La sfida della pandemia: cambiare i processi decisionali?

9 ottobre 2020
Editoriale Europe | Politica
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Un clima di confusione

La fase straordinaria – speriamo sia tale – che viviamo si sta mostrando anche sul piano politico un ‘laboratorio sperimentale’, che ci sta dando diverse indicazioni, qualcuna che conferma quello che già sappiamo ma che ora emerge con maggiore evidenza. Qui, mi soffermo solamente su una per la sua potenziale rilevanza rispetto alle azioni da intraprendere per sfruttare al meglio gli aiuti europei.
A seguito delle recenti elezioni di settembre, la pandemia fa emergere un risultato assai rilevante a proposito dell’efficacia del meccanismo rappresentativo, che sta al cuore della democrazia. Se l’azione governativa ha obiettivi condivisi e se ne vedono con chiarezza i risultati, il cittadino la percepisce, la valuta e vota di conseguenza premiando o punendo chi sta al governo. Lo si è visto appunto nelle ultime elezioni regionali con particolare evidenza. In tempi normali, tutto è più e confuso, oltre che altrettanto complesso, poiché le politiche non sono ampiamente condivise ed hanno alternative che presuppongono scelte diverse.

L’agenda delle priorità

Ora la ripresa dell’Italia, con l’aiuto decisivo dei fondi europei, ci pone l’obiettivo di definire delle politiche e, di conseguenza, di fissare delle priorità e scegliere all’interno stesso di quelle priorità quali siano le condotte più appropriate ed efficaci. Una democrazia maggioritaria, anche divisa e radicalizzata, è in grado di fissare tali priorità, sia pure talora a fatica. Ma una democrazia contraddistinta non solo da divisioni e polarizzazione, ma anche da pratiche consensuali, come ne esce da questa situazione? In Italia, a ragione o a torto, negli ultimi trenta anni ovvero dopo il 1992 e la crisi del precedente impianto politico-partitico, tutti i tentativi di trasformazione in senso maggioritario ovvero di condurre riforme istituzionali per dare maggiore efficacia decisionale, ovviamente a scapito della rappresentatività degli interessi, sono stati bloccati. Anche grazie a un sistema decisionale con una forte presenza di poteri di veto e di procedure complesse che richiedono l’intervento di più attori, si è riuscito a mantenere un sistema sostanzialmente consensuale, in grado di dare spazio ai diversi interessi.

Riforme costituzionali e composizioni di interessi

Ora la pandemia e la necessità di uscirne pongono una sfida terribilmente importante. Ci sarà una trasformazione politica, di fatto, che riuscirà a raggiungere quello che non si è riuscito a fare per le mancate riforme costituzionali? Alcuni interessi maggioritari riusciranno ad imporsi, alcune priorità verranno fissate dimostrando che non c’era bisogno di quelle riforme costituzionali e, alla fine, gli obiettivi di cui le riforme dovevano essere lo strumento si possono raggiungere lo stesso? Oppure gli attori politici riusciranno a trovare soluzioni in grado di comporre e dare spazio agli interessi più ampi e diversi, giungendo per questa via a ribadire il consensualismo, ma essere parimenti efficaci? O, terza possibilità, i diversi veti si paralizzeranno a vicenda con politiche contraddittorie e inefficaci se e quando si riuscirà faticosamente a uscire parzialmente dalla paralisi decisionale?
Se è corretto sostenere che l’effetto principale della pandemia, come shock esterno, è in senso catalizzatore, cioè accelera o rallenta processi già in atto, anche trasformandoli negli esiti, si può escludere la prima ipotesi e occorre ‘semplicemente’ e realisticamente perseguire la seconda con tutte le incertezze, ambiguità, problemi e stanchezza che comporta.

Le ragioni della complessità e le troppe leggi

Chi addita i problemi dovuti a un eccesso di burocrazia, alla sua inefficienza, alle troppe leggi dimentica che anche di tutto questo il problema sta nel manico. Certe leggi apparentemente complesse e confuse sono tali perché sono il risultato di mediazioni tra interessi contrastanti. L’eccesso di burocrazia deriva dalla sfiducia reciproca e dalla necessità di avere garanzie. In breve, esiste una sostanziale responsabilità delle élites politiche in questa situazione. E sta ad esse approfittare consapevolmente di questa irripetibile occasione, sforzandosi di trovare soluzioni che compongano efficacemente i diversi interessi. Di meglio e di più non sarà possibile fare.
Invece a certi politici e intellettuali sostenitori della “costituzione più bella del mondo” si potrebbe dire: avete voluto la bicicletta (ovvero avete rifiutato le riforme istituzionali, anche moderate e limitate, concepite in passato) e ora pedalate.

L'autore

Leonardo Morlino è Emeritus Professor of Political Science alla Luiss


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