Cosa possiamo imparare dalla resilienza delle istituzioni democratiche americane

30 novembre 2020
Editoriale Politica
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Delle elezioni americane, che hanno creato notevole suspense per diverse settimane, si è scritto molto. Quello che andrebbe ancora sottolineato e capito è stata la resilienza delle istituzioni democratiche di fronte ai tentativi di Trump di manipolarle per ribaltare i risultati. Si sono visti giudici statali resistere ad avvocati agguerriti e molto ben pagati ed esponenti locali repubblicani non piegarsi ai diktat del presidente sconfitto.

Perché Trump si sia comportato in questo modo, non è difficile da capire. Due importanti fattori, ciascuno in grado di portare allo stesso risultato, giustificano le sue azioni senza precedenti almeno dal secondo dopoguerra, e anche da prima. Il primo fattore, molto concreto: avendo una situazione economica personale molto fragile, secondo quanto viene riportato dai media, solo il rifiuto della sconfitta e la connessa creazione delle basi economiche per una rivincita possono salvarlo dalla bancarotta, oltre che molto probabilmente da una serie di indagini di procuratori di diversi stati. Il secondo fattore, non meno importante, mischia elementi soggettivi e retorica della leadership: un leader con un’immagine di invincibile non può perdere. Se i fatti sembrano suggerire il contrario, questo si può solo spiegare con brogli e corruzione che trasformano una vittoria di cui nessuno può dubitare in una “apparente sconfitta”.

In questa situazione, va capito meglio come mai ci sia stata un’impeccabile resistenza delle istituzioni giudiziarie e politiche. La risposta a questa domanda interessa anche noi europei, e tra noi non solo gli ungheresi, i polacchi o i turchi. Qui si sta parlando di tre istituzioni fondamentali in una democrazia, che caratterizzano la sua componente liberale preposta al controllo del potere politico: i media indipendenti, i giudici ordinari, i parlamentari ovvero le tre istituzioni principali che controllano e alla fine garantiscono la responsabilità politica degli eletti verso gli elettori, quella che si chiama accountability inter-istituzionale, e che sono i pilastri del funzionamento effettivo di una democrazia rappresentativa.

Negli USA i giornali e le reti televisive anche politicizzate, come la Fox, hanno fatto valere la loro indipendenza ed evidenziato l’inconsistenza delle accuse di Trump, ma il ruolo cruciale è stato svolto dai giudici e da quei parlamentari statali, pure repubblicani, che non si sono piegati alla manipolazione del presidente sconfitto. Trump voleva accreditare una realtà corruttiva non accettabile per i giudici e i rappresentanti delle istituzioni statali. Questo sembra suggerire che, in definitiva, il fattore decisivo che ha permesso la resilienza è stato la struttura federale in cui gli esponenti o operatori statali non potevano accreditare una realtà di corruzione che avrebbe screditato anche loro. Al di là di altre considerazioni, un piccolo paese – l’Ungheria? – non avrebbe avuto questa possibilità. Un paese più grande con qualche tradizione regionale – la Polonia – avrebbe la possibilità di difendersi solo in parte da simili strategie.

Se accettiamo la lezione di queste elezioni, a parte una forte tradizione di indipendenza giudiziaria, l’autonomia locale, regionale o statale (in caso di federazione) sono un potenziale ulteriore elemento di resilienza. Se è così, allora per qualsiasi democrazia diventerebbe necessario avere ovvero inserire un livello di autonomia locale ovvero regionale che permetta di resistere agli attacchi di un leader nazionale forte con seguito e capacità di manipolazione dell’opinione pubblica, com’è appunto Trump? In Italia, di conseguenza, dovremmo introdurre a una maggiore autonomia regionale, cioè proprio quello che la Lega e anche una parte della sinistra hanno richiesto negli anni. Ma proprio in questi mesi abbiamo visto gli aspetti negativi di un’autonomia, peraltro inferiore, nella gestione della pandemia. Insomma, per noi sarebbe una riforma non solo costosa, ma anche foriera di altri problemi. Siamo, dunque, destinati ad essere un paese a resilienza più debole, basata sull’indipendenza dei giudici?

 

L'autore

Leonardo Morlino è Emeritus Professor of Political Science alla Luiss


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