Inaugurazione anno accademico Luiss 2020-21. Le università devono smantellare le gerarchie identitarie per trasformare il XXI° secolo (sintesi)
18 novembre 2020
Editoriale
Open Society off
Dal King’s College
- Due elementi del rapporto tra Università e Società, che si rafforzano reciprocamente, risultano centrali per il processo di trasformazione del XXI Secolo:
- Il primo consiste nel fatto che l’università è un microcosmo della società da cui deriva; inevitabilmente, essa ne rispecchia i valori, le aspirazioni e le disuguaglianze strutturali;
- Il secondo è che l’università ha un contratto sociale con la società, la quale si aspetta che le università siano decise a contribuire al progresso sociale. Una condizione fondamentale di questo progresso è costituita dal fatto che le università abbiano il coraggio di contrastare le disuguaglianze strutturali e i pregiudizi della società e di non consolidarli. L’incapacità di fare ciò indebolisce irrimediabilmente la produzione di conoscenza ai fini del progresso sociale, come pure la preparazione delle future generazioni alla leadership nella società, sia nazionale che globale.
- Stiamo assistendo ad un cambiamento fondamentale: la società del XXI secolo si sta trasformando profondamente e le università non possono rimanere passive di fronte a questo mutamento. Diversi aspetti di questo secolo che cambia impongono alle università che aspirano a raggiungere un rilievo mondiale di agire:
- Ambiente globale in rapido cambiamento – cambiamento climatico, nuove tecnologie; flussi migratori;
- Momenti ed eventi straordinari – Crisi interconnesse: cambiamento climatico, migrazioni, COVID-19, l’omicidio di George Floyd. Tutte consolidano i pregiudizi strutturali nella società, sia locale che globale;
- Indole e mentalità di una nuova generazione: i futuri leader – la Generation Z – in tutte le nostre università e società, che hanno una differente visione del mondo, disprezzano le disuguaglianze e l’ingiustizia e si organizzano in modo diverso, adottando una prospettiva transnazionale. Chiedono il cambiamento e sono irremovibili.
- Negli ultimi due anni, abbiamo assistito direttamente a come la Generazione Z risponda alle problematiche legate al cambiamento climatico ed alla sua organizzazione transnazionale in risposta alle ingiustizie sociali. L’omicidio di George Floyd ha dimostrato la solidarietà che unisce la Generazione Z e l’attivismo sui temi razziali, di genere, generazionali ecc.
- Si tratta di un’“allerta” per le università che prendono con leggerezza le disuguaglianze sociali nella società permettendo che passino inosservate perché apparentemente non prioritarie. Ma la natura di “torre d’avorio” delle nostre università è in discussione in questo secolo e non possiamo più permetterci di rimanere semplici spettatori.
- Può darsi che il contratto sociale tra università e società sia stato interpretato piuttosto liberamente, vale a dire che il contributo al successo della società sia stato inteso solo in termini di formare coloro che riescono a diventare membri della nostra comunità universitaria. Costoro sono, molto spesso, i privilegiati, mentre ignoriamo le disuguaglianze strutturali che sorreggono questo privilegio, che non offre a quanti sono esclusi l’opportunità di cimentarsi per realizzarsi nella vita.
- Ciò produce inevitabilmente conseguenze per la società a livello locale e per un sistema di istruzione globalmente collegato.
- Ma le nostre università non sono tutte sensibili in egual maniera ai problemi di disuguaglianza e di ingiustizia. Alcuni nostri campus stanno cambiando rapidamente, ammettendo gruppi di studenti più vari. Altri non sono altrettanto eterogenei.
- Per avere campus universitari eterogenei, le nostre università sono obbligate a rispondere oggi, NON domani, alle disuguaglianze sistemiche negli ambienti universitari. Il “pregiudizio sistemico” è un problema che non può attendere. I nostri studenti ci incalzano quotidianamente: ci chiedono di “decolonizzare” il programma, di far sì che il personale (specialmente a livello senior) sia più rappresentativo della diversità dei nostri campus. Ci chiedono di intervenire sull’ingiustizia ambientale, osservano il nostro comportamento e il modo in cui impieghiamo le risorse; ci chiedono di parlare delle ingiustizie nel mondo, del differente impatto che il Coronavirus ha sulle persone di colore, dell’omicidio di George Floyd. Non sono felici di far parte di un’università istituzionalmente ingiusta. I nostri studenti sono diventati la voce della nostra coscienza. Tutti i membri della nostra comunità devono avere pari opportunità di realizzarsi: non può essere che ad alcuni sia garantito il successo e che altri siano condannati al fallimento.
