Come riformare il sistema liberista: senso etico, bene comune e fratellanza

27 ottobre 2020
Editoriale Politica
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Le parole del Pontefice

Nelle sue opere, Papa Francesco ha affrontato numerosi temi che sono al centro del dibattito economico attuale. Nella esortazione apostolica Evangelii Gaudium (2013), il Santo Padre ha criticato l’economia dell’esclusione, la nuova idolatria del denaro e l’iniquità. Nell’enciclica Laudato Si’ (2015), “dedicata alla cura della casa comune”, ha analizzato l’inquinamento, la cultura dello scarto, il cambiamento climatico, il deterioramento della qualità della vita umana. Infine, nell’enciclica Fratelli tutti (2020), il Pontefice contrappone l’economia liberista – fondata su “una mera somma di interessi che coesistono”, una cultura degli “interessi economici senza regole”, la convinzione che “il mercato da solo risolve tutto”, il “guadagno facile come scopo fondamentale” – ad “una economia più attenta ai principi etici” e fondata sulla carità e sulla fratellanza.

L’ideologia liberista in campo economico si basa sostanzialmente sull’idea che la mano invisibile del mercato guida efficientemente l’interesse individuale a realizzare il benessere collettivo (Adam Smith). In questa visione, i top manager gestiscono le imprese per soddisfare l’interesse degli azionisti, “which generally will be to make as much money as possible while conforming to the basic rules of the society” (Milton Friedman, New York Times, 13.09.1970). Pur avendo contribuito ad accrescere la ricchezza mondiale, il modello liberista sta dimostrando i propri limiti ed è oggetto di critiche crescenti da parte di studiosi di varie discipline. Alcuni economisti lo ritengono il principale responsabile delle forti disuguaglianze sociali, alcuni filosofi sostengono che il benessere collettivo debba essere anteposto a quello individuale, e così via. Di seguito si propongono alcune riflessioni critiche su tre pilastri del pensiero liberale: l’interesse individuale, l’efficienza dei mercati e la massimizzazione del profitto.

L’interesse individuale

Numerosi studi indicano che la massimizzazione dell’interesse individuale – solitamente identificato con la ricchezza personale – può sia non soddisfare gli stessi beneficiari, sia generare diverse conseguenze negative. La convinzione che solo potenti incentivi monetari possano motivare i manager ad assumere decisioni efficienti nell’interesse degli azionisti ha determinato un aumento consistente della loro retribuzione (il compenso medio di un amministratore delegato delle Fortune 500 è pari a circa 260 volte quello medio dei collaboratori), ma non ha garantito comportamenti sempre efficienti. Anzi ha spesso incentivato comportamenti miopi, l’assunzione di rischi eccessivi, condotte opportunistiche o illecite.

L’efficienza dei mercati

L’evidenza empirica contraddice la loro presunta efficienza nel regolare l’interesse individuale. I mercati finanziari sono soggetti a manipolazioni consapevoli e ad esuberanze irrazionali, che determinano deviazioni consistenti e durature dei valori di borsa. Il potere monopolistico acquisito da poche grandi imprese della new economy consente loro di esercitare un’influenza rilevante su mercati addirittura globali. Dobbiamo riconoscere che la piccola impresa artigianale descritta da Adam Smith è stata sostituita da colossi in grado di condizionare le regole e l’efficienza dei mercati in cui operano, a dispetto (a volte persino con la collaborazione) di chi esercita il potere politico protempore.

La massimizzazione del profitto

La logica della massimizzazione del profitto spinge i manager ad ignorare altri rilevanti obiettivi e ad imporre pesanti esternalità negative agli stakeholder. La minimizzazione dell’imposizione fiscale ha determinato situazioni paradossali in cui il singolo cittadino paga a volte aliquote più elevate rispetto a grandi imprese globali. La minimizzazione del costo del lavoro ha incentivato le grandi imprese ad esternalizzare alcune attività presso subfornitori che utilizzano forme contrattuali flessibili e pagano compensi significativamente inferiori. La minimizzazione dei costi di smaltimento dei rifiuti ha spinto alcune imprese ad affidarsi alle c.d. ecomafie.

Efficienza e benessere della collettività 

I limiti di una economia fondata sugli interessi individuali, sui mercati e sulla massimizzazione del profitto sono del tutto evidenti quando pensiamo alle grandi sfide dell’umanità, come il climate change o l’attuale pandemia. Il liberismo è incapace di risolvere problemi così complessi, per i quali occorre avere un approccio sistemico e un orientamento al bene comune. È, tuttavia, incoraggiante notare alcuni recenti cambiamenti. Larry Fink, l’amministratore delegato di Black Rock (il più grande investitore del mondo) ha richiamato le grandi imprese a perseguire contemporaneamente efficienza e benessere della collettività (purpose and profit) e ad affrontare i rischi del cambiamento climatico. Il Business Roundtable (l’associazione degli AD delle grandi imprese americane) ha modificato lo “Statement on the purpose of a corporation” passando da una visione basata sulla massimizzazione dello shareholder value ad una fondata sull’impegno a soddisfare l’interesse di tutti gli stakeholder. Le società benefit e le B-corporation, imprese che perseguono contemporaneamente il profitto e un impatto positivo sulla società e sull’ambiente, stanno rapidamente aumentando.

La dignità umana al centro 

Dobbiamo quindi rinunciare al liberismo? Non penso sia possibile dati i suoi meriti nel promuovere la crescita economica, ma dobbiamo stemperarne gli eccessi e i limiti evidenti. In linea con il richiamo del Santo Padre, dobbiamo ripartire dall’etica, dal perseguimento del bene comune e dalla fratellanza, riconoscendo che: “La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato e che, oltre a riabilitare una politica sana non sottomessa al dettato della finanza, «dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno» (Fratelli Tutti, 168).

L'autore

Alessandro Zattoni è Direttore del Dipartimento di Impresa e Management dell’Università Luiss


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