Verdetto storico nel Regno Unito: inquinamento atmosferico una delle cause della morte prematura di Ella Adoo-Kissi- Debrah
7 gennaio 2021
Morte da inquinamento nel Regno Unito
Nel Regno Unito l’inquinamento atmosferico è ufficialmente causa di morte prematura. Mercoledì 16 dicembre presso la London Inner South Coroner’s Court, dopo due settimane di indagini, condotte dal coroner Mr Philip Barlow, è stata emessa una storica e decisiva narrative conclusion (conclusione narrativa) in merito all’ annosa vicenda sulle cause della morte di Ella Adoo- Kissi- Debrah. Ella Adoo- Kissi- Debrah viveva con la sua famiglia nei pressi della South Circular road, grande e trafficata arteria londinese, zona in cui i livelli di diossido di azoto (NO2) nell’aria superano largamente i limiti stabiliti dall’AEA (Agenzia Europea dell’Ambiente) e dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).
Dopo un lungo calvario iniziato nel 2010 e proseguito senza tregua fino al 15 febbraio 2013, giorno in cui Ella, a solo nove anni, è morta tragicamente a causa dell’ennesimo grave attacco di asma e dopo battaglie condotte impavidamente dalla madre della bambina, Rosamund Adoo-Kissi-Debrah, la vicenda sembra essere giunta ad uno storico, seppur forse prevedibile, punto di svolta. Mr Barlow, in veste di coroner – ufficiale governativo in capo ad un vero e proprio tribunale che emette conclusions, ma senza la possibilità di rinvio a giudizio, dopo aver ordinato e condotto un’indagine per determinare le cause di un decesso o conoscere l’identità di una persona trovata senza vita – non ha avuto dubbi: l’inquinamento atmosferico “made a material contribution” alla morte di Ella, motivazione mai adotta prima d’ora come causa di decesso da parte di un coroner.
“…There was a recognised failure to reduce the levels of nitrogen dioxide, which possibly contributed to her death… There was also a lack of information given to Ella’s mother that possibly contributed to her death”. Nell’esplicare le motivazioni di questa storica narrative conclusion il coroner, infatti, ha riconosciuto un mancato impegno nel ridurre i livelli di diossido di azoto nell’aria. Ma non solo. La madre della vittima doveva essere informata in merito ai gravi rischi che sua figlia, alla quale era già stata diagnosticata una forma di asma bronchiale, avrebbe corso, inalando gas e vapori inquinanti e tossici, per la maggior parte derivanti da gas di scarico delle automobili.
Nel certificato di morte della bambina, quindi, oltre ad uno scompenso respiratorio acuto e ad una grave forma di asma, verrà inserito anche l’inquinamento atmosferico, concausa, come già rilevato, mai riconosciuta prima e destinata a fare giurisprudenza nel diritto anglosassone.
I dati sull’inquinamento in Europa
Non vi è, però, alcun motivo per stupirsi.
Secondo l’OMS, infatti, l’inquinamento atmosferico provoca la morte di circa 7 milioni di persone ogni anno. I dati dimostrano che nove persone su dieci nel mondo respirano aria tossica con livelli di agenti chimici inquinanti ben al di sopra dei limiti stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Nel Regno Unito, secondo il Clean Air Programme, condotto dal MET Office (Weather and Climate Change) e dal NERC (Natural Environment Research Council), l’inquinamento atmosferico è il principale responsabile della morte prematura di circa 40.000 persone; all’interno dei Paesi Membri dell’Unione Europea, infine, secondo la già citata AEA, è la causa di 400.000 morte premature.
I dati sono chiaramente ed inequivocabilmente allarmanti. Quali quindi i rimedi? Quali le policy europee?
Nel 2013 la Commissione europea ha adottato il pacchetto di politiche «Aria pulita per l’Europa», che ha definito gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 con lo scopo di ridurre l’inquinamento atmosferico tramite, fra l’altro, la modifica del Protocollo di Göteborg del 1999 relativo alla riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici a livello mondiale e una revisione della direttiva sui limiti di emissione nazionali, con linee guida rigorose per le sei principali sostanze inquinanti (anidride solforosa, ossidi di azoto, composti organici volatili, ammoniaca, particolato e metano).
Tutela dell’ambiente e diritti dell’uomo
Pare quindi esserci un ineludibile rapporto tra protezione dell’ambiente e tutela dei diritti dell’uomo che, inevitabilmente, ha avuto un’eco risonante anche a livello internazionale e, nello specifico, all’interno della giurisprudenza di Strasburgo. Come è noto, infatti, la Convenzione Europea sulla salvaguardia dell’Uomo e delle libertà fondamentali contiene più disposizioni che insieme hanno permesso la formazione di una giurisprudenza c.d. ambientale. La Corte EDU, infatti, ha ritenuto che la mancata predisposizione di misure a tutela dell’ambiente da parte di uno Stato aderente divenga una violazione della Convenzione stessa, con conseguente obbligo di risarcimento nei confronti della vittima. Tale orientamento giurisprudenziale, del resto, sembra attecchire anche nella giurisprudenza dei singoli Stati; a titolo esemplificativo e come presupposto, in Italia, già con la sentenza Corte Cass. S.U. n. 5172/1979, sulla base del combinato disposto tra artt. 2, 9 e 32 Cost., è stato riconosciuto il diritto ad “un ambiente salubre”, necessario affinché le tutele costituzionali previste nei singoli articoli citati divengano effettive. Risale a circa un anno fa, invece, la storica e “rivoluzionaria” sentenza pioniera della Corte suprema olandese in merito al caso Olanda c. Urgenda (associazione ambientalista) che ha obbligato il governo olandese a ridurre le emissioni di gas serra nell’atmosfera di almeno il 25% entro la fine dell’anno appena concluso.
Caso Urgenda e caso Ella Adoo- Kissi- Debrah, nuove rotte per giungere ad un cambiamento che ormai sembra essere inevitabile.
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