Effetto Draghi sui partiti: bipolarismo e addio sovranismo

10 febbraio 2021
Editoriale Open Society
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La metamorfosi di Lega e M5s

Dopo il governo Draghi il sistema partitico italiano non sarò più lo stesso. Ancor prima della risoluzione della crisi si comincia già a intravedere l’impatto che il futuro governo avrà sulla politica italiana e non solo sulla economia. A dover fare i conti con il cambiamento sono soprattutto M5s e Lega. Nel caso del Movimento la fiducia al governo Draghi segna la sua definitiva istituzionalizzazione. Dai tempi dei Vaffa di Grillo ne ha fatta di strada dentro le istituzioni ! Lentamente ma inesorabilmente la protesta anti-establishment ha dovuto fare i conti con la realtà. E ne è venuto fuori un movimento molto diverso dalle origini. Tanto diverso da essere stato determinante nella elezione di Ursula von der Leyen. E ora questo ultimo passo: il sostegno al governo del banchiere per eccellenza. Il sovranismo, in nome della democrazia diretta e del primato assoluto della volontà popolare, è messo definitivamente in soffitta. In questo processo Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, oltre naturalmente a Grillo, hanno avuto, e continuano ad avere, un ruolo rilevante. Non tutto il Movimento si adeguerà. Una scissione è probabile. Ma il dado è tratto. Per Giuseppe Conte si apre ora una fase nuova. Fino ad oggi ha cercato di essere una figura super partes. Più vicina forse ai Cinque Stelle che al Pd, ma sempre molto attento a non essere identificato come ‘uno di loro’. Con loro ma non uno di loro. Questa è stata la formula ‘churchilliana’ con cui si è mosso. Adesso deve decidere quale ruolo avere se vuole continuare ad essere un protagonista della politica italiana. L’arrivo sulla scena di Draghi dovrebbe averlo convinto che la strada di un suo partito è chiusa. Il suo partito c’è già ed è il M5s.

La difficile posizione di Conte

E’ lui il leader capace di tenere unito il Movimento e favorirne una stabile collocazione nel campo del centro-sinistra e l’ancoraggio all’Europa. In questo lo favorisce proprio il fatto di non essere stato fino ad oggi  ‘uno di loro’. Il Movimento è una strana creatura che sembra più facilmente gestibile da qualcuno come Conte il cui prestigio al suo interno è indiscusso e che appare ‘diverso’ perchè esterno rispetto a quelli che ne fanno parte e che ne hanno vissuto direttamente tutte le pulsioni.  Conte come leader del Movimento e garante della sua affidabilità è una prospettiva che può aprire scenari nuovi anche all’interno del centro-sinistra. Ma forse sceglierà di mantenere un profilo meno politico, pur restando in campo magari come ministro senza precisa affiliazione. Si vedrà nelle prossime ore. Quanto alla Lega la situazione al suo interno è ancora più intrigante. Anche per il partito di Salvini questo è il momento delle decisioni storiche.

Salvini apre all’Europa

A differenza del M5s che aveva già scelto l’Europa (senza il MES) ancor prima dell’arrivo di Draghi, questa scelta il partito di Salvini fino ad oggi non l’aveva mai fatta chiaramente. Al suo interno sono sempre convissute diverse anime, quella che guarda alla Le Pen e quella che punta al partito popolare europeo. Non possono convivere entrambe dentro un governo Draghi. Draghi è l’Europa. Appoggiare il governo Draghi significa rinunciare alla bandiera del sovranismo radicale.  Almeno così si spera. D’altronde questo è quello che vuole la Lega Nord. Il partito originale fondato da Bossi non è sparito. Non se ne parla, ma esiste ancora sotto traccia. Ha ancora il suo statuto e una sua organizzazione parallela a quella della Lega per Salvini premier. Ma non è questo che conta. Quanto il fatto che dentro alla Lega del Nord ci sono attori e interessi chiaramente orientati alla Europa. Non è solo una questione di gestione dei fondi del Recovery Plan, che pure ha un peso rilevante. Si tratta di un orientamento che accomuna elettori, imprenditori e amministratori leghisti che fanno i conti con la realtà e che vedono nel governo Draghi  una occasione da non perdere per riconquistare credibilità e fermare il declino. Di questi interessi il portavoce è sempre stato Giorgetti che da tempo si è speso per un governo Draghi. Adesso si è convinto anche Salvini. E’ un passaggio importante nella storia della Lega. La decisione di rinunciare al populismo sovranista lasciandone il monopolio alla Meloni non è facile. Cambia in maniera netta il profilo del partito. Da partito di opposizione all’Europa a partito di governo dentro la cornice europea. La metamorfosi , se si consoliderà, contribuirà a fare della Lega di Salvini il perno di un centro-destra moderato pienamente legittimato come coalizione di governo.

Volontà popolare e stabilità di governo

 Insomma, tutto lascia presagire che l’effetto sistemico del governo Draghi sarà il superamento della frattura sovranista. Ritroviamo finalmente unità e credibilità sulla questione cruciale del legame con l’Europa. E ne beneficerà anche il funzionamento della nostra democrazia con il ritorno a un assetto bipolare della competizione elettorale, dopo l’interruzione dovuta al successo del M5s tra il 2013 e il 2018.  Questo sviluppo però per potersi consolidare, e quindi dare all’Italia quella stabilità politica che manca da troppo tempo, deve poggiare su riforme istituzionali e elettorali ben disegnate.  Certamente non serve allo scopo il ritorno al proporzionale. Si vedrà nei prossimi giorni se e come il tema entrerà nelle trattative sulla formazione del governo.

Questo articolo è precedentemente apparso sul Sole 24 Ore. Riprodotto per gentile concessione.

 

Tag Conte, Lega, M5S

L'autore

Roberto D’Alimonte è un politologo italiano, esperto di sistemi elettorali. È stato professore di Sistema Politico Italiano e Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss. È fondatore del CISE (Centro Italiano Studi Elettorali).


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