L’informazione: strumento essenziale della contesa USA-Cina
12 novembre 2020
Formazione del consenso
L’ultimo numero di Lawfare, del 26 ottobre 2020, in collaborazione con l’Osservatorio Internet di Stanford, ospita alcune interessanti riflessioni di Laura Rosenberger e Lindsay Gormann (“Foreign Interference is a Strategy, Not a Tactic”) sulle interferenze straniere negli Stati Uniti. Si parte dalla considerazione che la geopolitica nei prossimi decenni sarà definita dalla competizione tra democrazie e autocrazie per rilevare che la contesa, che già riguarda il settore militare, economico e diplomatico, non esclude neppure quello dell’informazione.
Il dibattito nasce dalle interferenze elettorali nelle presidenziali USA del 2016. Ma obiettivo della Russia, come indicato dai servizi, non era tanto quello di influenzare le opinioni degli elettori quanto quello di minare la fiducia nel processo di formazione del consenso, parte di una strategia in cui l’uso della disinformazione è strumento per un attacco insidioso alla democrazia.
Come rilevano Rosenberg e Gormann, regimi autoritari come la Russia e la Cina considerano l’informazione e la guerra cibernetica come strumenti integrati di conflitti asimmetrici distinti dalle operazioni cinetiche tradizionali. Da un lato la governance democratica, aperta e libera, a presidio della diversità delle opinioni e del dibattito, dall’altro quella autocratica, chiusa e controllata, sostenuta dalla censura e dalla sorveglianza. Dove le voci delle democrazie sono deboli o assenti, il potere autocratico riempie il vuoto. L’America Latina è diventata un obiettivo strategico per la Russia; in Africa, la Russia e la Cina corteggiano il potere tramite mezzi diplomatici, militari, infrastrutturali, finanziari. Come ha spiegato Freedom House, Pechino si inserisce nelle infrastrutture di informazione dei Paesi attraverso piattaforme di distribuzione di contenuti e partnership tra i media statali cinesi e le emittenti locali, dal Bangladesh alla Nigeria. Freedom House mostra che l’aumento degli strumenti dei social media per la sorveglianza di massa nei regimi repressivi e nelle democrazie ha contribuito al declino della libertà globale di internet per il nono anno consecutivo.
Trasparenza dell’informazione
L’informazione guidata da algoritmi e gli alti livelli di sfiducia nell’ecosistema dei media rendono gli Stati Uniti particolarmente vulnerabili alle tattiche manipolative. La copertura mediatica russa del disastroso dibattito di settembre tra il presidente Trump e il candidato Biden ha cercato di ridicolizzare la democrazia statunitense. Laddove i mezzi di comunicazione nelle democrazie sono finanziariamente deboli, soldi stranieri possono influenzare l’opinione pubblica e alimentare la propaganda. La partnership tra l’ANSA e l’agenzia statale cinese Xinhua, per esempio, contribuisce all’immagine della Cina in Italia. A ciò si aggiunge che talora il finanziamento occulto o poco trasparente dei partiti politici aiuta a promuovere candidati simpatizzanti dei regimi autoritari.
Nel Mar Cinese Meridionale la Cina ha integrato la strategia militare, compresa la costruzione di isole artificiali e basi navali, con una campagna di manipolazione dell’informazione per rafforzare le sue pretese sui territori contestati. A ottobre 2019, Pechino ha censurato la National Basketball Association che trasmette in Cina dopo che il manager degli Houston Rockets Daryl Morey ha manifestato via Twitter il supporto al movimento per la democrazia di Hong Kong.
Ecco perché un paradigma di sicurezza nazionale che ignori l’informazione come settore rilevante e lo consideri solo in ottica elettorale rischia di essere incompleto. Si tratta infatti di una dimensione destinata ad essere presente costantemente nella competizione geopolitica a breve termine.
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