È possibile un diritto comune del commercio internazionale?

28 febbraio 2021
Editoriale Open Society
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Il Suo articolo si apre con una domanda molto interessante: ci stiamo indirizzando verso la formazione di un “diritto comune del commercio internazionale”? Potrebbe spiegare brevemente il percorso storico analizzato che ha portato a quella che è nota come la “tesi della convergenza”?

Certo, con piacere: l’idea di una “convergenza” tra il diritto dell’Unione europea (UE) e quello dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) è nata alla fine degli anni ’90, quando sembrava che le interpretazioni date alle disposizioni sulla libera circolazione delle merci in entrambi gli ordinamenti giuridici stessero assumendo connotati simili.

Qualche anno prima, la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) aveva emesso la sua celebre sentenza Keck (CGUE, sentenza del 24 novembre 1993), che aveva reintrodotto per alcune tipologie di misure restrittive un “discrimination test” simile a quello previsto nell’ambito del General Agreement on Tariffs and Trade (GATT); allo stesso modo, si rilevava come alcune decisioni dell’organo d’appello dell’OMC sembrassero fare riferimento ad alcuni sviluppi del diritto dell’UE nella propria giurisprudenza riferita all’applicazione del GATT. La “convergenza” dell’approccio più “deferente” alle restrizioni commerciali nell’UE e dell’approccio più “integrazionista” alle disposizioni sulla libera circolazione delle merci nell’OMC è stata percepita da alcuni studiosi come il segnale che gli ordinamenti giuridici dell’UE e dell’OMC stavano “convergendo” e che stava progressivamente emergendo un “diritto comune del commercio internazionale”.

È d’accordo con la ricostruzione storica dell’evoluzione della disciplina del mercato interno dell’UE proposta dallo studioso Weiler, a partire dalla sua interpretazione del caso Dassonville, sulla quale si fonda tutta la sua teoria?

L’idea che il caso Dassonville (CGUE, sentenza dell’11 luglio 1974) rappresenti la pronuncia giurisprudenziale più “integrazionista” nella storia del mercato interno dell’UE sottende, a mio avviso, un errore fondamentale.

Come si è cercato di dimostrare in alcuni miei contributi scritti in precedenza sul tema, si tratta di un grave malinteso che fa apparire tutti i casi successivi, incluso il caso Cassis de Dijon (CGUE, sentenza del 20 febbraio 1979), come limitazioni sempre maggiori al caso Dassonville!

Da qui nasce l’idea di Weiler che il mercato interno dell’UE stia ri-convergendo con il diritto internazionale derivante dal GATT. Tale prospettiva, tuttavia, cambia radicalmente se si interpreta Dassonville come un caso di avvicinamento “moderato” al sistema GATT, e Cassis de Dijon come il caso che ha rivoluzionato l’ordinamento giuridico dell’UE negli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90. E, come tutti gli studiosi del mercato interno dell’UE oggi sanno, anche la limitazione a tale sviluppo derivante dal caso Keck degli anni ’90 è stata abbandonata un decennio dopo e il mercato interno dell’UE oggi è più integrato che mai. Con il GATT rimasto più o meno dove è sempre stato, la convergenza è quindi l’opposto di ciò che è realmente accaduto.

A Suo avviso, quali sono le principali carenze dell’interpretazione dell’evoluzione del mercato interno proposta da Weiler, che peraltro è stata molto seguita negli ultimi 25 anni? Come può essere ri-costruita tale evoluzione storica anche alla luce dell’evoluzione del diritto dell’OMC?

Qualsiasi interpretazione dottrinale che creda di potersi focalizzare su pochi casi giurisprudenziali, cercare alcune somiglianze nella retorica giudiziaria e successivamente costruire una grande narrativa da questi casi si espone a critiche – non solo dal punto di vista storico ma anche dal punto di vista giuridico.

Piuttosto che effettuare un minuzioso lavoro di ricostruzione giurisprudenziale, tale erudizione teorica cerca di avere immediatamente una vista a volo d’uccello; tuttavia, così facendo, può solo generalizzare e costruire sullo status quo dottrinale – senza chiedersi se ciò che considera a livello fattuale sia davvero ciò che è accaduto in passato … La ragione per la quale l’interpretazione di Weiler è stata comunque così seguita negli ultimi tempi è, parafrasando Hobbes, che spesso non è la verità ma l’autorità a rendere dominante un’interpretazione.

Alla luce dei Suoi studi e di quanto rilevato nel Suo paper come risponderebbe al quesito se è possibile parlare dell’emersione di un “diritto comune del commercio internazionale”? Può spiegare le ragioni principali sottese alla Sua posizione?

A mio avviso la risposta è semplice e chiara: no, non c’è convergenza tra il diritto dell’UE e il diritto dell’OMC; né in termini di forma giuridica, né in termini di risposte sostanziali in merito al commercio inter-nazionale. I due ordinamenti giuridici sottendono contesti sociali e giuridici fondamentalmente diversi, perché il mercato interno dell’UE è incorporato in un progetto legislativo e politico più ampio (mentre l’OMC non lo è). Ad esempio: un principio fondamentale del diritto commerciale dell’UE è il principio del riconoscimento reciproco, che, a mio avviso, non potrebbe mai essere legittimamente trasposto nel contesto del diritto dell’OMC. Infatti, in assenza di qualsiasi potere legislativo all’interno dell’ordinamento giuridico dell’OMC, quest’ultimo non potrebbe e non dovrebbe avere una portata così ampia in termini di integrazione negativa al pari dell’ordinamento giuridico dell’UE.

 

‘Re-constituting’ the Internal Market: Towards a Common Law of International Trade?*

L'autore

Professore Ordinario di Diritto dell’Unione Europea alla Durham University.


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