Sul MES è meglio evitare sorprese. Per esempio: saremmo in grado di ripagarlo?
1 dicembre 2020
Il dibattito trasversale che si è aperto tra le forze politiche sia di maggioranza che di opposizione sul Mes, il Meccanismo europeo di stabilità già noto come Fondo Salva-Stati, ha ingenerato più dubbi che certezze sull’opportunità di farne uso. Ritengo perciò opportune, in proposito, alcune riflessioni e una possibile conclusione. Anzitutto, in Italia dal 2012 ad oggi, a causa delle politiche di austerità e dei conseguenti tagli alla spesa pubblica, le risorse destinate alla sanità sono state ridotte di 37 miliardi, proprio quanto dovremmo ricevere dal Mes al netto dei nostri versamenti. Questo potrebbe indurre a un giudizio positivo nell’accettarne la relativa linea di credito, tra l’altro particolarmente agevolata anche rispetto a ottenere l’identica somma attraverso l’emissione di debito pubblico, in quanto risorse destinate in modo diretto e indiretto proprio alla sanità, in considerazione della pandemia che sta colpendo l’Italia e in particolare il mondo occidentale. Inoltre, la Enhanced Conditions Credit Line proposta dal Mes non presenta condizionalità per accedervi, quali la sottoscrizione di un momerandum o un livello non adeguato del rapporto debito/Pil, perché la valutazione dei debiti sovrani dei singoli Paesi è compito della Commissione.
Non vanno trascurate, però, le non poche criticità della sua accettazione che, pur se agevolata, fa sempre parte della regolamentazione statutaria del Mes. Senza tornare ad una argomentazione che potrebbe apparire strumentale, e cioè gli effetti sociali devastanti subiti dalla Grecia a causa della Troika e del ricorso al Mes, che deteneva ancora prima dello scoppio della pandemia oltre l’80% del debito ellenico congelato nel suo bilancio, è necessario chiedersi perché ancora oggi nessun Paese dell’Unione è ricorso a questa linea di credito.
L’architettura giuridica della UE permette, di fatto, una relativa flessibilità interpretativa delle sue regole che ne rendono talvolta complessa la loro applicazione. Relativamente all’utilizzo del Mes sanitario, le conclusioni dell’Eurogruppo dello scorso 9 aprile sottolineano che “gli Stati membri dell’area Euro rimarrebbero impegnati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari coerentemente con i quadri di coordinamento e sorveglianza economici e fiscali dell’UE, compresa l’eventuale flessibilità applicativa delle componenti istituzioni dell’UE”. Il regolamento 472/2013 prevede, inoltre, la sorveglianza rafforzata da parte della Commissione per gli Stati che ricorrono al Mes, il che significa che sarebbe necessario o una sospensione del regolamento stesso – come è recentemente accaduto col Patto di stabilità e crescita – o una sua deroga, perché, di fatto, il Mes è verosimilmente una banca che può intervenire solo in caso di rischio di default dell’area euro e che, comunque, lega il suo intervento a una rigorosa condizionalità. Particolarmente discutibili e rischiosi, poi, sono gli articoli 32 e 35 del regolamento del Mes, quale società-veicolo di diritto lussemburghese, che stabiliscono la totale “immunità da ogni forma di giurisdizione” dei suoi beni, disponibilità e proprietà, compresa la documentazione inerente agli strumenti di debito e la inviolabilità dei propri locali e archivi, nonché, ancora peggio, la immunità di giurisdizione del personale per gli atti compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni e della “inviolabilità per tutti gli atti scritti e documenti ufficiali redatti”.
Questi e altri ingiustificati privilegi permetterebbero al Mes, in estrema ratio, di perseguire le obbligazioni di debito e credito anche in caso di default dell’eurozona o di un singolo suo Paese. A tutt’oggi, l’Italia ha contribuito al Mes per 14,3 miliardi su un capitale autorizzato di oltre 125,4 miliardi, per una differenza di 111 miliardi che il nostro Paese potrebbe, in caso di necessità, essere chiamato a versare.
In conclusione, è opportuno ricorrere al Mes solo nella certezza di soddisfare tutte le condizioni di restituzione del debito, altrimenti Meglio Evitare Sorprese.
L’articolo è apparso su Milano Finanza il 26 novembre 2020. Riprodotto per gentile concessione.
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