Salvini, Meloni e le nuove sfide della destra
14 ottobre 2020
Conte al centro della sfera pubblica sul Covid
Giuseppe Conte ha saputo conquistare il centro della sfera pubblica sulla questione Covid così come Matteo Salvini lo ha occupato per qualche anno sul tema dei migranti. L’egemonia comunicativa di Salvini aveva messo in crisi le altre forze politiche, che non sapevano più come opporglisi: se lo attaccavano venivano accusate di buonismo da ZTL, se lo assecondavano finivano per sembrare una sua brutta copia. Allo stesso modo, oggi l’egemonia comunicativa di Conte mette in crisi l’opposizione di destra-centro.
Di alternative alla politica emergenziale del governo che siano meritevoli di discussione in verità ce ne sarebbero, oggi più che all’inizio della pandemia. Basti leggere, per non prendere che un esempio, la dichiarazione di Great Barrington, promossa qualche giorno fa tre epidemiologi delle università di Harvard, Oxford e Stanford. Ma queste alternative esistono soltanto sulla carta: mancano le condizioni emotive e politiche perché siano prese in considerazione. Fare opposizione sul Covid diventa così pressoché impossibile: la vera sorpresa non è che il destra-centro non sfondi, ma che stia riuscendo a conservare le proprie posizioni.
Nel breve periodo i giochi sono sostanzialmente chiusi, insomma. Ma prima o poi la pandemia finirà, e per l’opposizione la vera sfida consiste nel farsi trovare pronta quando i giochi si riapriranno. Se osserviamo il quadro da questo punto di vista, ci accorgiamo che le partite in corso sono due, una profonda, l’altra soltanto un po’ meno.
La vera sfida dell’opposizione
Possiamo riassumere la prima in una domanda: la pandemia ha chiuso definitivamente la fase di rivolta populista scaturita dalla Grande Recessione del 2008, oppure l’ha soltanto sospesa in via temporanea? Ho il sospetto – non la certezza – che la seconda opzione sia più probabile della prima. L’insurrezione populista è stata scatenata dalla crisi economica, ma ha radici ben più profonde. È generata dalla sensazione diffusa che il mondo si sia fatto ingovernabile, che i processi storici siano ormai fuori controllo. Covid ha posto un problema talmente urgente da cancellare tutte le altre preoccupazioni, ha indotto i nostri riottosi concittadini ad accettare la disciplina sanitaria, e ha così restituito alle istituzioni pubbliche un po’ di capacità di controllo dei comportamenti sociali. Non sembra aver sciolto nessun nodo strutturale, però. Il rischio, date queste premesse, è che una volta esauritesi le condizioni del disciplinamento pandemico la rabbia e la paura rimbalzino indietro più forti di prima. In quel caso per l’opposizione di destra-centro la sfida non sarebbe quella di trovare spazi: ce ne sarebbero fin troppi. Ma incanalare la rabbia e la paura in un progetto di governo rappresenterebbe a quel punto una missione quasi impossibile.
La ricostruzione
La seconda partita, meno profonda e più immediata ma non per questo meno importante, è la gestione della ricostruzione post-pandemica. Qui la missione impossibile ce l’ha il governo, che dovrà portare a termine con successo una trattiva europea tutt’altro che conclusa, amministrarne i vincoli, trovare un compromesso con regioni governate in prevalenza dalla destra, soddisfare una società sminuzzata, corporativa e irritabile come l’italiana, tenere in piedi una maggioranza parlamentare divisa se non spappolata, e magari pure provare a utilizzare le risorse per investimenti lungimiranti invece che per microfinanziamenti a pioggia. Su questo terreno, inevitabilmente, il governo presterà un fianco enorme all’opposizione. Che dovrà però saperne approfittare.
Mettere insieme il portafoglio dei produttori con le emozioni di un popolino ombroso e diffidente: questa è la sfida della destra italiana, oggi come ieri. Ieri però la destra era guidata da un fuoriclasse della seduzione. E oggi le condizioni del Paese sono molto, ma molto più deteriorate.
Questo articolo è precedentemente apparso su La Stampa il 9 ottobre 2020. Riprodotto per gentile concessione.
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