La difficoltà a prendere decisioni. Gli elefanti che ostruiscono la strada in America come in Europa

23 dicembre 2020
Editoriale Politica
FacebookFacebook MessengerTwitterLinkedInWhatsAppEmail

La risposta alla pandemia ha mostrato che sia gli Stati Uniti (America) che l’Unione europea (Europa) hanno difficoltà a prendere decisioni. Anni fa, Henry Kissinger, parlando dell’Europa, disse che non sapeva a chi telefonare per conoscere cosa pensa Bruxelles. Anche per sapere cosa pensa Washington D.C., i telefoni da far squillare non sono pochi. Lunedì scorso Joe Biden è stato eletto presidente dai grandi elettori, ma il presidente non è il capo del governo bensì del potere esecutivo. L’approvazione dei 900 miliardi di dollari del Pandemic Relief Program, con cui Biden ha proposto di rispondere alla seconda ondata della pandemia, dovrà essere negoziata da istituzioni legislative che non dipendono da lui. Anche i 750 miliardi di Next Generation EU (NG-EU) dovranno essere approvati da istituzioni legislative reciprocamente indipendenti. Le unioni di stati (pienamente federali come quella americana, parzialmente federali come quella europea) non possono centralizzare la decisione. Siccome si tratta di sistemi con un grande potere economico (e, nel caso americano, anche militare), è indispensabile sapere come funzionano.

Cominciamo dall’America. Il presidente è il capo dell’esecutivo, non già del governo, in quanto le due camere legislative sono elette indipendentemente da lui (da una diversa constituency elettorale e con un mandato temporale diverso dal suo). Il presidente non ha un potere legislativo diretto, non può neppure entrare al Congresso, anche se ha un potere legislativo indiretto in quanto può opporre il veto alle leggi approvate (veto neutralizzabile da un successivo voto a maggioranza qualificata delle due camere). Così, i 900 miliardi di dollari del Pandemic Relief Program dovranno essere proposti dai democratici della Camera (in cui essi hanno la maggioranza) ed essere approvati anche dal Senato. Attualmente, in quest’ultimo, 49 senatori sono dell’uno e 49 senatori dell’altro partito (il prossimo 5 gennaio si terranno le elezioni per i due seggi ancora vacanti, entrambi in Georgia). Poiché il Senato sovra-rappresenta gli stati più piccoli e meno popolosi (il Wyoming, con i suoi 586 mila abitanti, ha due senatori esattamente come la California, con i suoi 40 milioni di abitanti), e poiché gli stati meno popolosi sono da tempo a stabile maggioranza repubblicana, il Senato è diventato l’elefante che ostruisce la strada per scelte che pure avrebbero il sostegno di una maggioranza degli elettori. Naturalmente, il presidente dispone di un potere di persuasione, specialmente nella fase iniziale della sua presidenza (la cosiddetta “luna di miele”). In molti settori (di politica estera e militare) può intervenire attraverso ordini esecutivi che non richiedono l’approvazione del Congresso. Tuttavia, i programmi legislativi dovranno passare necessariamente attraverso l’approvazione del Senato (oltre che della Camera), Senato che può ricorrere all’ostruzionismo per bloccare una proposta legislativa indesiderata alla minoranza dei suoi membri. Quindi, consiglierei di telefonare anche al leader repubblicano del Senato, e non solo alla Casa Bianca, per sapere cosa farà Washington D.C. contro la seconda ondata pandemica.

Vediamo l’Europa. Il 10-11 dicembre è stato trovato un accordo, all’interno del Consiglio europeo dei capi di governo, su una dichiarazione interpretativa della bozza di regolamento sullo stato di diritto (concordata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei ministri) che aveva bloccato (per il veto ungherese e polacco) il processo di approvazione dei 750 miliardi di euro di NG-EU, oltre che dei 1.074 miliardi del budget pluriennale 2021-2027. Il parlamento europeo, che è indipendente dal Consiglio europeo, si è fatto subito sentire, votando a larghissima maggioranza (mercoledì scorso) una mozione in cui si afferma che la dichiarazione interpretativa è del tutto “superflua” (punto E.4) e invitando il Consiglio europeo a rispettare i Trattati che lo escludono dal processo legislativo. Anche a Bruxelles, come a Washington D.C., non c’è un governo con la sua maggioranza. Le decisioni vengono prese attraverso la negoziazione tra istituzioni tra di loro separate (legislative, come il Consiglio dei ministri e il Parlamento europeo, ed esecutive, come la Commissione e il Consiglio europeo). Anche a Bruxelles, come a Washington D.C., non può essere introdotta l’elezione popolare del capo dell’esecutivo, non solamente perché non è chiaro dove risiede il potere esecutivo (Commissione o Consiglio europeo), ma soprattutto perché ogni elezione diretta avvantaggerebbe gli stati più popolosi rispetto a quelli che lo sono di meno. Anche a Bruxelles, come a Washington D.C., l’elezione parlamentare del capo dell’esecutivo incontrerebbe ostacoli sistemici, in quanto favorirebbe le delegazioni parlamentari degli stati più popolosi. Tuttavia, a Washington D.C. non c’è un organismo che, come il Consiglio europeo, fuoriesce dalla logica della separazione dei poteri, in quanto vuole assolvere nello stesso tempo funzioni esecutive, legislative e giudiziarie, per di più deliberando all’unanimità. Il Consiglio europeo è l’elefante che, a Bruxelles, ostacola la decisione sovrapponendosi, con il suo unanimismo, alla negoziazione tra istituzioni separate che possono decidere a maggioranza (seppure qualificata). Per sapere cosa farà l’Europa contro la seconda ondata pandemica, i telefoni da far squillare a Bruxelles continuano ad essere troppi.

Insomma, le unioni di stati (asimmetrici demograficamente e con identità nazionali distinte) non possono concentrare la decisione in un governo. In America come in Europa, la decisione è il risultato di un processo negoziale tra istituzioni reciprocamente indipendenti. Tuttavia, la negoziazione è ostacolata, in America, dal Senato e dalla polarizzazione indotta dal partito repubblicano che lo controlla e, in Europa, dal Consiglio europeo e dalla logica unanimistica che lo imprigiona. Alla fine, di fronte alla pandemia, il programma di NG-EU entrerà in vigore, così come verrà approvato il Pandemic Relief Program richiesto da Biden. Ma quando non ci sarà più l’emergenza a disciplinare i comportamenti istituzionali e politici, cosa succederà?

 

Questo articolo è precedentemente apparso sul Sole 24 Ore. Riprodotto per gentile concessione.

L'autore

Sergio Fabbrini è professore di Scienza politica e Relazioni internazionali e direttore del Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss. È anche Pierre Keller Professor presso la Harvard Kennedy School. 


Website
Newsletter