi, mobilità, comportamenti. Naturalmente, in seguito all’11 settembre il nuovo dipartimento di sicurezza nazionale (Department of Homeland Security, DHS) degli USA ha subito adottato Facebook come fonte di dati personali, poco dopo il lancio della piattaforma nella sua forma embrionale.

La sorveglianza per la Sicurezza Nazionale 

La sorveglianza per la Sicurezza Nazionale esiste nello stesso spazio della sorveglianza di Facebook. Ciascuna è un prodotto del tardo, o meglio liquido, mondo moderno e oggi in questo ambiente la sorveglianza è centrale, sia sotto il profilo delle organizzazioni sia sotto quello culturale. Questo legame indica come funzionano il governo e le organizzazioni commerciali, ma anche come siamo arrivati a pensare e a vivere. La cultura odierna della sorveglianza va ben oltre il timore di finire su una lista nera delle compagnie aeree o la consapevolezza che esistono hotline terroristiche. Esiste, allo stesso modo, sui social network. Anche se in apparenza sembrano due ambiti dell’esistenza completamente diversi, crescono nello stesso terreno, prosperano nelle stesse condizioni e, punto cruciale, sono collegate a livello fondamentale.

Facebook e la Sicurezza Nazionale

Un modo di pensare al rapporto tra la Sicurezza Nazionale e Facebook coinvolge di nuovo la televisione: nella Sicurezza Nazionale, pochi guardano tante persone, in tv molti guardano poche persone, ma sui social molti guardano molte persone. Quando in una fase iniziale delle attività della Sicurezza Nazionale è stata lanciata l’idea di un “programma per l’informazione totale” (Total Information Awareness), l’immagine utilizzata, piuttosto sinistra, è stata quella di un occhio in una piramide la cui visione si irradiava in tutto il globo. Il messaggio? Che questo occhio onniveggente individua la vostra presenza ovunque vi troviate nel mondo. Tuttavia, se a quel tempo aveste aperto Facebook avreste visto un’altra mappa del mondo, punteggiata da figurine singole separate da una lineetta, a creare una rete o un diagramma di rete.

È un errore immaginare che questi due media, la Sicurezza Nazionale – in qualsiasi paese e con qualsiasi nome – e Facebook, siano prodotti scollegati della stessa modernità digitale liquida. Certo, la prima riguarda la protezione del territorio, del commercio e forse dei cittadini, riceve il suo mandato dai livelli più alti di governo e può fare appello al sostegno dei pieni poteri dell’esercito, mentre l’altro è il frutto della mente di uno studente universitario che ha immaginato nuovi modi per mettere in rete gli studenti con i loro “amici”, che nel giro di un decennio sono arrivati a più di un miliardo di utenti. Ma Facebook ospita una pagina della Sicurezza Nazionale, e la Sicurezza Nazionale usa diffusamente i dati di Facebook.

Facebook e gli altri social network sono molto utili alle indagini del DHS. Come ha rivelato nel 2010 un’istanza sulla libertà d’informazione della Electronic Frontier Foundation, un memorandum del Citizenship and Immigration Services, che fa parte del DHS, afferma:

In molte persone le tendenze narcisistiche alimentano il bisogno di avere un vasto gruppo di “amici” che visiti le loro pagine, e molte di queste persone accettano amici virtuali che neanche conoscono. Questo offre un eccellente punto di osservazione della vita quotidiana dei beneficiari e dei richiedenti che sono sospettati di attività fraudolente per il FDNS [Office of Fraud Detection and National Security].

Immediatamente prima dell’insediamento del presidente Obama, nel 2009, il DHS ha monitorato i social network alla ricerca di “elementi d’interesse” e, pur sostenendo di non raccogliere informazioni personali identificabili, ha anche dichiarato che qualsiasi cosa venga divulgata pubblicamente è un bersaglio facile.

Il rovescio della medaglia è che Facebook afferma allegramente, imitando a quanto pare altre pratiche della Sorveglianza Nazionale, di “raccogliere informazioni su di te da altre fonti, come quotidiani e servizi di messaggistica istantanea”. Leggete i termini e le condizioni! Osservate anche che “queste informazioni sono raccolte a prescindere dal tuo uso del sito web”. Anzi, Facebook afferma che “potrebbe condividere le tue informazioni con terze parti, tra cui aziende responsabili con cui è in rapporto”. Questo prescinde dalle vostre impostazioni sulla privacy.

A tal punto, in realtà, che quando Jennifer Stoddart, all’epoca commissario per la privacy canadese, si è resa conto che “terze parti, sviluppatori di giochi e altre applicazioni sul sito avevano praticamente un accesso illimitato alle informazioni personali degli utenti di Facebook”, ha avviato un’indagine sulle pratiche di Facebook. L’esito è stato un accordo con il colosso in base a cui “ora le applicazioni devono informare gli utenti in merito alle categorie di dati di cui hanno bisogno e chiedere il consenso per accedere a questi dati e usarli”.

Un grafico sociale fornito dalle reti di amici 

Pertanto Facebook e la Sicurezza Nazionale lavorano in modo simile. Il modello di ricerca usato con grande successo da Google, e uguagliato dal DHS, è stato in un certo senso eclissato da Facebook. Google dipendeva da “equazioni rigorose ed efficienti”, mentre Facebook vedeva – e vede – le potenzialità di un “grafico sociale” fornito dalle reti di “amici”. I monitor di Google cercano la storia e le attività di navigazione usando cookie di tracciamento ma Facebook si collega con persone che usano il proprio nome, che hanno amici reali con indirizzi e-mail reali, e con gusti, idee e notizie reali, tracciando profili degli utenti.

Spesso Facebook è stato messo in discussione o criticato per le sue politiche sulla privacy, tanto che talvolta le aggiorna per “concedere all’utente maggior controllo sulle impostazioni”. Naturalmente, chi è preoccupato per la privacy mette tutte le impostazioni al massimo della protezione. Pertanto, al di là di amici e parenti, gli altri forse non leggono direttamente quello che c’è sulla loro pagina. Ma alle società di marketing e ad altre agenzie che usano metodi simili, come il DHS, non importa quello che dite voi in prima persona.

La cultura della sorveglianza

Perché la società del controllo ci ha reso tutti controllori

David Lyon
Luiss University Press
Introduzione di Gabriele Balbi e Philip Di Salvo

Scheda

L'autore

David Lyon è tra i più autorevoli studiosi di sorveglianza al mondo, professore di sociologia alla Queen’s University, Canada. È autore di numerosi libri tra i quali La società sorvegliata (Feltrinelli, 2003) e, con Zygmunt Bauman, Sesto potere. La sorveglianza nella modernità liquida (Laterza, 2014).


Newsletter