Draghi ai raggi X. Quell’impronta politica che mette sotto pressione i partiti di maggioranza
21 febbraio 2021
Con l’intervento al Senato, Draghi ha dato al suo gabinetto un’indiscutibile impronta politica. Il suo esecutivo, ha detto in apertura, «è semplicemente il governo del Paese». Privo di qualifica, ossia di alcun limite d’oggetto o tempo. E subito dopo ha aggiunto: «Si è detto e scritto che questo governo è stato reso necessario dal fallimento della politica. Mi sia consentito di non essere d’accordo. Nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità ma semmai … ne fa uno avanti nel rispondere alle necessità del Paese».
A conferma di queste premesse, nel suo discorso Draghi si è poi mosso a tutto campo, dalla scuola al fisco, dalla pubblica amministrazione alla sanità, e ha messo sul tappeto una serie di riforme altamente politiche che, anche a volerle solo impostare, richiederebbero ben più dei due anni che restano alla legislatura.
Nel suo breve intervento del 2 febbraio, il Presidente Mattarella aveva chiesto un governo che non si identificasse «con alcuna formula politica». Reggendosi su una maggioranza che non corrisponde a una formula politica, il gabinetto Draghi rispetta appieno il mandato. Ma di per sé una formula politica ce l’ha eccome. Né avrebbe potuto fare a meno di averla, quando si consideri l’ampiezza del Next Generation EU che è chiamato a gestire.
Ora, un governo con formula politica fondato su una maggioranza senza formula politica è destinato a mettere sotto forte pressione i partiti che lo sostengono. La Lega più degli altri, perché è la forza più eccentrica rispetto a quella formula, che si fonda non soltanto sull’europeismo, ma su un europeismo a torsione federalista. Ma non soltanto la Lega: la tensione fra la diversa politicità del gabinetto e della maggioranza varrà per tutti. E su di essa si giocherà parte almeno del futuro della «soluzione Draghi».
Questo articolo è precedentemente apparso su La Stampa. Riprotto per gentile concessione
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