Mario Draghi, innovatore istituzionale. La laudatio per la laurea honoris causa alla Luiss, 6 maggio 2013
6 febbraio 2021
Il testo è un estratto della laudatio del 2013
- PERCHÈ UNA LAUREA IN ‘RELAZIONI INTERNAZIONALI’
La Laurea honoris causa, che la Luiss ha deciso di conferire a Mario Draghi, è in Scienze Politiche (indirizzo di Relazioni internazionali). Tale scelta mira a premiare la straordinaria capacità, dimostrata in più occasioni da Draghi, di affrontare e risolvere complessi e decisivi nodi di policy mediante la combinazione di prospettive diverse e, spesso, in potenziale tensione. In quelle occasioni, Draghi ha infatti elaborato soluzioni tecniche che non sono state soltanto dettate dalle sue solide competenze di teoria e di politica economica, ma si sono anche basate sulla comprensione delle opportunità e dei vincoli istituzionali e sul rispetto delle regole della politica e della democrazia. Draghi ha acquisito da tempo la consapevolezza che, specie a livello internazionale ed europeo, ogni scelta e decisione economica va collocata in un coerente quadro politico-istituzionale; e questa consapevolezza gli ha permesso di individuare soluzioni originali sul piano analitico e di forte efficacia sul piano più concreto delle policy. Le soluzioni elaborate sono state quasi sempre in grado di armonizzare le diverse priorità imposte dai mercati, dalle istituzioni economiche e dalla democrazia o – se si preferisce – dall’economia, dalle istituzioni e dalla politica.
In tal senso, Draghi è stato un “innovatore istituzionale”. In ognuna delle sue decisioni più difficili e rilevanti, egli ha saputo rispettare e – talvolta – anche tracciare i confini fra le decisioni di policy, che sono di competenza dei tecnici, e quelle decisioni politiche (politics) che spettano a chi agisce in base a un mandato democratico di rappresentanza. Il Draghi “innovatore istituzionale” si è espresso al meglio in quei ruoli sovranazionali di regolamentazione e di policy che rendevano frastagliati e complessi i confini con le politics accentrate o nazionali e che richiedevano doti di indipendenza ma – al contempo – di pieno rispetto dei vincoli politici e democratici. Anche nei suoi impegni italiani, Draghi ha peraltro affermato la sua carica innovativa mediante ridisegni istituzionali del mercato finanziario e della regolamentazione bancaria.
Bastino tre esempi: la conduzione del Financial Stability Board (FSB); l’iniziativa, assunta dalla Banca Centrale Europea (BCE) e denominata Long term refinancing operation (LTRO) poche settimane dopo l’arrivo di Draghi alla Presidenza (novembre 2011); il programma delle Outright monetary transactions (OMT), varato ancora dalla BCE nell’estate del 2012.
- TRE ESEMPI
Primo esempio. Assumendo nel 2006 la guida del Financial Stability Forum (FSF), Draghi colse due problemi cruciali: il ruolo distorsivo, svolto dalle agenzie di rating in conflitto di interesse, nella valutazione di obbligazioni strutturate legate a cartolarizzazioni di mutui subprime e di altre attività bancarie problematiche; l’insufficiente ricapitalizzazione, effettuata dal settore bancario internazionale per limitare la necessità di una ridefinizione della propria specializzazione e di una riallocazione dei propri assetti proprietari. In particolare, nell’agosto del 2008, il FSF sottolineò che le operazioni di “pulizia” dei bilanci e di patrimonializzazione, effettuate dalle banche e dagli altri intermediari finanziari internazionali, non sarebbero bastate a riportare la rischiosità entro soglie tollerabili. Queste prese di posizione hanno accresciuto il peso del FSF nella rete internazionale delle istituzioni di regolamentazione e hanno spinto alla sua trasformazione nel FSB. Senza alcun cambiamento formale nella missione e senza l’attribuzione di poteri coercitivi, il FSB si è affermato come l’organismo con responsabilità quasi esclusive rispetto alla vigilanza macroprudenziale internazionale e alle norme riguardanti le banche “troppo grandi o troppo interconnesse per fallire” e il cosiddetto shadow banking.
