L’enciclica di Papa Francesco. Un manifesto sulle orme del Santo di Assisi

31 ottobre 2020
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Amore, carità, fraternità

Ho letto con attenzione la recente Enciclica di Papa Francesco intitolata “Fratelli. Tutti”. Ne scrivo da laico, pur sapendo poco di teologia e nulla di storia della Chiesa, perché mi sembra un documento audace e significativo, in grado di interessare tutti. Il tema di fondo dell’Enciclica è quello menzionato nel sottotitolo, cioè “Sulla Fraternità e l’Amicizia Sociale”.
Diviso in otto capitoli, ognuno dei quali composto da densi e brevi paragrafi, lo scritto papale espande e diffonde però questi virtuosi sentimenti sul mondo culturale, politico e sociale in cui viviamo. Ci sono nell’Enciclica passaggi e aspetti che ritornano, caratterizzando in qualche modo costantemente la mission che il Pontefice si è dato, altri invece innovativi e altri infine per così dire a metà strada. Il tutto alla luce di un forte senso di giustizia globale, a mio avviso del tutto condivisibile, ispirato comunque all’amore, alla carità e alla fraternità come è tipico della tradizione cattolica e cristiana. Tra gli aspetti caratterizzanti questo Pontificato, il primo, e più evidente, consiste nel riferimento al Santo di Assisi. Da questo punto di vista, anche superfluo ricordare che Bergoglio ha dall’inizio scelto il nome di “Francesco”, che l’Enciclica precedente era chiamata “Laudato sì”, e che lo stesso titolo di questa “Fratelli Tutti” fa esplicito riferimento a San Francesco e al modo in cui si rivolgeva a tutti gli umani, per non parlare di animali, piante e creato. Tra quelli innovativi, c’è senza dubbio l’estrema apertura interculturale. Sin dall’inizio, in questa ottica, l’Enciclica riconosce un debito all’incontro di Abu Dhabi con il Grande Iman Ahmad Al-Tayyeb (sono sicuro che molti storceranno la bocca nel leggerlo…).

Diritti umani

In generale, l’idea sembra essere che se “Dio è amore”, come è intitolato un paragrafo iniziale del testo, allora tale amore dovrebbe essere declinato, sia pure ovviamente in maniera diversa, in tutte le religioni più importanti e di riflesso in tutte le culture. Più sostanzialmente, spira da tutta l’Enciclica un messaggio anti-eurocentrico: dobbiamo imparare che la nostra cultura pur fondamentale che sia non è l’unica, e anzi dobbiamo iniziare a apprendere dalle altre culture. Questo tipo di messaggio è abbastanza evidente nella critica dell’universalismo che maschera il dominio e dei diritti umani che valgono solo per alcuni e non per tutti. Si tratta di un messaggio in un certo senso post-coloniale, e -per quel che penso- adatto ai tempi di globalizzazione matura che viviamo. A metà strada tra il nuovo e l’antico, sta l’enfasi sugli ultimi, la critica del capitalismo e dell’individualismo, l’anti-populismo e l’avversione per il sovranismo (quest’ultimo non menzionato nel testo).

Responsabilizzare

In genere, è chiaro e credo non controverso che le preoccupazioni centrali del Pontefice, come si evincono da questa Enciclica, non sono celesti ma terrene, non riguardano tanto la teologia quanto la visione della società. Ma, si dirà, questi sono motivi ricorrenti nella storia di questo Pontificato. E, senza dubbio, lo sono. Ma – e si tratta, credo, di un “ma” fondamentale- questa visione politica a favore degli “svantaggiati” è qui molto esplicitamente collegata all’amore e alla carità, come le vediamo espresse esemplarmente nella figura del Cristo. Un ruolo centrale nel testo è giocato così dalla parabola del Buon Samaritano. “De te fabula narratur”, ci si suggerisce, “non voltarti dall’altro lato, fingendo di non vedere”, ma piuttosto aiuta chi è in difficoltà. Anche in questo caso, si potrà obiettare che qualcosa del genere è ovvio in chi di professione fa il Papa e non l’ideologo. Cosa questa di cui non dubito. E tuttavia mi pare, sempre da lettore “esterno”, che la proposta di fondo sia alla fine della fiera quella di una spiritualità nuova e antica assieme. Una spiritualità, se capisco, nuova perché richiede un cambiamento coscienziale radicale cui corrisponde un’attività pratica e politica coerente. Antica perché in fondo anche Ignazio di Loyola andava in questa direzione.

Papa Francesco e il mondo globalizzato

Forse mi sono spinto troppo in là nello scrivere di cose che – come detto nella excusatio non petita all’inizio – non conosco abbastanza. Mi sono giustificato prima dicendo che lo facevo perché l’Enciclica è un documento rilevante. C’è però un’altra e più sostanziale ragione. Non so quanto siano convincenti le tesi del Pontefice e forse è anche vero che la sua insistenza per la “politica di cui c’è bisogno” travalica un po’ la missione di un leader religioso (come di certo si commenterà). Epperò c’è un pregio nell’Enciclica che non si può negare, d’accordo o meno che si sia sul contenuto. Consiste questo nell’altezza dei temi e nella serietà con cui sono trattati. L’Enciclica “Fratelli Tutti” non teme di parlare di un nuovo modo di stare insieme e di concepire in maniera alternativa l’economia e la globalizzazione. Sono argomenti che di regola la politica professionale non sembra in grado di trattare. E però credo che ci sia un estremo bisogno di argomenti alti e profondi del genere. Sempre se vogliamo ridare dignità etica al discorso pubblico e non lasciarlo soltanto nelle mani sia pure ispirate di Papa Francesco.

 

 

L'autore

Sebastiano Maffettone è Direttore di Ethos Luiss Business School


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