Berlusconi contro Salvini. Il dialogo del Cavaliere con la maggioranza di governo
23 novembre 2020
Le “destre” di Berlusconi e Salvini
Le divisioni che attraversano l’opposizione, e che separano in particolare Berlusconi da Salvini, possono essere analizzate per le loro cause e conseguenze politiche di breve, medio e lungo periodo.
Nel breve periodo Berlusconi ha senz’altro parecchio da guadagnare dal dialogo con la maggioranza di governo. Innanzitutto, facendo forza sull’emergenza pandemica, sugli appelli alla collaborazione del Presidente Mattarella e sullo stato semicomatoso nel quale versa il gabinetto Conte, può accrescere il proprio peso politico e la propria visibilità pubblica. Può distinguere la propria posizione da quella degli alleati-concorrenti Lega e Fratelli d’Italia, poi, senza che questo abbia ricadute negative nell’immediato, visto che fino a primavera non sono previste elezioni. Può difendere con maggiore forza i propri interessi aziendali. E può infine presentarsi come uno statista – vedendosi innalzato sul piedistallo, per altro, dagli stessi che fino a qualche anno fa lo giudicavano un buffone nel migliore dei casi, un pericolo per la democrazia nel peggiore. Sbaglierebbe però, a mio avviso, chi da tutto questo deducesse che nel medio periodo Forza Italia si stia apprestando a entrare stabilmente nella maggioranza di governo. Pesano le inimicizie politiche che comunque non sono venute meno, in particolare col Movimento 5 stelle. Ma ancor di più pesano le fragilità incrociate: l’attuale maggioranza è assai debole, e a Forza Italia non conviene granché salire su una barca che fa acqua. Per parte sua, il partito di Berlusconi è troppo fiacco per bastare, da solo, a stabilizzarla.
Le conseguenze della pandemia sul voto
Sul lungo periodo lo scenario si fa molto nebuloso. Ma vale la pena abbozzare almeno un ragionamento di più ampio respiro, non foss’altro che per alzare un istante la testa dalla poco esaltante realtà politica quotidiana. La frattura interna all’alleanza di destra-centro è parte della più ampia faglia fra – per così dire – establishment europeista e populismo euroscettico che è venuta emergendo a partire dal 2012, e nella quale hanno messo radici il Movimento 5 stelle, la Lega e il governo Conte I. Bene: è molto difficile sapere che cosa ne sarà di questa faglia una volta che il Covid-19 avrà prodotto tutti i suoi effetti. Ossia, è molto difficile prevedere quale sarà la conformazione non soltanto dell’alleanza di destra-centro, ma dell’intero sistema politico italiano.
Ci sono almeno tre parametri da tenere d’occhio, mi pare. Il primo e il più semplice è il sistema elettorale: se le prossime elezioni nazionali dovessero sciaguratamente svolgersi con la proporzionale, l’alleanza di destra-centro non avrebbe proprio più nessuna ragion d’essere. Liberi tutti. Il secondo parametro riguarda la situazione sociale: gli effetti economici della pandemia colpiscono soprattutto le categorie che storicamente votano a destra – ieri per Berlusconi, oggi per Salvini. Molto della destra che verrà dipenderà dal loro livello di disperazione e rabbia.
L’Europa, infine. La pandemia l’ha resa irriconoscibile: il patto di stabilità è sospeso e, al riparo della Banca Centrale Europea, l’indebitamento monta ovunque. Già cominciano a farsi evidenti le prime conseguenze politiche di questa metamorfosi: basti pensare al Presidente dell’Europarlamento Sassoli che propone la cancellazione del debito, o a Enrico Letta che chiede il superamento del Meccanismo Europeo di Stabilità. È molto difficile, in queste condizioni, che la faglia fra establishment europeista e populismo euroscettico resti nei prossimi tempi quella che è stata in questi ultimi anni. Di conseguenza, è difficile che le questioni che governano i rapporti interni alla destra-centro siano destinate a conservarsi immutate.
Questo articolo è precedentemente apparso su La Stampa il 20 novembre 2020. Riprodotto per gentile concessione
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