Secondo esempio. Fra luglio e novembre 2011 l’economia italiana e quella spagnola rischiarono la bancarotta. La sola possibilità, che sembrava ancora aperta prima di una crisi irreversibile dell’euro, era il ricorso da parte dei due paesi al programma europeo di aiuti già attivato per Grecia, Irlanda e Portogallo. D’altro canto, vi erano forti dubbi che un tale programma avesse la capacità finanziaria per far fronte agli esborsi richiesti dal ‘salvataggio’ della terza e della quarta economia dell’euro area. Queste aspettative negative erano rafforzate dalla crisi di liquidità (se non di insolvenza) che si stava abbattendo sul settore bancario europeo. Di fronte alla gravità della situazione, Draghi comprese la necessità di compiere una “mossa del cavallo” per evitare la crisi irreversibile dell’unione monetaria; e infatti, nel rispetto dei suoi vincoli politico-istituzionali, la BCE lanciò il LTRO.
Come è noto, varando il LTRO, la BCE attuò due operazioni di finanziamento di durata triennale a favore delle banche europee (dicembre 2011 e febbraio 2012). L’offerta fu di ammontare illimitato, con un tasso di interesse invariante e molto basso (circa lo 1%) e con un allentamento delle garanzie collaterali richieste. In tal modo, le banche europee superarono la loro crisi di liquidità e interruppero il circolo vizioso fra questa crisi e la crisi dei debiti sovrani. Inoltre la BCE, senza travalicare il suo legittimo ruolo di “prestatore di ultima istanza” verso il settore bancario, raffreddò le tensioni sul debito pubblico di gran parte degli Stati membri più fragili dell’euro area. Vari commentatori hanno criticato l’impatto del LTRO perché, essendosi tradotto in un aiuto a banche poco propense ad aumentare i finanziamenti alle imprese, non diede soluzione né al problema del credit crunch né a quello della recessione europea. Tale critica mostra, però, un’incomprensione delle finalità perseguibili dalla BCE. La responsabilità della politica monetaria ammette che la BCE operi per la sopravvivenza e la stabilità dell’euro ma non che persegua obiettivi extra-monetari di politica economica. Mediante il LTRO Draghi ha fatto così valere la sua capacità innovativa per “comprare tempo” e per dare un’ulteriore opportunità di soluzione delle crisi europee senza esulare dai compiti della BCE.
Terzo esempio. Verso la fine di luglio 2012, si crearono i presupposti perché divampasse un incendio europeo ancora più devastante di quello che aveva segnato l’estate e l’autunno del 2011. Toccando forse i limiti estremi delle competenze della BCE, Draghi modificò le aspettative negative dei mercati affermando che l’euro era una realtà irreversibile e che la banca centrale era pronta a fare quanto necessario per provare questa irreversibilità (con l’aggiunta: “e credetemi: basterà!”). Poi, a inizio settembre 2012, la BCE diede seguito alle affermazioni del suo Presidente, approvando il programma OMT che prevedeva possibili acquisti di ammontare indeterminato dei titoli del debito pubblico dei paesi in difficoltà dell’euro area nei mercati finanziari secondari.
Questo programma sembra indicare che, di fronte all’elevato rischio di disfacimento dell’unione monetaria, la BCE e Draghi abbiano finito per forzare i vincoli politico-istituzionali e si siano assunti responsabilità di aggiustamento fiscale. Eppure, il Governing Council della BCE ha legittimato la “forma” innovativa scelta imponendosi due vincoli che assicurano il rispetto dei limiti istituzionali e democratici propri alla governance dell’area dell’euro. Innanzitutto, la BCE si è impegnata ad acquistare solo titoli pubblici di breve-medio termine (fino a una scadenza triennale); in tal modo, ha giustificato l’OMT come uno strumento necessario per superare quelle asimmetrie nei canali di trasmissione della politica monetaria che impedivano alla BCE di perseguire i suoi fini istituzionali riguardo al controllo del tasso di inflazione. In secondo luogo, la BCE ha condizionato l’attivazione dell’OMT a favore di un determinato paese in difficoltà al fatto che quest’ultimo fosse già entrato in programmi europei di aiuto; in tal modo, ha condizionato il suo intervento a un preventivo accordo politico. Pertanto, anche nel caso dell’OMT, i vincoli istituzionali sono stati rispettati.
- CONCLUSIONI
I tre esempi, sopra illustrati, mostrano che Draghi ha avuto una straordinaria capacità di adattamento rispetto al complesso insieme di vincoli e di opportunità, offerti da un sistema finanziario internazionale in grave crisi e da un’area europea incapace di reagire in tempi adeguati anche perché stretta nella tensione fra istituzioni sovranazionali e istituzioni intergovernative. Sul piano internazionale, tale capacità di adattamento ha permesso l’introduzione di nuovi presidi di regolamentazione; sul piano europeo, essa ha spinto la BCE verso scelte che hanno evitato il collasso dell’area dell’euro e hanno posto le altre istituzioni europee e i governi degli Stati membri di fronte alle loro responsabilità politiche.
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