- Per campus non così eterogenei, le università potrebbero non avvertire una reale urgenza di rispondere a problematiche di pregiudizio strutturale. E’ solo questione di tempo, tuttavia, perchè esse siano costrette a reagire. La dura realtà è che anche le università che non avvertono l’urgenza di affrontare la disuguaglianza sistemica, o che sono dell’opinione che non tutte le forme di disuguaglianza siano importanti per la società a cui appartengono, dovranno affrontare la sfida dell’estraneità in un mondo globalmente interdipendente. Nessuna università che aspiri ad essere internazionale sarà immune da questo problema.
- La sfida delle università consiste nel passare dal reagire ad una forma di disuguaglianza alla volta, all’intervenire contemporaneamente su tutte le disuguaglianze sistemiche nelle università.
- Le risposte ad hoc o l’attenzione ad un aspetto della disuguaglianza e non ad altri crea solo una gerarchia identitaria, in cui scegliamo problemi di disuguaglianza più semplici da affrontare o più bene accetti da parte di qualche membro della nostra comunità. Eppure, le disuguaglianze sono naturalmente coessenziali, per cui non possiamo permetterci di scegliere quale affrontare senza che ciò danneggi le nostre comunità.
- Non possiamo occuparci oggi della disuguaglianza che riguarda il colore delle persone, domani del loro genere e il giorno dopo ancora della loro classe sociale. Questo non fa che rinforzare la loro esclusione. Si tratta di una sfida sistematica che richiede un cambio di passo culturale e una risposta a livello di sistema da parte dei leader delle università.
- La mia proposta è che le università sposino una logica inclusive di intersezionalità nell’affrontare la disuguaglianza sistemica simultaneamente, degerarchizzando, in questo modo, le identità per garantire che i membri della propria comunità abbiano pari opportunità di realizzarsi nella vita.
- Oltre a degerarchizzare le identità attraverso un cambiamento sistemico, le università che si dimostreranno capaci di cambiare in meglio questo secolo, devono adoperarsi per preparare tutti i propri studenti alla leadership globale del XXI secolo.
- La capacità di riconoscere e affrontare la complessità dinamica, sociale e culturale è l’elemento che distingue i leader globali. Tale complessità combina elementi quali pluralità, interdipendenza, ambiguità e flusso
- Ciò presuppone fornire agli studenti e al personale la competenza culturale necessaria per progredire in contesti socio-culturali eterogenei e per contribuire alla soluzione globale dei problemi ovunque si trovino – a casa, all’estero o in ambiente virtuale.L’esperienza universitaria deve essere trasformativa, deve mettere in condizione studenti e personale di uscire dalla propria, limitata visione del mondo per osservare le situazioni ponendosi nell’ottica dell’”altro” nella sua piena diversità: di razza, ad esempio, o di genere, di nazionalità, di etnia, di disabilità, di orientamento sessuale, di credo religioso e di prospettiva intergenerazionale.
- Le richieste di operare nel mondo globalizzato del XXI secolo pongono in primo piano due importanti elementi:
- In primo luogo, gli individui devono essere ben preparati, sicuri e resilienti;
- in secondo luogo, essi devono essere capaci di vedere il quadro generale da diverse prospettive e di lavorare in modo collaborativo nella ricerca di soluzioni inclusive e adattive a sfide complesse lanciate dal cambiamento tecnologico ed economico, dal cambiamento culturale e sociale, come pure dal rischio ambientale e sanitario.
- Se è vero che queste capacità e competenze sono sempre più richieste dai Governi, dalle imprese e dalle organizzazioni della società civile, le università ancora non ambiscono a svilupparle sistematicamente tra gli studenti e il personale.
- La prossima generazione di leader deve essere capace di crescere attraverso contesti socio-culturali differenti e di raggiungere al tempo stesso il successo nelle organizzazioni. In questo contesto dinamico, con un ampio assortimento di diversi attori e portatori di interesse, i leader globali hanno bisogno di un eccezionale insieme di abilità e devono essere straordinariamente preparati. Devono essere capaci di comunicare tra diverse culture e di lavorare in contesti variegati.
- Lo sviluppo di persone culturalmente competenti che navigano con successo nei contesti globali collaborando, ad un tempo, per risolvere problemi sociali è l’obiettivo che ci siamo posti al King’s College London, su cui desideriamo collaborare con le nostre università partner quali la Luiss. Questa è l’essenza della Strategia di internazionalizzazione di King’s. Spero vivamente di realizzare le reciproche aspirazioni di ambedue le nostre università.
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